Recensione
Quello che non so di lei – Recensione: Roman Polanski realizza con lo stile impeccabile del vecchio maestro la riduzione cinematografica di un libro che non ci si prestava affatto
Dal best seller di Delphine De Vigan “Da una storia vera”, il regista Roman Polanski ha tratto la sceneggiatura di “Quello che non so di lei” insieme a Oliver Assayas per una pellicola che vorrebbe assumere i toni del thriller ma che fallisce nell’intento. Forse dipende dalla storia stessa che poco si prestava a un adattamento cinematografico che riuscisse a destare emozioni negli spettatori dei nostri tempi o forse la causa risiede nell’adattamento stesso, elaborato male nello sviluppo della trama e sicuramente nella costruzione dei colpi di scena.
Tranne poche scene in cui compare Vincent Peres nel ruolo di Francois, tutto il film è recitato dalle due protagoniste: Emmanuelle Seigner nel ruolo di Delphine de Vigan e Eva Green nel ruolo di Leila.
La prima, scrittrice di successo, sta attraversando un periodo di blocco creativo e probabilmente anche di fragilità emotiva e personale, quando incontra Leila, ghost writer affermata, affascinante, volitiva e sicura di sé. Il loro rapporto di amicizia rivela immediatamente delle caratteristiche innaturali, fino a sviluppare connotati morbosi, ambigui. La loro incomprensibile intimità le porta a relazionarsi con caratteri del tutto falsati: amicizia, solidarietà tra donne e collaborazione tra colleghe portano velocemente a derive egoistiche, menzogne e predazione del talento dell’altra vicendevolmente. Sembrerebbe un plot seducente se non fosse che l’andamento della storia invece di trascinarci in un vortice in accelerazione, scorre piatto, saturo di quegli elementi già visti in talmente tante pellicole che non ci sforziamo di citare.
Quello che non so di lei: regia pulita, ottime interpretazioni ma poca originalità
Il film contiene comunque tanti elementi di pregio. La regia per cominciare: Polanski crea un’ambientazione assolutamente realistica, inserisce la pur eccentrica vicenda, in contesti quotidiani, niente è sopra le righe, Parigi fa da sfondo in maniera impercettibile, così come la campagna nelle scene fuori città. Tutto ruota intorno alle due protagoniste e tutto è studiato per definirle al meglio. Delphine, fragile scrittrice in crisi, è perfettamente incarnata dal corpo ora burroso di Emanuele Seigner, che la interpreta capacemente, ancora bella nonostante i suoi occhi stanchi per le preoccupazioni creative, veste pullover oversize e vive in una casa un po’ caotica. Eva Green, un po’ schiava del suo ruolo da icona dark, dona il meglio nel complesso ruolo della scrittrice nevrotica, stolker e psicopatica. Sgrana i suoi begli occhi fino a mostrare una percentuale di cornea in più col procedere della storia, infila il suo puntutissimo naso in ogni faccenda e sfoggia il suo enigmatico sorriso, quello a labbra strette e angoli ripieganti verso il basso che rende appieno la sensazione di una donna che ride per una soddisfazione interna. Elegante nei suoi abiti chic urbani, neri e grigi, vive in una casa studiata da un designer fino all’ultimo cucchiaino. Purtroppo il talento delle due non riesce a rendere valore a un film che tratta temi già trattati, da “Eva contro Eva”, passando per “Ricche e Famose” per finire con “Misery non deve morire”. Neanche è originale il plot a scatole cinesi, ossia la scrittrice che scrive di una scrittrice che scrive di una scrittrice, già sperimentato da Ozpetek con “Rosso Istambul” e ci aveva creato disorientamento analogo.
La colonna sonora consiste in un discreto accompagnamento musicale di alcune scene, piacevole certo, ma carenti in un thriller: più di uno sguardo di Leila ci avrebbe fatto saltare sulla poltrona se associato a un contrasto musicale opportuno.
Poche novità, pochi colpi di scena e poche emozioni fino alla fine del film, che termina in maniera ambigua, lasciando nello spettatore il dubbio sul finale. Il regista lo avrà fatto perché crede che sia un elemento di accrescimento artistico dell’opera o perché crede che piaccia allo spettatore stesso?
Gli diamo noi la risposta: nessuna delle due!
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: Based On a True Story
- Regia: Roman Polansky
- Cast: Eva Green, 22, Vincent Perez, Damien Bonnard, Dominique Pinon, Noémie Lvovsky, Camille Chamoux, Mathilde Ripley, Brigitte Roüan, Josée Dayan
- Durata: 110 minuti
- Produzione: Francia, Belgio, Polonia, 2017
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 1 Marzo 2018
Tratto dal romanzo di Delphine de Vigan, “Da una storia vera“, il film ruota attorno alle vicende di Delphine, una scrittrice che non riesce a superare le critiche sul suo libro. Autrice di un libro diventato best-seller, riceve delle lettere anonime che l’accusano di aver messo in piazza vicende private delle sua famiglia, portandola a smettere di scrivere.
Un giorno Delphine incontra una donna che sembra comprenderla e sostenerla in questo momento difficile. Intuitiva e affascinante, diventerà fondamentale per lei che la inviterà perfino a condividere il suo appartamento.
Una storia di ossessione e mistero tra due donne firmata da Roman Polanski, regista polacco di bellissime opere come “Chinatown” e “Il pianista”. Realtà e finzione si confondono in questo thriller psicologico in cui è ben visibile la scrittura di Olivier Assayas, temi che sono molto cari al regista francese di “Sils Maria” e “Personal Shopper”.
Nei panni delle due protagonista troviamo la bellissima Eva Green (“The Dreamers”, “Casino Royale”) e Emmanuelle Seigner, attrice vista in pellicole italiane come “Il male oscuro” di Mario Monicelli e “Nirvana” di Gabriele Salvatores.
Quello che non so di lei: il ritorno di Roman Polanski
“Quello che so di lei” segna il ritorno del grande regista polacco Roman Polanski, la cui carriera è stata oscurata dalle accuse di violenza sessuale ai danni di una minorenne.
La presentazione Fuori Concorso al Festival di Cannes 2017 del film “Quello che so di lei” ha avuto un importante valore per il regista, un’occasione per riconoscerne il talento a la bravura dimenticando per un attimo i suoi problemi personali. E così è stato: pubblico e critica hanno promosso la sua opera, già definita come una tra le più belle della sua filmografia.
Trailer
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