Recensione
Chiamami col tuo nome – Recensione: una storia d’amore autentica in una cornice quasi perfetta
“Chiamami col tuo nome” esce nelle sale preceduta da tanti di quei rumor che ci sembra già di conoscere tutto. Ma ci si sbaglia: il film stupisce nella sostanza, in quei dettagli della sceneggiatura e della regia che non si possono anticipare e che denotano le fattezze di un capolavoro, seppur con qualche piccola trascuratezza.
Il regista Luca Guadagnino si è ritrovato a dirigere “Chiamami col tuo nome” dopo una serie di circostanze che lo avevano coinvolto in questa produzione, finendo per realizzare il terzo film della sua Trilogia del Desiderio dopo “Io sono l’amore” e “A Bigger Splash”. Non stupisce che la sceneggiatura sia stata scritta da James Ivory dal romanzo omonimo di André Aciman, la trama contiene molti di quegli elementi a lui tanto cari come le storie d’amore e la campagna italiana.
Ci troviamo in una bella casa nei dintorni di Crema e molte delle ambientazioni contemplano fiumi, stagni e piscine un poco rustiche nelle quali i protagonisti si bagnano in un’estate tutta dedicata alla cultura, al riposo, alle scoperte archeologiche e perchè no? all’amore. Si tratta di amore, quello tra il giovane Elio ( Timothée Chalamet) e il dottorando americano Oliver (Armie Hammer), ospite dei genitori di Elio.
Il pregio assoluto del film è rappresentato dalle modalità con cui mostra l’avvicendamento dei due, del loro reciproco corteggiamento, ma anche da tutta la cornice che li circonda, dagli altri personaggi, dalla loro maniera di muoversi, di parlare, del compiere gesti anche minimi ma sempre fortemente significativi. Se il vero artista non è colui che crea bene ma colui che ben recepisce, Guadagnino ci dimostra di essere un raffinatissimo osservatore della realtà. Gli attori esprimono al meglio i loro sentimenti parlando, ma anche non parlando, rispondendo ma anche senza rispondere, nei piccoli gesti, negli atteggiamenti del corpo, nella modalità di fumare una sigaretta, nell’inforcare un paio di occhiali da sole: tutte quelle realistiche movenze che tutti conosciamo e che tutto esprimono senza che ne siamo consapevoli.
La provincia italiana riesce sempre a conquistare come sfondo di una storia romantica
Ivory gioca in casa nello sceneggiare “Chiamami col tuo nome”, conosce bene la campagna del Belpaese, rispetto al suo “Camera con vista” deve solo fare un salto in avanti, nel 1983, in un contesto non lontano dal lago di Garda, nel quale inserire le vicende che Aciman aveva ambientato sulla costa ligure. La famiglia di Elio è colta e ama vivere, una forte atmosfera elevata pervade la casa nella quale villeggiano. Si leggono libri, si ascolta Elio suonare il pianoforte, si cita Eraclito, si estrapolano insegnamenti funzionali alle iniziazioni sentimentali del ragazzo. Filosofia ma anche gastrosofia, nella dimora estiva la terra e l’acqua sono intimamente legate a frutta, cibo, vino, liquori, sigari e sigarette.
Prove attoriali perfette per attori perfettamente adatti ai loro ruoli, anche nella fisicità
Che in una storia d’amore tra due uomini il più giovane abbia una corporatura efebica ci sembra scontato, così come al più adulto competa una fisicità più possente. In questo la storia non mostra originalità, ma ne mostra di evidenti nell’atteggiamento dei due innamorati, nelle molto poco esplicite scene nelle quali si amano. La grandiosità della pellicola consiste proprio nella maniera con la quale i due protagonisti mostrano i loro sentimenti e la loro evoluzione. Il linguaggio non verbale, i piccoli gesti e i silenzi denotano una maniera di comunicare di un realismo impressionante, sembra veramente di osservarli dal buco della serratura. Entrambi posseggono una forte espressività negli occhi, sia quando si guardano, e si osservano, sia quando gettano lo sguardo nel vuoto, alla ricerca di spiegazioni interiori. Notevole prova attoriale anche quella di Michael Stuhlbarg, nel ruolo del padre di Elio, colto, sagace, intelligente, esprime una tale grazia ogni volta che è sulla scena, il discorso con il quale accoglie il figlio nelle sue scelte scalda il cuore per la profondità e l’amore che profonde.
Fotografia, scene e musica incorniciano egregiamente le modalità intime della vicenda
Il tailandese Sayombhu Mukdeeprom cura la fotografia di “Chiamami col tuo nome” in maniera esemplare, i cieli e le campagne italiane sono ridondanti delle calde atmosfere rarefatte dell’estate, ma la scelta di girare molte scene in ombra o in penombra, nella scarsa luce dell’alba o del tramonto, negli interni bui, lasciando individuare le forme umane soltanto dai loro contorni di luce ci sembra che sottolinei proprio quell’atmosfera intima pertinente al film. Le gesta dei nostri sono spesso seguite o commentate da semplici battute al pianoforte o dalle suonate di Elio. Ma fuori dalle azioni, quando la scena rappresenta solo la natura del posto, ascoltiamo le pregevoli canzoni di Sufjan Stevens, musica e testi avvolgono in un abbraccio intimo le vicende dei due.
Le scene sono coerentemente rappresentate, arredi, automobili, giornali contesti urbani tutto riporta ai primi anni Ottanta in maniera puntuale, forse è solo sfuggito il logo di una nota casa di caffè che James Rosenquist realizzò nel 1996 e che campeggia su tre barattoli nella scena della bottega del riparatore di biciclette.
Certamente le vicende di “Chiamami col tuo nome” sono contestuali ai primi anni Ottanta, sembra poco fa, ma già ci si rende conto che una storia d’amore omosessuale aveva aspettative di accettazione minori rispetto al presente. Il padre di Elio riferisce al figlio che vivere una storia d’amore autentica non dipende dall’intelligenza di coloro che la intraprendono, ma dalla loro apertura di cuore e dal loro coraggio, qualità che non mancano ai due bei personaggi e che siamo sicuri conquisteranno tutti gli spettatori.
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: Call Me by Your Name
- Regia: Luca Guadagnino
- Cast: Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 130 minuti
- Produzione: Italia, Francia, USA, Brasile, 2017
- Distribuzione: Warner Bros Italia
- Data di uscita: 25 gennaio 2018
Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, “Chiamami col tuo nome” è una pellicola emozionante e sentimentale, che si inserisce a pieno titolo nella filmografia del regista italo-algerino Luca Guadagnino. Lo sfondo di questa storia è una calda estate del 1983 tra Brescia e Bergamo e il protagonista è un giovanissimo Elio Perlman, un ragazzo italoamericano con origini ebraiche e di buona famiglia. Il padre del giovane è un docente universitario e sta aiutando Oliver, uno studente, nella sua ricerca per il dottorato; così un giorno decide di invitarlo a casa sua per lavorare assieme. Elio rimane immediatamente rapito da questa figura appena entrata nel suo mondo e intesse con lui una relazione che cambierà per sempre la sua vita.
Guadagnino colloca il suo racconto secondo la linea temporale del romanzo e anche in quest’opera – come sempre nei suoi lavori, che l’hanno reso una tra le personalità eccellenti nel contesto cinematografico italiano – si serve della sua sensibilità per ‘muovere i corpi negli spazi’. Per questo la villa settecentesca e dimora dei Perlman non rimane soltanto un luogo, ma una parte integrante di tutta la vicenda, con cui i personaggi possono interagire.
Chiamami col tuo nome: una tenera storia d’amore
Secondo le parole del regista “Chiamami col tuo nome” non vuole essere un film super intellettuale, sebbene non manchi un significato poetico ed elevato nel suo sotto testo, ma “una tenera storia d’amore”, uno sguardo delicato sul pianeta delle relazioni e, in modo particolare, sulla bellezza e spontaneità degli affetti colti nel fiore del loro nascere. Scopo del film è quello di emozionare, proprio come “una scatola di cioccolatini”.