Recensione
Loveless – Recensione: Un film bergmaniano
Non è un compito facile recensire un film come “Loveless”: di fronte a quest’opera la parola scritta sembra superflua, tanto è chiaro in sé e già “parlante” l’universo raccontato dal regista Zvyagintsev.
“Loveless” è una perla rara del cinema contemporaneo ed è, oltretutto, un raro esempio di utilizzo del linguaggio cinematografico al massimo delle sue potenzialità espressive. “Loveless” è infatti un prodotto praticamente impeccabile sotto ogni punto di vista: regia, trama, sceneggiatura, fotografia, locations, montaggio, musica, effetti sonori, casting, recitazione.
Ciò detto, si può solo aggiungere che “Loveless” è un film d’autore che non risulta mai “pesante”: il sapiente uso della grammatica cinematografica fa sì che Zvyagintsev veicoli il suo messaggio con somma semplicità, senza bisogno degli artifici cui ricorrono registi meno esperti, che ricercano forzatamente dialoghi impegnati o scene crude-ad-ogni-costo, spiegazioni superflue o inquadrature a effetto. La forza e la crudezza di “Loveless” risiede – ed è proprio per questo che è così potente – nella misurata osservazione dei personaggi e del mondo, con un taglio interpretativo molto forte da parte del regista, ma che non è mai imposto allo spettatore: sono le scene, i personaggi, il ritmo, i colori a suggerirgli il senso del film. Non c’è bisogno di urlare, il messaggio arriva da sé attraverso la verità del cinema.
In questo senso “Loveless” ha, complessivamente, un sapore bergmaniano, che si manifesta soprattutto nel modo in cui Zvyagintsev ritrae i suoi personaggi servendosi dei non detti, delle frustrazioni, dell’apatia sociale, dell’anaffettività; di privazioni, pulsioni, rimpianti, bisogni, falsità.
Si avverte poi l’influenza della fotografia di Storaro nel modo in cui sia regista che soprattutto il direttore della fotografia Mikhail Krichman dipingono la scena con luci e ombre, in un gioco continuo tra spazi chiusi e aperti, porte che si aprono per liberare i personaggi o si chiudono per intrappolarli o nasconderli, pareti che dividono le persone dal mondo esterno contrapposte a vetri e vetrate da cui poterlo osservare di nascosto (ma il mondo dietro al vetro non si può incontrare, conoscere, abitare). Si vedono interni umani disumanizzati e, di contro, esterni naturali che avversano la presenza dell’uomo, o che ne vengono contaminati con antenne, manufatti, edifici abbandonati.
“Loveless” e la nuova «poetica dello spazio» di Zvyagintsev
In aggiunta alla presenza di Bergman e di tanta cinematografia europea Novecentesca, però, c’è tutta una nuova poetica narrativa, con una nuova cinepresa che osserva impetuosa la nostra epoca servendosi dell’interpretazione degli spazi.
In ciò Zvyagintsev si avvicina più ai registi orientali, alla loro riflessione sullo spazio, basata sui pieni e sui vuoti. Egli estende questo discorso efficacemente anche alle “nuove finestre” degli smartphones. Questi nuovi “vetri” consentono un’evasione fittizia e prolungata all’interno degli stessi spazi abitati, modificandoli: la superficie dell’area in cui si trova il personaggio diventa così solo “occupata” dal corpo, mentre la mente alberga nel nuovo mondo evaso. L’uomo non abita più lo spazio, lo occupa.
Zvyagintsev ci mostra, nel frattempo, che la finestra-televisione, tanto importante e in un certo senso “dialogica” fino a pochi anni fa, è ormai diventata solo un rumore di sottofondo, è anch’essa inabitata, svuotata di senso e di spazio.
Loveless: la famiglia borghese contemporanea secondo Zvyagintsev
La famiglia della media borghesia è stata spesso messa a nudo nella sua ipocrisia e nelle sua incapacità di coniugare il benessere sociale con quello emotivo, il ruolo pubblico con quello genitoriale, l’egoismo con l’amore, la frustrazione con l’accettazione, l’aspettativa di vita con la realtà dei fatti.
L’apatia e il non-amore, al centro del dramma borghese, in “Loveless” vengono osservati nella loro declinazione contemporanea. Maryana Spivak, che impersona Zhenya, ci trasmette efferatamente queste emozioni, tanto più violente quanto più nascoste.
E Zhenya è l’emblema del nostro nuovo universo passivo-aggressivo, ultimo e tremendo nucleo d’interpretazione dell’attualità.
Zvyagintsev, inoltre, ci mostra quale sia, oggi, secondo lui, la sola via d’uscita da questo non-amare (che è un non-vivere). Tuttavia, la soluzione che il regista ci propone è altrettanto brutale, perché ci sta dicendo che è solo avendo uno scopo tangibile e immediato cui potersi aggrappare che gli esseri umani riescono a dare un senso alla realtà (nel film tali scopi cui aggrapparsi sono la ricerca di un bambino, di un nuovo amore, di una nuova famiglia). Si tratta però pur sempre di una vita destinata al non-amore, che l’esistenza di uno scopo rende almeno momentaneamente sopportabile e “abitabile”.
C’è però un’altra soluzione al non-amore, ed è la soluzione di chi ama ancora, del figlio: la fuga. Ma la fuga nel film non si vede, è una fuga senza direzione che, infine, diviene scomparsa. Per Zvyagintsev, dunque, chi fugge dal non-amore in un mondo di non-amore scompare, perché non trova uno “spazio”, una dimensione da abitare.
È grazie alla sua capacità di mettere lo spettatore di fronte alla brutalità nascosta del suo mondo apatico, disamorato e “schermato”, che Zvyagintsev si riconferma, con “Loveless”, uno dei registi più interessanti della sua generazione.
Marta Maiorano
Trama
- Regia: Andrey Zvyagintsev
- Cast: Maryana Spivak, Aleksey Rozin, Varvara Shmykova, Matvey Novikov, Daria Pisareva, Yanina Hope, Aleksey Fateev, Andris Keiss, Maxim Stoianov, Marina Vasilyeva
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 128 minuti
- Produzione: Russia, 2017
- Distribuzione: Academy Two
- Data di uscita: 6 dicembre 2017
Zhenya e Boris hanno deciso di divorziare. La loro è una separazione tutt’altro che pacifica, tra i due covano rancori, recriminazioni e risentimenti. Sia l’uomo che la donna si sono rifatti una vita con altri compagni, ancor prima di chiudere un capitolo del quale fa parte anche un bambino, il dodicenne Alyosha, un figlio, che nessuno ha mai amato davvero. La difficile situazione si complica ulteriormente quando il piccolo scompare.
Loveless: un mondo senza amore
“Loveless” restituisce al pubblico il ritratto di una Russia moderna, in cui le persone sono prive d’amore e sembrano avere a cuore solo il potere, il denaro e un’affermazione sociale egoistica.
Il film è diretto da Andrey Zvyagintsev che fin dagli inizi della sua carriera con “Il ritorno” ha avuto modo di farsi apprezzare da pubblico e critica. Presentato al Festival di Venezia il film ottenne infatti il Leone d’Oro nel 2003.
Anche il suo secondo lungometraggio, dal titolo “The Banishment”, fu molto apprezzato: a Cannes Konstantin Lavronenko, attore protagonista, vinse il premio per la Miglior interpretazione maschile. Sorte analoga per il successivo “Elena” premiato nel 2011 sempre sulla Croisette con il Premio della Giuria nella sezione Un Certain Regard.
Successivamente Andrey Zvyagintsev si fece notare con un’altra pellicola di rilievo: “Leviathan” vincitore nel 2014 del premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes, del Golden Globe e candidato al premio Oscar nella categoria Miglior Film Straniero.
Trailer
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