Francesco Bruni, regista di “Scialla” e notissimo sceneggiatore, insieme al cast e al suo produttore Beppe Caschetto, ha presentato in giornata il suo nuovo film “Tutto quello che vuoi” in quel di Roma.
Tutto quello che vuoi: l’ispirazione nata tra la malattia paterna e il trasloco trasteverino
Il regista affronta nel film il delicato tema del morbo di Alzheimer nell’età senile, che causerà lo svilupparsi dell’intreccio filmico e il legame tra l’anziano poeta Giorgio e il giovane ribelle Alessandro e i suoi amici. L’idea di portare in scena quella che è stata più volte definita ‘la malattia del secolo’ è nata in Bruni da un’esperienza personale, essendo suo padre stesso malato di Alzheimer. Il cineasta ha rivelato di aver dedicato il film proprio al padre scomparso e di aver riversato nella figura di Giorgio, interpretato da un mito del cinema italiano, Giuliano Montaldo, tutte quelle reminiscenze che la mente paterna tirava fuori nel corso della malattia.
Così le memorie di un’altra epoca che papà Bruni riportava alla luce nei suoi ultimi anni sono stati un’ispirazione per il figlio Francesco, che sui ricordi di un uomo ormai non più giovane ci ha costruito un film.
Il regista, però, è stato stimolato nella realizzazione della sua ultima fatica anche da un altro fattore importante: il trasloco nella zona di Trastevere. Bruni ha subìto, racconta, la fascinazione dello storico rione romano e, soprattutto, dei ragazzi che lo abitano e lo animano. Il quartiere è, difatti, zona di ritrovo, in particolare la scalinata di Viale Glorioso, spesso inquadrata nelle scene. Il cineasta nega, però, di voler rappresentare con i personaggi di Ale, Richy, Tommi e Leo una visione pessimistica della gioventù contemporanea, ma esprime il suo tentativo di voler descrivere anche la storia di ragazzi che non hanno motivazione o stimoli, come quelli del suo film. Sono loro, commenta il director, che hanno donato leggerezza al tema e corpo a “Tutto quello che vuoi”; ma soprattutto sono storie che attingono da una realtà.
Tutto quello che vuoi: il trapasso generazionale nonno-nipote
Il personaggio di Giorgio si misura con questa giovinezza ignorante non solo con il confronto con l’altro protagonista, Alessandro (Andrea Carpenzano), ma anche con i suoi tre amici, divenendo lui stesso un membro della gang; simpaticamente Bruni li ha definiti “una banda sgangherata, formata da un Don Chisciotte e tre Sancho Panza”.
Giuliano Montaldo ha raccontato come Bruni lo abbia voluto fortemente nel film, rivelandogli che lo avrebbe girato solo se a vestire i panni di Giorgio ci fosse stato lui. L’attore ha definito la pellicola un incontro tra due generazioni, quella del nonno e del nipote, saltando o, meglio, evitando quella del padre. Dello stesso parere il giovane Carpenzano, che ammette di aver legato con una persona più anziana di lui, com’è Montaldo, al pari di un nonno, esattamente la stessa cosa che avviene all’interno di “Tutto quello che vuoi”. Nella persona di Giorgio, dichiara Bruni, Alessandro riesce finalmente a trovare non solo memorie, ma anche ascolto e fiducia; è, infatti, qualcuno che per la prima volta lo sta ad ascoltare, che vede qualcosa in lui, permettendogli di migliorare.
A difendere la figura paterna ci pensa Antonio Gerardi, che nel film è il padre di Alessandro, Stefano. L’attore potentino, avendo una grande esperienza come genitore, riferisce come questo mestiere sia il più difficile al mondo. Stefano – continua Gerardi – è uno di quei genitori che “è innamorato del figlio, ma non glielo sa dire”; perciò l’unico modo che ha per dimostrargli un sentimento è arrabbiarsi con lui. La mancanza di dialogo tra i due favorisce l’avvicinamento di Alessandro a Giorgio, creando quell’incontro descritto dal Montaldo, causato proprio dallo scontro del ragazzo con la generazione più vicina, quella paterna.
La sacralità della figura di Giulio, ignoto poeta
Giorgio, oltre ad essere un uomo anziano, è anche un poeta, che nessuno sembra conoscere, ciò potrebbe apparire come una critica alla brutale ignoranza dell’italiano medio, ma non è così. Il regista confessa di aver investito questa figura della sacralità classica del vate; sacralità che, secondo lui, viene a mancare quando un poeta raggiunge la notorietà in vita, commercializzando il suo ruolo. Eppure l’anziano poeta è un bagaglio di cultura, una fonte da cui possono dissetarsi i giovani; come ogni persona di una certa età porta con sé una valigia di vecchi ricordi importanti per le nuove generazioni, che permettono loro, dice Montaldo, di “raccontare come eravamo per capire chi siamo”.
Tutto quello che vuoi: un cast ‘familiare’
Emanuele Propizio, il Lucio dei “Liceali”, ora più cresciuto, è certamente il più noto del gruppetto formato dai quattro ragazzi; nonostante ciò riveste un ruolo secondario. Bruni riferisce come il venticinquenne attore romano, avendo maggior esperienza dei suoi tre coetanei, sia stato una sorta di guida per loro; cosa confermata da Emanuele stesso che racconta come molte sere si ritrovassero tutti insieme per provare.
Forse non noterete la somiglianza tra Arturo Bruni, interprete del bad boy Riccardo, e Francesco Bruni (il capello da ‘Rosso Malpelo’ è un’intuizione), ma l’uguaglianza nel cognome è una forte spia. Arturo è il figlio di Francesco, consigliatogli proprio dalla sua addetta ai casting, Chiara Natalucci, per la sua parvenza da duro dal cuore d’oro e la somiglianza così accentuata col personaggio di Riccardo.
In verità, Arturo non è l’unico familiare del regista presente nel film. Laura, vicina di casa di Giorgio e sua ‘tutrice’, ha il volto di Raffaella Lebboroni, moglie di Bruni e, come l’ha definita lui stesso, sua musa. La Lebbroni esprime la stima verso il marito, definendo straordinaria la sua capacità di raccontare “il reticolo delle relazioni” che si vengono a creare non con la parentela, ma con qualcosa di più profondo, compresa quella tra Giorgio e Laura. La donna non è l’unica moglie presente nel film; di fatto compare brevemente (e, aggiungiamo, molto elegantemente) anche Vera Pescarolo, consorte del Montaldo.
Erika Micheli
05/05/2017