Debutto in grande stile per Jason Buxton, al suo primo lungometraggio, che propone un racconto realistico e appassionato
Regia: Jason Buxton – Cast: Connor Jessup, Alexia Fast, Mike Buie, Alex Ozerov, Tanya Clarke – Genere: Drammatico, colore, 103 minuti – Produzione: Canada, 2012.
“Blackbird”, opera prima di Jason Buxton, è uno dei film più belli del Festival del Film di Roma 2012, presentato in concorso nella sezione parallela ed autonoma Alice nella città.
È la storia di Sean Randall, un adolescente schivato dalla maggior parte dei compagni di scuola per l’abbigliamento inusuale, un po’ punk, e il piercing.
Vive col padre, Ricky, che se ne occupa con amore, dopo che la madre e il suo secondo marito l’hanno allontanato da loro e dalla piccola sorellastra, che a Sean manca tanto. Il passaggio dalla vita cittadina a quella nel piccolo centro immerso nella campagna è un duro colpo per Sean, che passa dall’essere uno fra tanti, come in ogni grande città, a catalizzare l’attenzione degli ‘omologati’, che vedono in lui un pericolo da allontanare.
Dietro all’immagine da duro, si nasconde invece un bravo ragazzo, molto dolce, che cerca di affermare la sua identità e trovare il suo spazio, senza per questo dover scendere a compromessi o rinnegare le sue convinzioni.
Vessazioni ed equivoci fanno pendere sul ragazzo l’accusa di aver pensato di organizzare una strage simile a quella tristemente nota della Columbine, portandolo dritto dritto in una cella carceraria.
Buxton, forte di una grande esperienza sul campo lunga quasi vent’anni, in cui ha realizzato diversi corti e affiancato, come aiuto-regista, artisti del calibro di James Cameron e Lasse Hallstrom, dimostra grande padronanza della macchina da presa, e una notevole maturità narrativa (difatti anche la sceneggiatura è opera sua).
Con disinvoltura e abilità il regista parla di temi forti quali l’accettazione del diverso, l’innamoraramento, l’amicizia, e soprattutto il desiderio di coerenza e onestà con se stessi, che supera la voglia di omologazione e di identità nel gruppo, a discapito anche della propria libertà personale, sacrificabile per Sean, pur di rimanere fedele alla verità.
Un altro dei temi trattati è la psicosi di gruppo che avvolge la comunità in cui vive Sean, che, al solo pensare alla Columbine, condanna il ragazzo, senza sincerarsi che le accuse siano fondate.
Il cast di giovanissimi è ottimo, e ogni personaggio, con la sua storia, porta sullo schermo qualcosa di interessante.
“Blackbird” dovrebbe essere proiettato nelle scuole, la sua forza riuscirebbe a coinvolgere anche lo studente più apatico.
Maria Grazia Bosu