Sou Abadi, specialista in documentari, si cimenta per la prima volta con il cinema di finzione con “Due sotto il burqa”, commedia agrodolce sull’islamismo e sull’identità islamica, tema che la regista, di origini iraniane, sente particolarmente suo.
Due sotto il burqa: un film difficile ma necessario
Si è svolta oggi la conferenza stampa di “Due sotto il burqa”, diretto dalla regista francese Sou Abadi, presente in sala per rispondere con entusiasmo alle domande dei giornalisti. La Abadi ha parlato delle sue ispirazioni e di come gli sia nata l’idea di questo film così peculiare.
Come abbiamo già accennato, la regista ha voluto dirigere una pellicola che parlasse soprattutto di lei: “Io sono iraniana e tutte le cose di cui ho parlato nel film sono dentro di me fin da ragazzina, da quando si instaurò il regime islamico nel mio paese, con tutto il suo carico di assurdità. Non c’era niente di comico nelle cose che sono successe, però non volevo fare qualcosa di drammatico, volevo che lo spettatore conoscesse la realtà ridendone in modo intelligente, anche perchè ultimamente anche l’Occidente ha conosciuto questo genere di dramma. Io e la mia famiglia fuggimmo 30 anni fa dall’Iran per via di questo clima, ma oggi in Francia si ritrovano le stesse atmosfere, anche se non se ne parla molto.”
La sceneggiatura del film dunque è stata scritta dalla stessa Abadi, basandosi anche su alcuni elementi autobiografici.
Ci ha raccontato: “Come alcuni di voi sapranno, ho passato 5 anni a lavorare su un documentario sullo spionaggio israeliano, ma il progetto infine non è andato in porto. Dopo questa esperienza negativa ho vissuto un breve periodo di depressione, ma mi sono ripresa quando ho capito che dovevo spostarmi verso qualcos’altro. Dovevo scrivere qualcosa di nuovo, una storia che non mi ponesse limiti, come invece accade nel documentario, dove devi seguire i paletti dati dalla realtà. Quindi ho scritto la sceneggiatura di “Due sotto il burqa” seguendo il mio stile: ho detto quello che avevo da dire in maniera educata, e la comunità musulmana se n’è accorta, dato che ha avuto una reazione positiva.
In Francia il film è stato presentato in circa 10 anteprime, e ogni volta i musulmani che erano venuti a vederlo mi hanno ringraziato per aver mostrato la loro religione in maniera oggettiva, senza descriverli come pazzi aggressivi. In realtà ho ricevuto degli insulti e delle minacce da parte di alcuni integralisti prima dell’uscita del film, ma poi, dopo l’arrivo della pellicola nei cinema, non hanno avuto niente a cui aggrapparsi per continuare la loro polemica.”
Due sotto il burqa: Sou Abadi e il suo rapporto con l’Islam
La regista a questo punto ha esposto molto chiaramente il suo punto di vista sulla religione islamica, per rispondere a ogni accusa, iniziando dall’esprimere il suo dispiacere per il fatto che “Due sotto il burqa” non è stato distribuito in nessun paese islamico: “Mi è dispiaciuto perchè nel film tratto l’islamismo con rispetto. Spero che i musulmani imparino ad approcciarsi alla loro religione con uno sguardo più antropologico e storico, come hanno imparato a fare le altre religioni. L’Islam vive molti problemi, ma credo che ogni fedele dovrebbe sempre ricordarsi dell’importanza di una cosa semplice come il buonsenso. Di base comunque non accuso la religione: credere in qualcosa nella vita ti aiuta nella quotidianità e ti fa seguire un cammino, da degli appigli che una persona atea come me non riesce a trovare.”
Due sotto il burqa: ispirazioni e esperienze sul set
La regista ha poi iniziato a parlare in maniera più precisa della lavorazione del film e del suo futuro. “Adesso per un pò credo che lascerò da parte il documentario” ha affermato, “Il cinema di fiction ti da molta più libertà nei tuoi personaggi, e per un pò voglio godere di questa libertà. Comunque la mia esperienza nel documentario è stata fondamentale per la realizzazione di questo film, nel film c’è molto più documentario di quanto si pensi, e sarà così anche per il prossimo film. Sarà un progetto ancora più ambizioso: vorrei realizzare una commedia che tratta apertamente il tema dell’Isis.”
Dopo questa rivelazione, la regista ha continuato descrivendo quali sono state le sue più grandi ispirazioni cinematografiche per questo film: “La maggiore ispirazione in assoluto è stata il cinema di Billy Wilder. Questo film si potrebbe definire un “A qualcuno piace caldo” con il velo. Ho ripreso da lui anche il metodo di lavorazione: Wilder era attentissimo alla velocità delle scene, a dare un ritmo serrato alla storia, e così ho fatto anch’io per fare in modo che il film scorresse il più veloce possibile. Addirittura sono arrivata a cronometrare il tempo di realizzazione delle scene per renderle sempre più rapide.”
Prima di salutarci, la regista si è poi prestata al racconto di alcuni retroscena. In particolare alla domanda sul perchè avesse scelto l’attrice e cantante Camélia Jordana per il ruolo della protagonista Leila, Sou Abadi ha risposto: “Camélia era già molto conosciuta in Francia, ma non da me dato che non seguo la televisione. Comunque al provino ho capito subito che sarebbe stata lei quella giusta, perchè ha una grande energia. Per il ruolo si è preparata molto, dato che è molto lontana nella vita dal personaggio della studentessa amante della cultura che vediamo nel film. Comunque questo è stato il suo primo grande ruolo al cinema e sono felice che le abbia dato una certa celebrità.”
Ha terminato dicendo: “In generale comunque tutti gli attori sono stati bravissimi, dei veri lavoratori. Avevamo poco tempo per fare il film, quindi abbiamo lavorato molto seriamente; nonostante ciò nel set si respirava un’atmosfera di gioia.”
Il film uscirà nei cinema italiani il 6 Dicembre 2018.
Nicolò Piccioni
30/11/2017