Recensione
Final Portrait – L’Arte di essere Amici – Recensione: l’arte come protagonista
“Final Portrait – L’Arte di essere Amici”, quinto lungometraggio dell’attore e regista Stanley Tucci, potrebbe sembrare un biopic della vita di Alberto Giacometti. Non è esattamente così. Il film si incentra soltanto su un breve periodo della vita dell’artista, circa 2 settimane, e sul rapporto che l’artista ebbe con lo scrittore James Lord. L’amicizia tra i due è, in realtà, soltanto un pretesto per Tucci per arrivare a mostrare, in maniera molto approfondita, la mente artistica e le varie sfaccettature della personalità di Giacometti.
In un ritratto da 10 e lode, Geoffrey Rush interpreta al meglio l’esistenza sregolata e nevrotica di un artista e del proprio (personalissimo) rapporto con l’arte. La sua arte: un’arte in continuo mutamento, oggetto di continui cambiamenti e modifiche. Ed è questa la vera protagonista di tutta la storia. Siamo continuamente proiettati all’interno dello studio in cui avviene il processo creativo, in cui si costruiscono le opere d’arte che otterranno un successo mondiale e in cui, a un certo punto, ci sentiamo parte di quello stesso processo creativo.
Final Portrait – L’Arte di essere Amici: la ricerca dell’equilibrio
Ciò che colpisce dell’opera di Stanley Tucci è un continuo camminare verso qualcosa che non si capisce bene cosa sia. È la ricerca, dello stesso Giacometti, di quel qualcosa che lo faccia sentire bene e gli permetta di raggiungere un equilibrio tanto desiderato. Un equilibrio che, allo spettatore, sembrerà non arrivare mai ma che forse, in realtà, nella mente dell’artista è stato già raggiunto.
In un ritratto psicologicamente molto profondo, ci viene mostrata la vita di un uomo che, tra un matrimonio spesso piatto e un rapporto malsano con una prostituta, non rinuncia mai a continuare a vivere esattamente come preferisce. Sempre. Se non sente di riuscire sulla tela, passa alle sculture o, molto frequentemente, ai bicchieri di vino, senza mai però perdere se stesso.
Final Portrait – L’Arte di essere Amici: l’occhio di Giacometti
Complice la particolare tecnica di regia, che vede la macchina da presa in un continuo oscillare, lo spettatore si ritrova ad essere prima partecipe di un processo e poi, in un secondo momento, quasi artefice di quello stesso processo. I primi piani posti sul personaggio di Lord ci proiettano nella mente dell’artista che, con la massima concentrazione e attenzione, cerca di focalizzarsi sui dettagli principali di quello che sarà il ritratto dello scrittore. Un ritratto che non si conclude, perchè non può concludersi.
Alberto Giacometti, in “Final Portrait – L’Arte di essere Amici”, è infatti preda di una continua insoddisfazione, ben consapevole di non potere concludere un’opera che riterrà sempre da cambiare e migliorare. E per questo, dopo varie giornate e nonostante i vari cambiamenti di volo di Lord, continuerà a passare sulla tela una pennellata bianca e ricominciare tutto da capo. Perchè la sua mente da artista non può darsi pace e non può trovare quella che ritiene essere la perfezione. Una perfezione quantomai irraggiungibile.
L’artista, continuamente irrequieto e vittima di un rapporto a tratti ossessivo con la prostituta Caroline, mostra per tutta la narrazione la propria personalità nei suoi mille dettagli e nei suoi mille piani sovrapposti, che a un certo punto trovano nello spettatore una soluzione. La chiave per comprendere questo geniale artista, e il suo sconfinato talento, è solo una: cercare di guardare il mondo nel modo in cui solo lui riusciva a guardarlo. Vivere le giornate non costantemente con il pennello in mano, ma costantemente con la volontà di provare a capire la realtà, tutta la realtà, e cercare di riprodurla e far vedere anche agli altri quello che vedeva Giacometti stesso. Questa è la sua principale intenzione, come afferma lui stesso all’amico Lord: “Vorrei dipingerti e farti vedere proprio come ti vedo io“.
Claudia Pulella
Trama
- Regia: Stanley Tucci
- Cast: Geoffrey Rush, Armie Hammer, Clémence Poésy, Tony Shalhoub, James Faulkner, Sylvie Testud, Attila G. Kerekes, Philippe Spall, Laura Bernardeschi
- Genere:Biografico, colore
- Durata: 90 minuti
- Produzione: Gran Bretagna, 2017
- Distribuzione: Bim Distribuzione
- Data di uscita: 8 febbraio 2018
Nella Parigi del 1964, Alberto Giacometti, artista svizzero che gode di un indiscusso successo, viene avvicinato dallo scrittore americano James Lord che vuole commissionargli il proprio ritratto. Data la natura del pittore, il ritratto diventerà un’impresa nel tempo e nella pazienza dello scrittore, che aveva immaginato la sua conclusione nel giro di pochi giorni. Quando ripartirà verso gli Stati Uniti l’artista riporterà a casa un quadro incompiuto ma fatto di grandissime esperienze.
Final Portrait – L’Arte di essere Amici: un quadro da finire
“Final Portrait – L’Arte di essere Amici” è un film basato sugli ultimi due anni di vita del pittore e scultore svizzero Alberto Giacometti. Un ritratto di un’amicizia tra due uomini completamente diversi, ma legati da un unico atto di creatività in continua evoluzione. È un film che si concentra sul processo artistico stesso, a volte esilarante, esasperante e sconcertante. La pellicola si interroga se il dono di un grande artista sia una benedizione o una maledizione.
“Final Portrait – L’Arte di essere Amici”, è un lungometraggio scritto e diretto dall’attore e regista Stanley Tucci qui al suo quinto lungometraggio, è stato prodotto dalla Olive Productions, Potboiler Productions e dalla Riverstone Pictures.
Il film si avvale di due grandi attori: del già Premio Oscar Geoffrey Rush (“Il discorso del re” di Tom Hooper, “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore), nel ruolo del pittore Alberto Giacometti e Armie Hammer (“Mine” di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, “The Social Network” di David Fincher) in quello dello scrittore americano James Lord.
Il film “Final Portrait – L’Arte di essere Amici” è stato presentato Fuori Concorso per la prima volta al Festival di Berlino 2017.
Trailer
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