Eco Del Cinema

Festa del Cinema di Roma 2017: Vanessa Redgrave si racconta

Nuova attesissima ospite degli “incontri ravvicinati” di questa 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma, a pochi giorni dalla sua chiusura, è Vanessa Redgrave, figura iconica del cinema internazionale, Premio Oscar per la sua interpretazione in “Giulia”. Ad accoglierla una sala gremita.

Vanessa Redgrave: “non chiamatemi eroina”

Vanessa Redgrave intervista

Intervenuta dal palco del Teatro Studio G. Brogna, Vanessa Redgrave si è concessa ad un lungo incontro con il pubblico in un racconto che ne ha ripercorso la lunga carriera divisa tra cinema e impegno politico. Proprio la politica è stata usata da un’ipnotica Redgrave come fil-rouge di tutta l’intervista, non lesinando mai riferimenti alla situazione “poco gradevole della contemporaneità”, scagliandosi contro tutti quei partiti politici europei che si battono contro l’accoglienza, promuovendo l’intolleranza.

Ricordando il suo lungo impegno politico da attivista, la Redgrave, qui anche per presentare il suo primo film da regista “Sea Sarrow”, ha però aggiunto di avere tanta fiducia nei popoli, molto più solidali di chi li guida: “Ma non chiamatemi eroina”, dice, “io sono una persona normale come tutti voi, faccio solo il mio massimo per quel che posso“.

“Io ho ricordo della guerra”, continua la Redgrave, “è quello che viviamo oggi mi spaventa” – “Non chiamiamoli immigrati o clandestini. Non vengono qui ‘per prendere i nostri pomodori’, ma scappano da guerre, da situazioni terribili, ed è nostro dovere accoglierli. Questo richiede l’impegno di tutti”.

Attrice fin da bambina, ha lavorato con i grandi maestri del cinema internazionale, e con l’aiuto di alcune clip se ne ripercorrono le tappe salienti. Si comincia da Karel Reisz, regista cecoslovacco che la volle in “Morgan matto da legare” (1966), massimo esponente del Free Cinema degli anni 60 insieme a  Lindsay Anderson e Tony Richardson.

Per approdare a colui che la consegnò al successo nel mondo, Michelangelo Antonioni, di cui la Redgrave conserva un bellissimo ricordo: “Prima di lavorare con Michelangelo, ho sempre pensato che lui fosse un Dio del cinema. Quando venni a sapere che voleva darmi una parte in “Blow up” ho pensato: ‘oh mio dio, potrò essere come Monica Vitti‘. È un peccato che non parliate di Monica, le mando un saluto”, dice con vena polemica. Di quegli anni, fondamentali per una nuova creatività nel cinema, l’attrice aggiunge: “Non si trattava solo di cinema, o di fare film. C’era un fermento che andava oltre. Eravamo tutti impegnati in una rivoluzione culturale“.

È il turno di “Un tranquillo posto di campagna” del 1968, diretto da Elio Petri. Protagonista con lei, Franco Nero, futuro padre del figlio Carlo, oggi produttore del suo primo film-documentario. Commuovendosi nel ricordo di Petri, “scomparso troppo giovane”, dice la Redgrave, si lascia andare ad una considerazione sullo stato attuale del cinema: “C’era una volta il cinema“, dice, “il cinema vero. Speriamo che torni. Voi mi capite, lo so che vorreste resuscitarlo”.

Una confessione sincera quella della Redgrave, che si concede con grande onestà agli ascoltatori. Tanti i riferimenti, anche letterari che invita a ritrovare, rileggere, perché fondamentali per interpretare anche la realtà odierna. Da Ibsen a Euripide, la Redgrave è un’oratrice implacabile. Dura nelle sue invettive ma gentile col suo pubblico. Una combattente che si anima con la clip estratta da “Giulia“, di Fred Zinnemann, che le valse il Premio Oscar alla migliore attrice non protagonista nel 1978. Ancora una volta il pretesto per parlare di politica e dell’oggi è servito e l’attrice non se lo lascia certo sfuggire: “Il personaggio di Lillian è un’americana che nell’Austria occupata dal nazismo ha fatto carte false per mettere in salvo decine di socialisti e sottrarli ad un terribile destino. Se potete recuperate il suo romanzo”.

Augurandosi il meglio per il futuro, e rimettendosi nell’accoglienza dei popoli come arma contro “i tempi verso cui ci stiamo dirigendo”, ha salutato affettuosamente la sala.

Gianluca Panico

 

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