Biutiful: la malattia del corpo e dell’anima in un film doloroso e cupo ben diretto e interpretato
Regia: Alejandro Gonzalez Iñárritu – Cast: Javier Bardem, Maricel Alvarez, Eduard Fernandez, Diaryatou Daff – Genere: Drammatico, colore, 140 minuti – Produzione: Spagna, 2010 – Data di uscita: 4 febbraio 2011.
Scordatevi la Barcellona festaiola e glamour del Barrio Gòtico e del Raval, di Gaudì e del Camp Nou. In “Biutiuful”, ultima fatica del messicano Iñárritu, la cornice è il quartiere di Santa Coloma, livido, sporco ed abitato da un’umanità di lavoratori clandestini, ammassati in appartamenti fatiscenti o peggio in scantinati freddi e putridi. È qui che vive Uxbal padre di due bambini, con una ex moglie, vagamente mignotta e alle prese con alcolismo e crisi depressive.
Uxbal lavora a stretto contatto con cinesi e senegalesi, di cui è una specie di caporale, pagando la polizia per proteggerli, ma al tempo stesso sfruttandone il lavoro. Non ha mai superato il trauma di essere cresciuto senza genitori e si ritrova un solo fratello cocainomane e puttaniere. Quando gli viene diagnosticato un male incurabile deve fare i conti una volta per tutti con il suo passato e con quello che accadrà senza di lui.
Dopo aver descritto in giro per il mondo storie dalla struttura narrativa talvolta eccessivamente complessa, Iñárritu, stavolta, racconta in maniera lineare la vicenda di un uomo contraddittorio e imperfetto, ma con un grande attaccamento verso la prole, perseguitato dalla malattia dapprima con ostinato rifiuto, progressivamente come dolorosa ed inevitabile espiazione dei suoi tanti sensi di colpa.
Javier Bardem regala una magistrale interpretazione riuscendo, anche grazie alla macchina da presa di Iñárritu, sempre a pochi centimetri dal suo corpo, a far emergere tutte le sfumature di un personaggio irrimediabilmente malato nell’animo e nel fisico, eppure dotato di una personalissima spiritualità che gli rende possibile parlar con le anime dei morti, ed ossessionato dall’idea di lasciare i figli soli al mondo e di esserne in seguito dimenticato così come era successo a lui.
Da sfondo alla vicenda la tragica esistenza degli immigrati clandestini, che a Barcellona, come in tutte le grandi città occidentali, vengono sfruttati e muoiono nell’assoluta indifferenza, sradicati dalle loro culture, senza possibilità alcuna di integrarsi con il mondo occidentale prima tanto agognato.
Una pellicola assai dolorosa e cupa, ma in un certo senso catartica e comunque lontana da una mera pornografia dei sentimenti che un soggetto del genere poteva generare.
Ps: Per scongiurare possibili tracolli emotivi si consiglia, in ogni caso, di tenere a portata di mano la filmografia completa di Frank Capra.
Vassili Casula