Esce oggi nelle sale Il giustiziere della notte, nuovo film con Bruce Willis diretto da Eli Roth, nonché una buona alternativa agli uomini rimasti soli il giorno della festa della donna, lasciati a casa da mogli, fidanzate e amiche, riunitesi per festeggiare. E allora cosa c’è di meglio di una sferzata di testosterone come solo un thriller pieno di azione può dare?
Un tuffo nella “violenta” carriera di Eli Roth
Cari uomini soli sul divano a cincischiare e care donne amanti degli action movie (o amanti di Willis e basta), Eli Roth vi propone adrenalina, revenge, una goccia di drammaticità sentimentale e, come sempre, una massiccia dose di violenza disseminata qua e là. Il regista è noto ai più, soprattutto ai fan del genere, come il re contemporaneo dello splatter (o della corrente Splat Pack), ma per chi non lo conoscesse e anche per chi sapesse benissimo chi è, eccovi una carrellata dei suoi maggiori successi sin dall’inizio della sua carriera.
Cabin Fever, quando la paura di morire uccide
Eli Roth, amico di David Lynch e ancor di più di Tarantino, con cui condivide molti ideali di stile, ha iniziato il suo percorso registico con “Cabin Fever”, opera di lunga gestazione di cui aveva steso lo script già durante gli anni del college. Il film, un esordio di successo in piena regola, uscito nel 2002, strizza l’occhio all’iter delle pellicole horror degli anni ’70 e ’80: c’è un gruppo di giovani ragazzi, un evento traumatizzante e diverse morti truculente, spesso con qualche riferimento sessuale. Queste non sono solo le fasi in cui si snoda la trama di Cabin Fever, ma in generale anche il percorso che la maggior parte dei film di Roth seguono.
Cabin Fever affascina i nostalgici fan dell’horror e i nuovi adepti con una storia che coinvolge cinque ragazzi in vacanza e una disgustosa malattia della pelle che sfalda i tessuti dermici. Peccato che nessuno dei protagonisti, né gli abitanti del paese muoia per gli effetti della piaga, ma per altri motivi (vedi “omicidio”). Il film, con l’atmosfera di tensione perenne e il gusto del macabro è sin da subito diventato una pietra miliare dell’horror del nuovo millennio, dando vita ad una trilogia, non continuata da Roth.
Il successo con la carneficina di Hostel
La seconda e la terza pellicola dirette dal regista, Hostel e Hostel: Part II, sono di certo le più note, soprattutto a livello commerciale. La prima è stata eletta miglior horror del 2007, la seconda si è aggiudicata ben due Razzie Awards. La trilogia di Hostel, conclusa da Scott Spiegel e inaugurata da Roth, è una delle saghe dell’orrore più cruente mai realizzate negli anni Duemila, non solo per le scene sanguinolente, le torture brutali ai danni dei giovani e ignari protagonisti, ma anche per la trama da brivido: un gruppo di facoltosi uomini d’affari paga per torturare brutalmente delle vittime innocenti.
Perché gli horror sono spesso arricchiti da sovrannaturale, ma in Roth no: l’orrore viene dall’uomo stesso, che uccide per paura della morte in Cabin Fever e che tortura fino alla morte (altrui) per proprio diletto in Hostel. Il regista tira fuori l’essenza selvaggia e animale dell’essere umano, quella natura rimossa con cui spaventa e affascina lo spettatore. Il pubblico viene disgustato dalle scene truculente e intimorito da quella follia umana che può afferrare chiunque in qualsiasi momento.
Dal cannibalismo di The Green Inferno alla tortura erotica di Knock Knock
Dopo aver espresso la paura umana che rende folli, aver approfondito la brama di sangue causata dal sadismo, Roth esplora con The Green Inferno un’altra via sanguinolenta praticata dall’uomo, il cannibalismo. Se il primo film era nauseante per gli effetti scarnificanti della malattia, se il secondo e il terzo sono ripugnanti per le torture e le amputazioni, le scene di quest’ultimo, le mutilazioni seguite a degustazioni da voltastomaco, vanno oltre il disgusto. Roth prende tutto quel filone horror di cannibalismo, a cui appartiene anche uno dei precursori italiani Cannibal Holocaust e il primo Non aprite quella porta, e lo porta all’eccesso.
Esplorato il limite umano dell’orrore, Roth si orienta sul thriller erotico con Knock Knock con protagonista la star hollywoodiana Keanu Reeves. L’ex prescelto è qui la vittima di due folli ragazze, che dopo averlo sedotto e stordito con il sesso, lo torturano riducendo un grande uomo come Reeves alla loro mercé. Anche qui non mancano momenti di tortura, accompagnati da un erotismo che era presente anche nei lavori precedenti, ma molto ai margini. Se negli anni indietro a Roth era stato attribuita la nascita del genere torture porne o gorno (gore + porno), grazie alla capacità di provocare un’eccitazione orgasmica nel pubblico con le sue inquadrature violente, in Knock Knock il regista mixa scene di sadismo gratuito a rapporti sessuali hot, consenzienti o no. Il film ha in sé anche la componente della vendetta, che il cineasta statunitense svilupperà maggiormente nell’opera successiva.
Il giustiziere della notte, l’ultima violenta fatica di Eli Roth
Dopo una pausa registica di tre anni (Knock Knock è uscito nel 2015), Eli Roth torna con Il giustiziere della notte, remake dell’omonima pellicola di successo del 1974, diretta da Michael Winner. E sceglie l’action man Bruce Willis per mettere in scena un uomo scosso nell’intimo della sua vita privata, desideroso di vendicare la sua famiglia e di arrestare l’insorgere della violenza urbana nei panni di un silente paladino della giustizia. In molti si chiederanno dove è finito il clima brutale, sanguinario e ripugnante dei suoi lavori precedenti, ma il tocco violento di Roth c’è.
Il giustiziere uccide per vendetta, ma ci prende gusto e tra omicidi e sparatorie diventa l’angelo vendicatore del regista, che stavolta condisce la sua opera non di violenza gratuita, ma giustificata. Eli Roth esce dai suoi schemi e propone qualcosa di nuovo nella sua carriera, portando sul grande schermo la ferocia dell’eroe.
Erika Micheli