Recensione
My Dear Prime Minister – Recensione: un pregevole capolavoro boollywoodiano tra temi sociali e spirito di gruppo
Con una produzione bulimica di circa mille film l’anno la cinematografia indiana non poteva non aver generato tante di quelle maestranze e figure professionali elevate che fanno sicuramente la differenza. Vedendo “My Dear Prime Minister” si ha la sensazione che tutto sia stato ideato, realizzato e curato in maniera professionalmente perfetta.
Si tratta di una storia ambientata in uno slum di Mumbai, dove la vivacità dei mille colori e dei cieli azzurri non mitiga la presenza di spazzatura sparpagliata sul suolo o emergente da interrature precedenti.
In un minuscolo appartamento vive Sargam, interpretata dalla bellissima Anjali Patil e il suo vivace figlio di otto anni Kahnu (Om Kanojiya). Tutta la vicenda ruota intorno all’atto della defecazione, sembra un tema basso, ma in India centinaia di milioni di individui espletano questa funzione corporea all’aria aperta, non possedendo un bagno nella propria abitazione.
Le donne si riuniscono in gruppo, è una forma di socializzazione ma anche di difesa, di fatto statisticamente la metà degli stupri avviene durante quel frangente. É quello che succede a Sargam, ed è quello che spinge il suo intraprendente figliolo a impegnarsi con caparbietà affinché lo slum di Gandhi Nagar, sia dotato di servizi igienici, arrivando a scrivere una lettera al Primo Ministro Indiano e a consegnarla personalmente.
My Dear Prime Minister: un film intelligente di respiro internazionale
“My Dear Prime Minister” è una produzione che ha l’obiettivo di una distribuzione planetaria senza voler trascurare l’esito di pubblico nella propria nazione ed il regista Rakeysh Omprakash Mehra è riuscito a realizzare un’opera che sicuramente riuscirà nei due intenti. C’è molta Bollywood, con canzoni e balli di gruppo, ma sono sempre contestualizzati. Nello slum si organizza una festa dei colori e gli abitanti della baraccopoli vi partecipano con entusiasmo, i testi delle canzoni sono pertinenti alla trama e mai risultano noiosi per lo spettatore occidentale, i ritmi indiani sono perfettamente mixati con sound africani e set di tamburi battenti, il volume alto in sala contribuisce a trasmettere l’entusiasmo dei protagonisti.
Il regista cura anche soggetto e sceneggiatura insieme a Hussain Dalal e Manoj Mairta, con idee intelligenti ed anche profonde; tratta temi sociali come la gestione dell’acqua, la già citata mancanza di servizi igienici negli slum, l’attenzione alle malattie sessualmente trasmissibili e l’abuso di potere di alcuni esponenti della polizia, ma sa anche rappresentare con capacità la gioia e l’esuberanza di Kahnu e dei suoi tre amici nelle loro avventure quotidiane. Uno degli aspetti più coinvolgenti di questo meraviglioso lungometraggio risiede nel fatto che questi ragazzi sono spontanei, divertenti, coraggiosi, inventivi ma tenaci nel perseguire i loro scopi, che sono dettati dall’amore e dallo spirito di solidarietà. Commuovono spesso con le loro azioni altruiste e altrettanto commuove osservare le modalità con le quali Pappu (Niteesh Wadhwa), un ragazzo che vive nello slum, corteggia Sargam. Dopo l’abuso subito, le consiglia e l’accompagna a dei controlli medici con una delicatezza e una vicinanza da manuale.
My Dear Prime Minister: tecniche cinematografiche sempre all’altezza accompagnano le varie situazioni della trama
Le scene d’azione nei vari contesti sono sempre rese al meglio dalle tecniche di ripresa, nelle corse dei nostri piccoli eroi per le viuzze dello slum, nelle scene di ballo delle feste dei colori in cui la camera riprende la scena globalmente per poi concentrarsi su Sargam, ruotarle intorno ed esaltare l’eleganza delle sue movenze, nelle riprese dall’alto che drammaticamente descrivono la miseria della baraccopoli, tanto quanto l’eleganza dei grattacieli al di là della baia di Mumbay, nei quali ogni appartamento è dotato di ben due bagni.
Si potrebbe continuare ad elogiare tutte le altre figure del cast tecnico che hanno curato costumi, scenografia e fotografia, i montatori che hanno fatto un lavoro perfetto, si potrebbe ribadire cioè che “My Dear Prime Minister” è un prodotto confezionato ad arte. Si potrebbe anche evidenziare che a parte un singolo episodio di violenza, tutto è troppo perfetto nelle vicende raccontate, che il plot ha uno sviluppo da commedia a lieto fine un po’ troppo tradizionale. Ma si tratta di un musical, non un melò, lo scopo è divertire e trasmettere buoni sentimenti, diversi temi sociali sono trattati e soprattutto non si è trascurato lo scopo principale di questa meravigliosa forma d’arte che è il cinema, ossia l’intrattenimento.
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: Mere Pyaare Prime Minister
- Regia: Rakeysh Omprakash Mehra
- Cast: Anjali Patil, Makrand Deshpande, Rasika Agashe, Sonia Albizuri, Niteesh Wadhwa, Jigyasa Yaduwanshi, Nachiket Purnapatre, Om Kanojiya, Adarsh Bharti, Syna Anand, Prasad, Atul Kulkarni, Neela Mulhekar, Firdaus Mevawalla, Kavita Pias
- Genere: Commedia drammatica, colore
- Durata: 105 minuti
- Produzione: India, 2018
“My Dear Prime Minister” è un film diretto da Rakeysh Omprakash Mehra, presentato in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2018.
My Dear Prime Minister: Bollywood impegnata nel sociale
A Gandhi Nagar, una baraccopoli di Mumbai che deve il suo nome al Mahatma Gandhi, vive Kannu, un bambino di otto anni, insieme a Sargam, la sua mamma single.
In questo luogo dove si vive di poco, non mancano beni di consumo come la televisione satellitare, internet, o gli smarthphone; si è tuttavia costretti a rinunciare ai normali servizi igienici. Molto spesso le donne, se hanno necessità di evacuare, devono uscire al buio e da sole. In una situazione del genere si trova Sargam, che durante la notte ha necessità di soddisfare i propri bisogni e sola e indifesa viene violentata.
Da questo momento in poi il piccolo Kannu ha un unico pensiero: costruire un gabinetto
per proteggere sua madre e tenerla al sicuro. Il bambino farà di tutto per realizzare il suo progetto.