Recensione
Human Flow – Recensione: un’opera monumentale sul dramma mondiale della migrazione
Stiamo assistendo negli ultimi anni alla fuga dai propri paesi di oltre 65 milioni di persone, un fenomeno che si avvicina al concetto di genocidio. Ai Weiwei, artista a tutto tondo che ha spaziato dall’arte figurativa al cinema, con “Human Flow” racconta a modo suo il drammatico presente che viviamo. Il regista cinese ha viaggiato con i suoi numerosi collaboratori per 25 paesi dall’Europa all’Africa, passando per l’Asia e gli Stati Uniti; il risultato è un docufilm mastodontico che colpisce al cuore lo spettatore.
“Human Flow”, sorta di road movie molto atipico, presentato in concorso al Festival di Venezia 2017, è diretto da un personaggio importante che conosce bene il significato della parola “rifugiato”. Nessuno più di Ai Weiwei, nato da due intellettuali dissidenti esiliati ai tempi della rivoluzione culturale, poteva affrontare, infatti, un tema così delicato. Del resto, lui stesso dal 2009 è stato perseguitato dal governo cinese per il suo attivismo politico. Incarcerato nel 2011 per ottantuno giorni in una località segreta è stato poi liberato e dopo una serie di processi farsa è riuscito solo nel 2015 a riavere il suo passaporto e a volare a Berlino dove vive a lavora.
Human Flow: Ai Weiwei presenza eccessiva
In più di due ore di proiezione il regista racconta praticamente il mondo intero con immagini di ogni tipo. Ci sono quelle dure come quelle degli immensi campi profughi siti in Grecia, Giordania, Libano, Macedonia e non ultima la Giungla di Calais al confine con la Gran Bretagna. In primo piano, ovviamente il mar Mediterraneo, diventato una tomba per troppi affogati nel viaggio delle carrette del mare, alternato al deserto africano che sembra quasi far sparire nel vento uomini e donne disperati.
In questa chiave di lettura molto documentaristica in “Human Flow” si aggiunge il tocco dell’artista/regista. Gli esseri umani in fuga vista dall’alto sembrano insetti, per ritornare poi con lo zoom persone sofferenti, ma non c’è solo sofferenza e dolore in questo film. Ci sono i bambini che giocano e sorridono nonostante tutto e soprattutto lo stesso Ai Weiwei che ci mette la faccia in una serie di siparietti non tutti centrati.
Fondamentalmente è proprio questo uno degli elementi di debolezza di “Human Flow”, la presenza eccessiva del regista che non sempre rientra nel contesto della narrazione. In 140’ minuti, inoltre, si mette in scena tutto il mondo dal punto di vista del fenomeno migratorio, senza approfondire nulla più di tanto. Stiamo parlando, quindi, di un’opera intrigante visivamente, che non riesce ad arrivare più di tanto allo spettatore per le oggettive difficoltà di montaggio, impresa quasi titanica visto che il girato totale era di più di 1000 ore.
In conclusione l’opera di Ai Weiwei è di importanza vitale dal punto di vista sociale per la drammaticità del momento storico, ma potrebbe risultare non perfettamente riuscita dal punto di vista tecnico e narrativo.
Ivana Faranda
Trama
- Regia: Ai Weiwei
- Cast: Boris Cheshirkov, Marin Din Kajdomcaj, Princess Dana Firas of Jordan, Abeer Khalid, Rania Khaleel Awad Al-Mutamid, Rafik Ismail, Rami Abu Sondos, Haneen Khalid, Amir Khalil
- Genere: Documentario, colore
- Durata: 140 minuti
- Produzione: Germania, USA, 2017
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 2 ottobre 2017
“Human Flow” è il titolo estremamente evocativo che il regista Ai Weiwei – noto in tutto il mondo per il suo grande impegno come artista, designer e attivista politico e per essere stato arrestato nel 2011, in seguito alla sua opposizione al governo cinese – sceglie per il suo film documentario fatto di grandi numeri e di persone.
Una molte incredibile di gente – si parla di oltre 65 milioni di soggetti – si sposta in lungo e in largo nel globo, usando mezzi di terra e di mare; un flusso migratorio di proporzioni simili solo a quello avutosi successivamente al terribile evento della Seconda Guerra Mondiale. Un fiume di personalità diverse che si muovono oltre la propria cultura, oltre la propria terra, per allontanarsi da scenari di guerra, povertà e miseria, sono raccontati dallo attraverso lo sguardo e la sensibilità artistica di Weiwei, da sempre impegnato nel sociale e ambasciatore di Amnesty International.
Human Flow: un immenso fiume di persone
Girato durante i viaggi dell’artista cinese, alla ricerca di storie, spunti e grani verità, visitando i campi profughi di tutto il mondo, dalla Grecia, alla Turchia, al Bangladesh fino all’Italia; “Human Flow” – alla stregua di un film dai riferimenti epici – sfrutta immagini a campo ampissimo riprese dall’alto che svuotano i soggetti della propria personalità singola, per consegnarli allo scopo di un più ampio raggio voluto dall’artista, ovvero quello di mostrare con incredibile lucidità, la mole di un fenomeno incredibilmente esteso dei nostri tempi. A sottolineare la sia profonda partecipazione emotiva il regista compare in scena in modo considerevole, dichiarandosi quale chiave narrativa del ‘racconto’.