Recensione
Gramigna – Recensione: Figli di se stessi
Ciò che segue la conclusione del film “Gramigna” è un silenzio commosso.
Il grido finale del protagonista Luigi – “Non sono come mio padre!” – sembra simboleggiare un sincero atto liberatorio di un’intera generazione. Una generazione schiacciata dalle ingombranti colpe di noncuranti predecessori. Padri, biologici o metaforici, il cui vissuto inevitabilmente annerisce il candore dei portatori dell’evoluzione: i figli.
Luigi lotta per non lasciarsi trasportar via dalla corrente di violenza di cui suo padre è stato parte attiva, e malgrado una serie di sfortunate circostanze, riesce a preservare la sua innocenza.
Gramigna: vola, o perisci
Figlio di Diego Di Cicco, un boss della malavita campana condannato all’ergastolo, il protagonista cresce senza una figura paterna degna d’esser considerata tale; sin dall’infanzia assiste alle continue ‘visite’ della polizia nella casa in cui vive con gli altri membri della sua famiglia – alcuni, naturalmente, malavitosi -, non abituandosi mai, veramente, a quel clima dicotomico che vede alternarsi momenti di calore e affettività femminile ad altri di brutalità maschile.
Luigi non ha alcun ‘buon esempio’ da seguire; ciò su cui può unicamente contare è l’affetto della madre e della nonna, donne la cui vicinanza, il più delle volte, serve a tenerlo ‘lontano dai guai’.
È, effettivamente, la frase che sente più spesso: “devi stare lontano dai guai”; persino lo zio, camorrista impenitente, gliela ripete con un soave accompagnamento di ceffoni, ed è proprio questo che Luigi non tollera: le imposizioni dettate da chi non ne ha il diritto, moralmente parlando. Esplicativo, in tal senso, è il discorso che il protagonista farà al padre in una delle scene finali della pellicola: l’inferno, quello vero, non lo sta vivendo di certo quest’ultimo in prigione, bensì lui, colpevole di avere un ‘cognome ‘ingombrante’ che, il più delle volte, gli ha tarpato le ali.
Eppure, nonostante la sofferenza nella quale ha vissuto, nonostante le perdite che ha subito, Luigi riesce a riscattarsi dalla condizione impostagli dalla famiglia; non grazie agli sporadici consigli paterni o all’immobilismo materno, piuttosto alla sua innata grinta che lo spinge a trasferirsi definitivamente nelle vicinanze di Roma per iniziare una nuova vita, lasciandosi alle spalle quel passato doloroso che, nel bene e nel male, lo ha portato a scontrarsi con le parti peggiori di se stesso, e a vincerle.
La gramigna da estirpare non era certo dentro di lui, bensì attorno a lui, finché, con la coda dell’occhio, non si è reso conto di essersela lasciata alle spalle, seppur con fatica.
Un dramma dal lieto fine sofferto, valorizzato ancor di più da degli attori straordinari.
Nicole Ulisse
Trama
- Regia: Sebastiano Rizzo
- Cast: Biagio Izzo, Gianluca Di Gennaro, Ciro Petrone, Teresa Saponangelo, Enrico Lo Verso, Anna Capasso, Titti Cerrone, Nicola Graziano, Mario Porfito, Gianni Ferreri, Ernesto Mahieux, Antonio Tallura
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 93 minuti
- Produzione: Italia, 2016
- Distribuzione: Klanmovie Production
- Data di uscita: 23 novembre 2017
“Gramigna” racconta la storia di Luigi Di Cicco, figlio di un potente boss della malavita campana, che attualmente sta scontando l’ergastolo. Luigi è contrario allo stile di vita della famiglia, vorrebbe fuggire dalla camorra e dal padre che ha conosciuto in carcere, desiderando un’esistenza normale, lontano dalla mafia.
Il mondo della malavita, si sa, non fa sconti e Luigi è costretto a farci i conti, sperimentando, a sue spese, l’umiliazione del carcere e ritrovandosi costantemente diviso tra bene e male, tra attentatori e angeli custodi. Questi ultimi lo spronano a lavorare e a studiare, facendogli capire il valore della famiglia, della libertà e della serenità.
Luigi dovrà cercare di estirpare, come una gramigna, ogni forma di tentazione che potrebbe portarlo lontano dalla libertà, a costo di tutto il dolore e l’umiliazione che dovrà subire.
Gramigna: un film sul riscatto e la redenzione
“Gramigna”, tratto dal libro testimonianza di Michele Cucuzza e Luigi Di Cicco, è un film che racconta la voglia di riscatto e redenzione di un giovane ragazzo campano, la cui vita è stata segnata dalla malavita.
La pellicola di Sebastiano Rizzo si propone come bandiera e simbolo di quei valori contro la mafia e la criminalità organizzata che affliggono da sempre la Campania. Il tentativo è quello di smuovere i giovani di fronte a queste dure realtà.
Il film è diretto dall’attore e regista Sebastiano Rizzo, che già con il precedente “Nomi e cognomi” con Enrico Lo Verso e Maria Grazia Cucinotta, aveva puntato i riflettori sulla malavita e le piaghe della società.