Si è tenuta oggi, in occasione della Festa del Cinema di Roma 2017, la conferenza stampa di “Una questione privata”, presentato in mattinata. Presenti in sala il regista Paolo Taviani (assente invece il fratello Vittorio Taviani), le produttrici Donatella Palermo e Paola Del Brocco e il cast, composto da Luca Marinelli, Valentina Bellè e Lorenzo Richelmy.
Una questione privata: un storia riempita di emozioni
La prima tematica che viene affrontata nel corso della conferenza stampa è: perchè proprio questo romanzo (“Una questione privata” è infatti tratto dall’opera omonima di Beppe Fenoglio del 1963)? Paolo Taviani racconta quindi che lui e il fratello erano entrati in contatto con “Una questione privata” di Fenoglio separatamente e ad entrambi era molto piaciuto; una volta riunitisi si erano quindi gettati a capofitto nel romanzo, per riuscire a trarne un film.
Il fulcro della storia, per il regista, è un qualcosa di talmente conosciuto e familiare che permette allo spettatore di amare questa pellicola: la maggioranza delle persone si sarà trovata almeno una volta in una situazione analoga, rapita da un amore che fa dimenticare tutto. Inotre, sottolinea, il tema attorno al quale ruota la narrazione non è altro che un luogo comune: il triangolo, lui, lei e l’altro. Allo stesso modo “già visti” sono anche alcuni elementi di contorno, come il fascismo. La novità, confessa, non la si deve trovare negli argomenti, ma nel modo in cui l’autore li fa vivere, intessendoli con sentimenti che sono personali e, quindi, nuovi; quando lui e il fratello scelgono un libro, lo fanno proprio perchè ci trovano dei sentimenti che gli interessa rappresentare, e a tal proposito cita Pirandello, che diceva che le storie sono sacchi, e se non li si riempie con dei sentimenti rimangono semplicemente contenitori afflosciati. Ed è proprio questo che hanno fatto loro: hanno preso una storia e l’hanno riempita con le loro inquietudini e le loro emozioni.
La critica al mondo contemporaneo da parte del cast di “Una questione privata”
“Una questione privata” è si una storia d’amore, ma con un’ambientazione storica ben definita: l’Italia governata dal fascismo. La domanda, allora, diventa: “Ma come, un altro film sul fascismo?”. Paolo Taviani ci tiene, però, a ricordare ai presenti in sala che questo argomento, nella nostra contemporaneità è quanto mai attuale, visti tutti i fatti di cronaca che si leggono sui giornali, citando ad esempio la propaganda anti-immigrazione che ha recentemente riciclato manifesti appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana. A questo punto il regista si concede anche una critica alla nostra società, rivolgendosi in particolare alle scuole che fanno capire bene ai ragazzi dove affondino realmente le radici del loro passato e quale potrebbe essere il loro futuro: i bambini non sono colpevoli di questo, ed è per questo che su di loro bisogna lavorare, educandoli: “non sono un politico”, non sa cosa si debba fare, ma di certo c’è che bisogna parlare.
Su questo tema del fascismo si sono poi espressi anche gli attori: per Richelmy i giovani navigano nell’ignoranza su quel che è il loro passato, e “la rivalutazione di quegli anni fatta così, alla carlona, mi infastidisce”. Per lui, quindi, il fascismo non è un argomento così trattato da sentire il bisogno di dire basta; interviene anche Marinelli, che confessa che durante le riprese, scendere dalla macchina e trovarsi di fronte tutti quei giovani, di forse vent’anni, che erano sul set per fare le comparse, lo aveva spiazzato: è stato li che si è chiesto ‘sono davvero i ragazzi ad aver fatto la resistenza?’.
L’argomento ha poi aperto le porte al tema dei giovani e dei valori perduti: in merito si sono espressi sempre i membri del cast, tra cui Valentina Bellè che ha puntualizzato che non è vero che non ci sono più valori, ma che forse è l’ideale ad essere andato perso, e le nuove generazioni non sanno più per cosa lottare.
Paolo Taviani: è importante parlare di cinema
Il regista Paolo Taviani, infine, riporta l’argomento su un campo più strettamente cinematografico, parlando dell’amore suo e del fratello per lo spettacolo, di quanto gli piacciano gli attori e la macchina da presa, e racconta in proposito un piccolo aneddoto: quando ha girato il primo documentario aveva su per giù venti anni e la macchina da presa non era certo silenziosa come quelle odierne, ma emetteva un certo rumore. E quando aveva esclamato “motore, azione!” e si era sentito quello strano ronzio, per lui quel suono era stato più emozionante della Quinta Sinfonia di Beethoven.
Giada Aversa
27/10/2017