Recensione
Prendre le large – Recensione: Morel mette in scena il paradosso dell’immigrazione
“Prendre le large” si mostra da subito per quel che è: la storia di un’immigrazione necessaria. Edith, la protagonista di questo film di Gaël Morel, è una donna la cui vita viene stravolta dalla perdita del lavoro. Disposta a tutto pur di non rinunciare all’unica cosa che le è rimasta, sceglie di inseguirlo come una chimera fino a Tangeri. Ma è qui che si assiste al paradosso della recente storia moderna: il personaggio di Morel è protagonista di un’immigrazione al contrario, lascia la Francia per il Marocco.
Il regista è quanto mai attuale nelle trame che sceglie come canali preferenziali del racconto, dal problema del lavoro alla necessità di spostarsi in cerca di fortuna, finanche all’emancipazione femminile delle donne di Tangeri; è poi, centrale, la solitudine di una donna alla quale non rimane altro che il lavoro, vittima di un rapporto indebolito dalle discussioni con il figlio, persa nell’indifferenza di un occidente sempre di più in affanno dove ognuno pensa per sè. Edith è una donna dei nostri tempi, calata in una storia che sembra ricordare il sud italiano del dopoguerra fino agli Ottanta.
Sullo sfondo, abitudine del regista, vengono inserite le culture di popoli che si incontrano e si mescolano, intrecci umani pronti a fondersi per poi perdersi. Nel caos di una realtà opposta, l’unico punto fermo per Edith, giunta in Marocco per non perdere il suo lavoro di operaia tessile vittima della delocalizzazione, è la famiglia di Mina. Lei e suo figlio, le faranno da guida in questa esperienza destinata ad interrompersi bruscamente, sfinita dal duro sfruttamento cui viene sottoposta.
Sottopagata, vessata da colleghe che non ne comprendono i bisogni, Edith sembra non trovare le serenità che andava cercando. Solo l’aiuto di una collega le permetterà di superare le difficoltà di una fabbrica che non presenta le basilari norme di rispetto e dignità per il lavoratore. Storie di ordinaria quotidianità per chi vive quei luoghi, incapaci di cambiare perchè spaventati dal ricatto sociale, dalla mancanza di leggi che ne tutelino i diritti, da un fondamentalismo generale che ne limita il coraggio. O questo, o finisci per fare la puttana, dice la collega ad Edith ad un certo punto.
Prendre le large: una donna alla ricerca di se stessa
Si capisce come l’intento di Morel sia mostrare allo spettatore proprio il paradosso di una realtà che pare lontanissima, eppure è appena al di là della Spagna: una lingua di mare a separare due visioni agli antipodi.
Ma il film, come suggerisce il titolo, è anche e soprattutto la storia di una donna che vuole “prendere il largo” alla riscoperta di sè. E sarà lì che Edith vorrà tornare, rinvigorita dal legame speciale stretto con la famiglia marocchina, con quel giovane ragazzo che ha risvegliato in lei quel sentimento sopito per il figlio, risolto in un abbraccio chiarificatore. Tutto allora volgerà per il meglio, ma proprio nell’happy end cade Morel che fino a quel momento tiene per le mani un racconto ben costruito, splendido e a tratti disperato.
“Prendre le large” perde la sua forza nel non voler portare la sua protagonista, una bravissima Sandrine Bonnaire, fino in fondo. Le basta vendere la sua casa tra le colline francesi per tornare in Marocco da borghese, con la voglia di aprire un ristorante e la facilità, ora si, di reinventarsi. Agli altri restano gli abiti da proletari.
Gianluca Panico
Trama
- Regia: Gaël Morel
- Cast: Sandrine Bonnaire, Mouna Fettou, Kamal El Amri, Ilian Bergala, Farida Ouchani
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 103 minuti
- Produzione: Francia, 2017
- Distribuzione: n/d
- Data di uscita: n/d
“Prendre le large” è la storia di Edith, operaia tessile, la cui vita cambia radicalmente quando l’azienda per cui ha sempre lavorato decide di delocalizzare in Marocco.
Prendre le large: storia di immigrazione obbligata
Di fronte alla prospettiva della disoccupazione, con un figlio lontano e senza altri legami, Edith decide di accettare il trasferimento a Tangeri. La vita nella nuova fabbrica e l’adattamento in un paese sconosciuto non sono facili, ma Edith trova conforto nell’amicizia di Mina, la proprietaria della pensione in cui alloggia. Grazie a questo legame, la vita di Edith prende una nuova piega.
Protagonista di questo dramma francese è Sandrine Bonnaire, attrice notissima in patria.