L’uomo dal cuore di ferro – Recensione: ascesa e caduta di uno dei più sanguinosi gerarchi nazisti
Con “L’uomo dal cuore di ferro” il regista francese Cédric Jimenez fa un parto gemellare: il film è costruito su due linee narrative che culminano entrambe con l’attentato, ordito della resistenza Cecoslovacca, contro Reinhard Heydrichn, detto anche “Il macellaio di Praga”.
Come fossero due racconti a sé stanti, il primo ripercorre le vicende che portarono Heydrich a diventare uno dei più spietati ufficiali al comando di Hitler, il secondo, invece, descrive l’organizzazione dell’attentato da parte di due giovani paracadutisti.
Una divisione così netta e manichea della sceneggiatura riduce le possibilità di un’analisi approfondita del male, da una parte, e del bene, d’altra. Se, infatti, risulta interessante il doppio punto di vista con il quale si ripercorrono a ritroso i fatti – i primi fotogrammi della pellicola sono dedicati al tentativo di assassinio – meno riuscita sembra invece la ricostruzione dei motivi, delle pulsioni e degli ideali, che muovono i personaggi.
L’uomo dal cuore di ferro: una storia incredibile per un film che non lascia il segno
Jan e Jozef riuscirono in un’impresa impossibile: colpire un gerarca nazista nel momento di massima salute del regime instaurato da Hitler. Lo spaventoso sistema dalla croce uncinata che i due giovani riuscirono ad aggirare, non appare in tutta la sua terrificante invasività e l’eroismo declinato in maniera spicciola depotenzia l’evento che invece ha una dimensione, a dir poco, storica.
Anche nella vita del terribile Heydrich la descrizione della banalità del male lascia troppo spazio alla banalità, ritagliando una collocazione, più superficiale che interiore, all’umana malvagità.
Jimenez sembra voglia mescolare le nefaste e orribili vicende della Germania nazista con una dialettica da thriller-action. Il risultato però non porta a un equilibrio apprezzabile e il materiale che si intendeva amalgamare lascia dei vuoti, soprattutto nella caratterizzazione degli uomini e delle donne che intrecciano i loro destini nel film.
“L’uomo dal cuore di ferro” è una pellicola, senza dubbio, scorrevole e con certa dose di tensione; ma soprassiede con troppa disinvoltura su alcuni momenti fondamentali dell’intreccio e presta il fianco allo stereotipo. Il nazismo è stato raccontato in diverse forme e in diversi film indimenticabili, tra i quali sarà difficile collocare “L’uomo dal cuore di ferro”, nonostante si faccia portavoce di una storia incredibile.
Riccardo Muzi
Trama
- Titolo originale: The Man with the Iron Heart
- Regia: Cédric Jimenez
- Cast: Jason Clarke, Rosamund Pike, Mia Wasikowska, Jack O’Connell (II), Jack Reynor, Thomas M. Wright, Enzo Cilenti, Geoff Bell, Noah Jupe, Barry Atsma, Volker Bruch, Adam Nagaitis
- Genere: Thriller, colore
- Durata: 119 minuti
- Produzione: Francia, USA, Gran Bretagna, Belgio, 2017
- Distribuzione: Videa
- Data di uscita: 24 gennaio 2019
Dall’acclamato romanzo “HHhH“, “L’uomo dal cuore di ferro” segue la storia vera di uno dei più crudeli gerarchi della Germania nazista: Reinhard Heydrich, assassinato nel 1942 da due eroi della Resistenza.
L’uomo dal cuore di ferro: la crudeltà fatta uomo
Reinhard Heydrich è un uomo talmente crudele e senza scrupoli, che Hitler stesso lo ribattezza “l’uomo dal cuore di ferro”. Questo personaggio rappresentava il fiore all’occhiello del potere militare tedesco e la sua fama di assassino spietato si diffuse prima in tutta la Germania e poi nel resto d’Europa, così da essere individuato dalla Resistenza come un bersaglio da attaccare, per far cedere dalle fondamenta la solida struttura del Terzo Reich.
Winston Churchill e il presidente della Cecoslovacchia Edvard Benes scelsero quindi due paracadutisti Jan Kubis e Jozef Gabcik, uno ceco e uno slovacco, per portare a termine la grande missione di eliminare lo spietato Heydrich nel 1942.
L’uomo dal cuore di ferro: la storia vera di una missione che ha cambiato la storia
A rendere noti i giochi di potere e gli stratagemmi responsabili dell’assassinio del gerarca Heydrich è lo scrittore francese Laurent Binet, che nel 2010 pubblica l’ormai best-seller “HHhH”. Binet racconta minuziosamente i caratteri enigmatici e contraddittori del braccio destro di Himmler, noto per essere animato da una diabolica ferocia che gli aggiudica gli appellativi di Bestia bionda e di Macellaio di Praga. Forte delle sua abilità da stratega e per la sua arguzia, Heydrich si affermò facilmente in politica con il Protettorato di Boemia e di Moravia, la sua fu però un’ascesa destinata a conoscere una tremenda caduta: l’offensiva della Resistenza con l’Operazione Antropoide segnò infatti la sua fine.