Renato Zero ha incontrato la stampa alla casa del cinema insieme a Vincenzo Incenzo che insieme a lui ha curato sceneggiatura e regia del film ed insieme ad Andrea Occhipinti, della produzione. Quest’ultimo ha sostenuto il ruolo di relatore della conferenza.
Zerovskij – Solo per Amore: una sperimentazione per la denuncia
Andrea Occhipinti ha accolto Renato Zero, che ha rivelato subito la sua stanchezza, “come qualcuno che tenta di asciugare gli scogli col fon”. Organizzare lo spettacolo di “Zerovskij” ha rappresentato per lui una sfida: uscire dai vecchi schemi dei concerti con playlist inchiodate, nei quali venivano ripercorsi i vecchi successi, e proporre una formula nuova, una via di mezzo tra un concerto e un musical, in cui inserire una storia frutto delle sue riflessioni sociologiche, religiose e psicologiche.
Voleva dare pane fresco ai zerofolli. Questo impegno gli ha portato ben pochi guadagni, poco più di una “pizza e una birra”, ma è stato ripagato dalla stima e dall’affetto di coloro che hanno collaborato con lui: più di 120 persone ricche di umanità.
Il suo altruismo, ha affermato, è stato premiato “dall’altissimo”, che ha aperto il cielo d’azzurro, squarciando le fitte nubi poco prima dell’inizio del concerto di Verona, quello delle riprese del film, consentendo il posizionamento delle telecamere solo sette minuti prima dell’inizio dello show.
Lo spettacolo, ha detto, è costato moltissimo, ma la qualità è molto elevata, e ha precisato: “non si possono fare le nozze coi fichi secchi”.
Sono seguite le domande della stampa. Nella prima gli hanno chiesto quanto sia importante per lui sperimentare. Ha risposto, che tutto risiede nella forza di volontà, se ne hai molta riesci a non subire le pressioni del mercato e delle sue tendenze. Il coraggio di un artista come lui va apprezzato, ha affermato, soprattutto se si pensa che potrebbe vivere facilmente con le sole rendite della SIAE.
Ha riferito di quante esperienze ha avuto nel mondo dello spettacolo, come cantante, ballerino, attore, intrattenitore e di come questo background lo abbia portato, a 67 anni, a voler realizzare questa rivoluzione artistica che è anche personale. Molti fedelissimi ammiratori, ha rivelato, hanno storto il naso all’inizio e solo in seguito hanno iniziato a capire e ad apprezzare. Ha aggiunto, scherzando, che sono stati minacciati, perseguitati sotto casa, ed è stato detto loro che gli sarebbe stato proibito di ascoltare canzoni di Renato Zero per tutta la vita.
Gli si è chiesto poi perché non abbia pensato di realizzare un biopic sulla sua vita in cui includere la storia di Renato Facchini accanto a quella di Renato Zero. L’artista ha risposto che non celebrerebbe troppo uno come lui, oggi tutti si vogliono raccontare, spesso esagerando e mentendo. Se raccontasse la sua vita con sincerità, non sarebbe creduto, soprattutto perché in lui c’è la tendenza opposta, quella al ridimensionamento. Alcuni aspetti personali come le insoddisfazioni e la solitudine, li ha messi a nanna e non vorrebbe mai darli in pasto al pubblico.
Zerovskij – Solo per Amore: un anarchico svincolato dai poteri forti
Un’altra giornalista ha citato Petrarca e i suoi “Trionfi”, nei quali alcuni aspetti morali trovano una personificazione, come nel testo di “Zerovskij”, e ha chiesto a Renato Zero se si sente più sacerdote, operaio o ribelle. L’artista ha risposto che si sente soprattutto un anarchico, svincolato da poteri politici, e che auspica una rivalutazione dell’uomo comune, ha chiesto poi alla stampa di provare a mettere la gente semplice sulle copertine dei loro giornali.
Un’altra domanda fa riferimento alla denuncia pessimistica insita nell’opera e all’individuazione di una possibile speranza per il futuro. Zero ha risposto che la speranza non è nel pacchetto dell’offerta, “Zerovskij”, ha aggiunto, vuole illuminare se stesso e la platea denunciando il fatto che alcune cose pericolose stanno accadendo. La speranza, ha riferito, è come la libertà, richiede un lavoro per ottenerla, come un traguardo.
Nell’opera l’amore è personificato in un disabile, non è Apollo, non è un Dio, ma qualcuno che stiamo maltrattando e che soffre. Altri temi di denuncia contemplano considerazioni sulle droghe, sulle ludopatie, sulla religione, sull’abbandono dei figli, sulla crisi culturale. A proposito di quest’ultimo punto, ha osservato come nelle scuole elementari e medie, è stato tolto l’insegnamento della musica e secondo lui è stato fatto di proposito, per inibire lo sviluppo delle persone e le loro capacità critiche nei confronti della società.
Una giornalista ha chiesto a Renato se visita mai le zone terremotate delle Marche, considerando che il padre era di San Severino, lei stessa di quella zona gli riferisce che possiedono una lontana parentela. L’artista ha risposto che si ricorda delle scosse sismiche e di quando con il padre andava al paese, una terra laboriosa fatta di gente onesta, un po fuori dai circuiti a causa della mancanza di autostrade, questo a causa della mancanza di politici eminenti provenienti da quelle zone.
Sulla parentela con la giornalista non si è stupito, affermando che nella sua famiglia si è sempre “trombato” molto.
Verso la fine è tornato spontaneamente sul tema della speranza, affermando che in passato ha sentito che la vita non voleva sorridergli e lui l’ha costretta. A 67 anni si sente appagato del suo percorso e invita la platea a intraprenderne uno analogo.
Marco Marchetti
14/03/2018