Sono molteplici le letture che si possono fare delle opere di David Lynch, i cui finali lasciano lo spettatore con interrogativi difficili da soddisfare. “Twin Peaks 3” è forse una delle serie tv più controverse di sempre, per la quale il pubblico si è diviso nel giudizio e che, sicuramente, ha lasciato dubbi e incertezze sulla storia e sulla sua conclusione.
Twin Peaks 3: un enigma lynchiano tutto da rileggere
Abbiamo divorato con avidità il finale di “Twin Peaks 3” andato in onda in contemporanea con gli Stati Uniti nella notte tra domenica e lunedì in lingua originale e riproposto doppiato domani sera su Sky Atlantic.
Dopo aver metabolizzato gli infiniti spunti lasciati dal nostro regista preferito è tempo di un’analisi più meditata.
La 17sima e la 18sima puntata hanno fatto emergere molteplici elementi da questo generatore di sogni dove il tempo non esiste così come lo concepiamo abitualmente. Certo è che siamo entranti in una capsula temporale che vaga in un universo alimentato dalla corrente elettrica a 430 Herz, la stessa sentita in molti dei passaggi più importanti. Si tratta della stessa scarica che passa nei corridoi del Great Northern Hotel nello stesso momento in cui Coop, tornato in sé, lascia Gordon Cole e Diane. E qui si apre il teorema dal titolo “IL PASSATO DETERMINA IL FUTURO”.
Twin Peaks 3: il cerchio si chiude probabilmente sull’urlo lancinante di Laura/ Carrie
Sono tante le ipotesi che si possono fare su questo finale di partita. L’eroina cult della nostra serie preferita è forse stata salvata da Coop che è ritornato indietro nel tempo a quel 23 febbraio 1989, quando, in una notte fredda e cupa, il padre di Laura, di cui si era impadronito il cattivo Bob, la uccise.
Ci sono le immagini di “Fuoco cammina con me” montate con maestria da Mr. Lynch alternate a quelle dell’incontro quasi onirico tra la ragazza e Coop. I due mano nella mano si muovono lentamente nell’oscurità dei boschi e si perdono mentre in casa Palmer il padre urla e la madre distrugge selvaggiamente la foto della figlia. Qui arriviamo alla prima ipotesi sul fatto che Sarah sia “The Mother”, nata da quel terribile esperimento nucleare visto nell’ottavo episodio. È lei probabilmente la fanciulla ingenua del finale che ingoia nel sonno l’insetto mostruoso partorito dalla sabbia; e da lei non poteva che nascere Laura Palmer creatura angelico/demoniaca, in bilico tra il bene e il male; la stessa che decide di perdersi per non darla vinta al male incarnato da Bob, indossando il temibile anello con la pietra verde e il simbolo del gufo, l’oggetto più iconico di tutta la mitologia lynchiana.
L’anello che uccide chi lo indossa
È apparso e scomparso infinite volte in “Fuoco cammina con me” e in “Twin Peaks 3”: lo indossava Teresa Banks, la prima vittima di Bob, poi è passato alla povera Laura, che in sogno non ha accettato il consiglio di Coop di non metterlo. Tutti quelli che l’hanno avuto si sono dissolti nella Loggia Nera, dopo aver sentito il braccio destro paralizzato.
Il malefico anello nasce dall’accordo stretto tra il Nano e Bob. Il primo è rimasto depotenziato dopo la svolta buona di Mike, l’uomo con un braccio solo. Il solo modo che il nano ha per ottenere il suo nutrimento, la Garmondozia, quella terribile pappetta gelatinosa generata dalla paura, è appunto collaborare con Bob. Quindi, l’anello altro non è che il simbolo tangibile di questo patto tra due spiriti cattivi. Lo indossa il Bad Coop, dopo che dal suo corpo è uscito Bob. Sembrerebbe da questa analisi che quindi il male sia stato vinto per sempre. Tutto è tornato a posto apparentemente e Twin Peaks è l’amabile cittadina dove tutti guardano con passione la telenovela “Invitation to Love”.
Who is the dreamer? Forse lo stesso David Lynch
Il viaggio nel tempo e nello spazio di Coop è quindi terminato. Il nostro eroe ha trovato a Odessa, in Texas, Laura/Carrie e, insieme, in un lungo ed estenuante viaggio nella notte, sono andati verso Twin Peaks. Il regista ci fa quasi impazzire per la lentezza di questo ultimo pezzo di storia. I due viaggiatori nel tempo non parlano e arrivano davanti a casa Palmer, apre la porta una signora sconosciuta. Stupefatti i due tornano sulla via deserta… Nel silenzio carico di tensione qualcuno chiama Laura, che risponde con lo stesso urlo lancinante che tante volte avevamo visto nella Loggia Nera prima che sparisse. A questo punto appare chiaro che tutto il succo dell’opera mastodontica di David Lynch è nel sogno di Gordon Cole con Monica Bellucci che gli comunica che tutti loro vivono in un sogno e conclude con la domanda: Who is the dreamer? La risposta è che siamo tutti noi i sognatori, dal regista ai due protagonisti, Laura Palmer e Coop, intrappolati in una dimensione onirica e probabilmente mai usciti dalla Loggia Nera.
Un fil rouge lega Twin Peaks 3 e il cult “Mullholland Drive”
“Mullholland Drive”, film cult di Lynch, che ha intrigato milioni di spettatori era la puntata pilota di una serie televisiva mai partita. Anche lì il finale ha fatto impazzire tutti. Le due protagoniste Betty e Rita unite da una strana relazione diventano l’una Diane e l’altra Camilla. Durante tutta la narrazione i loro ruoli si rovesciano completamente in un mondo diverso rappresentato da una piccola scatola blu che Rita ha in borsa. Tutto il mistero si risolve più o meno in una scena girata nel club Silencio, in un montaggio di campi e controcampi, fra quello che succede sul palco e le due protagoniste in platea. L’interpretazione più plausibile di questo film cult è che gran parte della storia sia solo un sogno della povera Diane. La realtà, invece, è che lei si è suicidata dopo aver visto cadere a pezzi i suoi desideri.
Realtà e sogno si intersecano quindi sia in “Twin Peaks” che in Milholland Drive”, si congiungono circolarmente come nel Nastro di Moebius, una figura non orientabile, dove esiste un solo lato e un solo bordo. Per quanto possa apparire complesso, questo ragionamento sta perfettamente alla logica di “Mulholland Drive” e di “Twin Peaks”, dove tutto è doppio e la fine e l’inizio delle cose si confondono continuamente.
Quindi, Lynch potrebbe aver innestato in un’unica opera due filoni narrativi, creando un rompicapo affascinante come non mai, facendo fare un piccolo cammeo in “Mull” alle attrici che interpretano Laura Palmer e Ronette Pulascky. Cosi come ha dato il ruolo della moglie di Dougie/Cooper a Naomi Watts/Betty alias Diane, creando in qualche modo un legame forte tra due capolavori in cui perdersi.
Siamo certi che la volontà di David Lynch non sia quella di dare risposte, ma di lasciare domande e tra queste non manca l’interrogativo su quale sarà il prossimo colpo di genio di questo maestro indiscusso del cinema contemporaneo.
Ivana Faranda
07/09/2017