Accolto da una folla di fan in attesa dalle prime ore del mattino, Xavier Dolan è il protagonista assoluto del secondo giorno di questa Festa del Cinema di Roma 2017.
Festa del Cinema di Roma: il divo Dolan conquista il pubblico
Ospite speciale della serie di incontri ravvicinati che la Festa del Cinema di Roma regala al suo pubblico, Xavier Dolan, è intervenuto dal palco della Sala Sinopoli dell’Auditorium, intervistato dal Direttore artistico della kermesse Antonio Monda. Un incontro in cui il giovane regista canadese, che a 28 anni è già al suo ottavo film, si è raccontato senza filtri ai tantissimi fan e al pubblico presente in sala.
Nessun accenno da parte dell’enfant-prodige sul suo ultimo e attesissimo film ancora in post-produzione, che i più attenti si aspettavano di trovare a Cannes o a Venezia. Nessuna anticipazione quindi su “The Death and Life of John F. Donovan”, che presenta un cast stellare da Natalie Portman a Susan Sarandon e Kathy Bates, fino all’idolo delle giovani generazioni, Kit Harington (“The Game of Thrones”), la cui uscita è prevista, salvo imprevisti, nei prossimi mesi del 2018.
Il regista canadese, premio della Giuria per “Mommy” e Grand Prix con “È solo la fine del mondo”, si è concesso una lunghissima chiacchierata presentando sei clip tratte dai suoi primi sei film. Un percorso cronologico per raccontarsi come regista, come attore e come giovane autore.
Esordiente alla regia all’età di 19 anni, con “J’ai tué ma mère”, Xavier ha confessato il suo vero amore: la recitazione.
“Credo di preferire la recitazione ma è anche vero che quando io dirigo in qualche modo continuo a recitare, insieme ad attori che ammiro. Certo non è così gratificante come quando sono io a recitare, ma per un paio di mesi me la svango. Imparo tantissimo nel guardare gli attori che evolvono, diventano altri, ma devo ammetterlo: mi manca recitare e nei prossimi anni voglio recitare di più, diretto da me o anche da altri.”
Il regista racconta cosa lo ha spinto a diventare un regista e un attore, ovvero la necessità in qualche modo di iniziare.
“Sentivo il bisogno di girare, di fare film. Non avevo mai fatto corti, non ho studiato cinema, nulla di nulla, volevo imparare a recitare ma come attore ero disoccupato. Così mi son detto ‘mi ingaggio’, per un film che raccontava la mia vita. Non poteva esserci competizione con altri attori, ero io. Poi certo le cose sono state molto più complicate di quanto avessi previsto. Ho investito tutti i miei soldi nel film, nessuno lo credeva possibile tranne gli altri attori, leali fino in fondo. Si fanno film per risolvere problemi, di solito, volevo uccidere mia madre per iniziare la mia vita come artista. Gli altri non me lo permettevano, me lo sono permesso da solo.” ‘Me ne stavo da solo nel mio appartamento, senza soldi e senza far niente. Avevo lasciato la scuola ma non stavo facendo niente, così mi sono messo a raccontare storie”.
A margine della seconda clip, tratta da “Les Amours imaginaires“, l’attore invece si è spostato sul tecnico spiegando il perché preferisca certe scelte stilistiche come regista:
“Noi registi, almeno io non so gli altri ma dai film che ho visto, i registi amano il piano-sequenza perchè senti la tensione del pubblico, però per il regista e la troupe è una sfida. Tutte le parti che lavorano al film sono coinvolte, è una coreografia che richiede forte concentrazione da parte di tutti. Poi capita però che alla fine risulti troppo lunga e occorra tagliarla. Non voglio che queste scene possano prendere il sopravvento e schiacciare il ritmo del film, non sono così importanti, nessuna idea o nessun concetto può prendere la priorità nei confronti della storia. La storia viene sempre prima.”
Noto per essere un talento autodidatta, Dolan ha confermato di non essersi sentito ispirato da chissà quale autore o regista in particolare, perché privo di una reale cultura cinematografica:
“Ho visto qualche film ma non proprio tantissimi, tant’è che quando qualcuno mi parla di un film spesso mi vergogno nell’ammettere di non averlo visto. Ci sono delle mancanze nella mia cultura cinematografica che devo andare a coprire, ma il riferimento a “In the Mood for Love” di Kar-wai in “Les Amours imaginaires” è palese, lui potrebbe anche denunciarmi. Tu non sai chi sei fino a quando non crei, non fai qualcosa con il cuore, con la tua anima. Ma lo puoi fare anche attraverso il furto. ‘Inizi che sei fasullo e poi diventi reale’, è una citazione di un libro che amo molto. Tu ripeti delle idee fino a quando quelle idee non le fai tue e non diventano tue, come il rallenty. Con “Tom à la Ferme” ho iniziato a capire meglio me stesso, il processo di crescita è fatto di prestiti, cose “rubate” ad altri. Arriverà il giorno in cui gli altri ruberanno da noi.”
Un estratto da “Laurence Anyways“ permette al Xavier Dolan di poter descrivere i suoi personaggi, che si ritrovano spesso a lottare per essere quel che vogliono essere, a lottare per un diritto, senza però raggiungere il più delle volte la felicità:
“Ci sono tanti film su persone che non hanno speranza ne’ fortuna, sono film molto popolari, noi li chiamiamo ‘pornografia del povero’ perché in qualche modo amano parlare di reietti, di persone sfortunate, ma sono film che non cedono mai chance. Io amo i combattenti, le persone che hanno la speranza nel proprio cuore, la vita è lottare per cercare di essere quello che sei ma alla società questo non piace, perché quando si è autentici la falsità viene a galla. Ci sono i sognatori, i combattenti, i miei personaggi non hanno bisogno di nulla per combattere perché è un desiderio che si portano dentro. Riescono sempre a lottare per quel che vogliono, sia che siano transgender, omosessuali, figli in conflitto con le madri o quant’altro. Sarà sempre così, persone che cercano di trovare uno spazio. Questo saranno sempre i miei film, perché è sempre colpa della vita e non delle persone.”
Alla domanda “Qual’è il tuo film preferito?” senza vergogna un Dolan entusiasta risponde “Eccoci qui, è il Titanic”, per poi aggiungere:
“Lo venero, credo sia stata una produzione perfetta, un capolavoro dell’intrattenimento moderno. Poi per carità, spesso quando se ne parla non tutti sono d’accordo. Due anni fa sono andato ad una cena e c’era una tavolata pazzesca, da Ron Howard a Charlize Theron, con tutti quanti che hanno iniziato raccontare i film che li avevano ispirati. Cominciarono a snocciolare ispirazioni pazzesche, e io mi son detto ‘e ora che diranno quando rispondo loro Titanic?’. Non è certamente un film che in un contesto intellettuale spicca, ma è quello che mi ha fatto venire voglia di fare cinema. Guardo i film con il cuore e non con i dizionari in mano. Avevo 8 anni quando l’ho visto ed è come se mi avesse detto ‘vola’, vedi che è immenso, grandioso, che puoi raggiungere i tuoi sogni. Mi ha ispirato, ormai non sono più insicuro nell’ammettere i film con cui sono cresciuto, vedi anche Jumanji. In quel momento ho capito di voler fare cinema, di voler diventare regista. Ma non è che uscito dal cinema dissi a mia madre ‘voglio diventare regista’, più che altro ‘voglio scrivere una letterina a Leonardo DiCaprio’.”
A conclusione dell’incontro, Xavier Dolan propone al pubblico due sequenze tratte da due dei suoi film preferiti degli ultimi anni, invitando il pubblico a guardarli e dichiara di essere rimasto particolarmente colpito recentemente da un film di un regista italiano, “Call me by your name” di Luca Guadagnino (di prossima uscita):
“Due settimane fa ho visto questo incredibile e bellissimo film, e da allora non mi ha più lasciato. E’ così profondo, saggio, tenero, nel modo in cui guarda l’amore, anche se è un film che non parla solo d’amore ma anche di dolore. Cerchiamo film, spesso, che ci portino lacrime felici, che facciano ridere, ma quando il rifiuto d’amore è stato in qualche modo sperimentato capisci la bellezza del dolore. Questo film ti permette di farlo, celebra la bellezza del dolore, ed è dal dolore che sono nati quasi tutti i miei film, dal cuore spezzato. Vedendo questo film mi sono sentito compreso e ringrazio Guadagnino per averlo realizzato.”
Si chiude così questo specialissimo lungo incontro con uno degli autori più interessanti e insieme provocatori degli ultimi anni.
Gianluca Panico