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Giudizio universale – Recensione

Giudizio universale: con un format innovativo viene rappresentata la genesi della cappella Sistina nel suo insieme

Giudizio Universale Michelangelo e la cappella Sistina

“Giudizio Universale” ideato da Marco Balich, presentato all’Auditorium di Roma con la previsione di lunga tenitura, nasce con l’intento di essere fruito da un gran numero di spettatori e turisti nel corso degli anni futuri. Prodotto dalla Artainment Worldwide Show con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, unisce strumenti tecnologici sofisticati a un intrattenimento dal vivo eseguito da sette attori e ballerini per rappresentare un racconto filologico della genesi dell’opera, in realtà di tutta la Cappella Sistina e non solo dell’affresco del Giudizio Universale.

Giudizio universale – Recensione

L’elemento di maggior pregio dell’opera è la tecnologia usata nella riproduzione delle immagini.

La storia inizia con un dialogo tra Michelangelo Buonarroti e Papa Giulio II, le basi sono preregistrate, l’attore che interpreta Michelangelo, recita in playback con la voce del bravo Pierfrancesco Favino. Si tratta di un dialogo profondo, Giulio II, afferma che la sua tomba può aspettare e vuole che l’artista esegua la decorazione della volta della Cappella Sistina. Insieme commentano gli affreschi delle pareti laterali, nasce una conversazione che tratta temi come l’identificazione tra il papa e il volere divino, sulla quale Michelangelo esprime una sua perplessità. L’artista parla anche di se stesso, di come non senta di aver avuto né padri né maestri, rivelando contrasti familiari passati e l’orgoglio del suo patriziato fiorentino. Sembra il preludio di un opera importante, e quando i due successivamente escono dalla scena, le proiezioni li seguono, cominciano a invadere le pareti che circondano lo schermo, poi le pareti laterali della sala cinematografica, fino a riprodurci tutta la Cappella Sistina a 270 gradi, ancora vergine, senza affreschi. Con una certa emozione ci si mette in aspettativa di un racconto molto ben delineato, con tecniche che ci includono nell’ideazione Michelangiolesca con riflessioni profonde e innovative.

Giudizio Universale: grandi mezzi tecnici ed immagini coinvolgenti non compensano la scarsa introspezione dell’artista

Purtroppo da questo momento in poi la narrazione di “Giudizio Universale” avviene in maniera piatta e scontata, una semplice cronistoria, ideata per un pubblico internazionale, multiculturale e multireligioso. Ci si preoccupa di dover spiegare chi sono Adamo ed Eva e si trascura l’ideazione del Buonarroti, il suo linguaggio artistico.

Gli attori recitano in playback, i balletti sono di scarsa qualità, tutto lascia supporre che il progetto di lunga tenitura debba considerare la possibilità di sostituire gli artisti in scena in rappresentazioni future. Alcune idee visuali emozionano, per esempio il parallelepipedo luminoso che rappresenta il blocco marmoreo nel quale Michelangelo vede con i suoi “occhi interni” l’opera che andrà a creare; il sipario trasparente che diventa un secondo schermo nel quale proiettare immagini che insieme a quelle proiettate sullo schermo di fondo creano una tridimensionalità che circonda gli artisti sulla scena; e come non apprezzare il braccio meccanico invisibile che fa danzare e volare l’artista mentre esegue i suoi cicli pittorici sulle pareti della Sistina.

Michelangelo dopo 30 anni incontra nuovi papi, Paolo III e Clemente VII, finalmente dipinge il Giudizio Universale. Ci troviamo di fronte a uno dei più grandi capolavori artistici di tutti i tempi. Scelte artistiche, linguaggio intrinseco all’opera, considerazioni del colto artista toscano su temi religiosi come il potere spirituale e quello temporale della chiesa sono del tutto trascurati. Ci si accontenta di un racconto compilativo e pregevoli effetti speciali. É in questo momento che ci si rammarica che non si sia osato di più, con approfondimenti maggiori, come quelli dati all’inizio dello show, si sarebbe creata un’opera a tutto tondo capace di gratificare tutti gli spettatori, con molteplici piani di lettura.

Grande attenzione alla musica e agli artisti coinvolti nella colonna sonora

Ottima è stata l’idea di reclutare un grande talento come John Metcalfe nell’esecuzione della colonna sonora, compositore, violinista, esperto di musica pop ed elettronica; è stato capace di accompagnare egregiamente lo svolgersi degli eventi con molteplici linguaggi. Sinfonie classiche e ieratiche nelle scene ufficiali, come in quella del conclave, suoni stridenti e penetranti in quelle di maggior impatto come nelle coreografie dell’artista che vola con il suo pennello.

Si termina con la morbida e avvolgente voce di Sting che ci accompagna all’epilogo con il suo “Dies Irae” del XIII secolo, cantato in latino, con orchestra da camera e coro di 80 elementi.

Marco Marchetti

19/03/2018

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