Recensione
Antropocene – L’epoca umana – Recensione: un progetto multimediale, capitolo finale di una trilogia scientifica iniziata nel 2006
“Si definisce Antropocène l’epoca geologica in cui, l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana” cit. Treccani.
Parte da questa complessa definizione il docufilm firmato dal duo di registi canadesi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier coadiuvati dal fotografo Edward Burtynsky, già presentato con successo al Toronto Film Festival nel 2018 e passato in seguito al Sundance e alla Berlinale.
Il film inizia con le immagini drammatiche di un incendio. Quando il fumo si dirada appare ciò che resta di mucchi di avorio recuperati dai bracconieri in Kenya, che stanno decimando da sempre gli elefanti per arricchirsi. Quello che segue durante la proiezione è un viaggio nel mondo tra sei continenti e venti paesi, deturpati dalla presenza dell’uomo in differenti modi. Si va in Siberia in quella che è definita la città del nichel per passare velocemente alla nostra Italia e più precisamente a Massa Carrara da sempre nota per le cave di marmo. Il panorama è devastato dalle macchine come quello del paesino tedesco di Immerath, dove per far posto alla miniera di lignite, si distruggono case e chiese nonostante le proteste degli abitanti.
I passaggi successivi sono le barriere cinesi costruite sulla costa per far fronte al sempre più crescente innalzamento dei mari causato dai velocissimi cambiamenti climatici.
Le immagini di grande potenza parlano da sole e non necessitano di alcun commento. La chiave di lettura scelta dai registi è quella di far sentire solo la voce narrante di Alba Rohrwacher e in versione originale di Alicia Vikander. Del resto, non c’è bisogno di molte parole per descrivere lo scempio che stiamo facendo di madre natura.
Il documentario è diviso in capitoli, che corrispondono ai diversi luoghi narrati. Il fine è quello di far capire allo spettatore cosa lo aspetta nei prossimi anni. Per evitare un’emergenza climatica imminente bisognerebbe azzerare entro il 2025 le emissioni di anidride carbonica. Questo, per evitare un “apartheid climatico” che colpirebbe inevitabilmente i paesi più poveri, anche se spesso ricchi di risorse naturali.
“Antropocene – L’epoca umana”, un film di denuncia con un impatto visivo straordinario
Non è una pellicola semplice quella canadese e potrebbe sembrare ostica per chi è lontano dal mondo della scienza, per la scelta di usare parole complesse nella narrazione. Eppure, il messaggio arriva forte e chiaro grazie alla maestria dei registi e al prezioso contributo del fotografo canadese Edward Burtynsky noto per le sue immagini di paesaggi, che hanno dato vita a un progetto a 360° affascinante e semplice nella sua complessità.
“Antropocene – L’epoca umana”, distribuito da Fondazione Stensen e Valmyn, si avvale del sostegno di Extinction Rebellion Italia, Friday for Future Italy, Greenpeace Italia, Associazione Italia Giovani per l’UNESCO e #Unite4Earth.
Stefano Mazzola
Trama
- Regia: Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky, Nicholas de Pencier
- Cast: Alicia Vikander
- Genere: Documentario, colore
- Durata: 87 minuti
- Produzione: Canada, 2018
- Distribuzione: Fondazione Stensen e Valmyn
- Data di uscita: 19 settembre 2019
“Antropocene – L’epoca umana”, dopo “Manufactured Landscapes” (2006) e “Watermark” (2013), è la chiusa di una trilogia di documentari che analizza l’impatto delle attività umane sul nostro pianeta terra. Questo lungometraggio realizzato dai registi Jennife Baichwall e Nicholas De Pencier, assieme al fotografo Edward Burtynsky, segue le tesi dell’Antropocene Working Group che, dopo 10 anni di ricerca, sostiene come gli ultimi 10.000 anni costituiscano un’era geologica vera e propria in cui l’uomo ha modificato la Terra mai come prima e molto di più rispetto ai fenomeni naturali.
Antropocene – L’epoca umana: il braccio violento dell’umanità
Un vaggio durato quattro anni ed attraverso sei continenti , in 43 luoghi e 20 diversi paesi, narrato dalla voce di Alicia Vikander che illustra come l’uomo sta cambiando in maniera irreversibile questo pianeta.
L’epoca geologica conosciuta come Olocene ha avuto inizio dopo l’ultima era glaciale, 11.700 anni fa ed alcuni scienziati hanno ipotizzato che questa epoca abbia ceduto il passo ad una nuova era, l’Antropocene appunto, che definisce il tempo in cui viviamo attualmente e in cui l’uomo è centrale ed ha ridefinito la morfologia del territorio, influenzandone clima e vita.
Una situazione limite in cui l’intervento sta diventando sempre più irresponsabile ed incisivo, tra urbanizzazione selvaggia, sfruttamento intensivo del suolo, deforestazione ed inquinamento.
Passiamo così dalle pareti di cemento in Cina che coprono il 60% della costa continentale per contrastare l’innalzamento dei mari, l’acqua alta a Venezia anche essa fenomeno metereologico, alle più grandi macchine terrestri costruite in Germania, alle miniere di potassio della Russia, alla barriera corallina in Australia, a surreali stagni di evaporazione del litio nel deserto di Atacama, fino ad arrivare a Carrara ed alla escavazione sempre più aggressiva nelle cave di marmo.
Antropocene – L’epoca umana: non una denuncia, ma una presa di coscienza
Un’immagine evocativa che apre e chiude il documentario: le zanne che in Kenya vengono accatastate per essere bruciate dopo averle sequestrate ai bracconieri di elefanti, che uccidono senza pietà per l’avorio da commercializzare sui mercati asiatici.
Intanto ad Hong Kong, in un laboratorio, si lavora avorio per ottenere oggetti di vario tipo, in un procedimento che può richiedere anni di lavorazione, ma stavolta con avorio di provenienza legale, dal momento che arriva dalla Siberia e dai ghiacci che si sciolgono restituendo resti di antichi Mammuth.
Fatti che sembrano apparentemente slegati, collegati dagli autori per generare grande consapevolezza, ma immagini che hanno dato luogo anche a diverse polemiche sull’inserimento ad esempio delle cave apuane, definito da Confindustria come un “errore grossolano e illogico” pur essendo considerato dalla distribuzione della pellicola uno dei passaggi visivamente più emozionanti ed interessanti.
Il film verrà distribuito in Italia da Fondazione Stensen e Valmyn e l’intero progetto si trasformerà in mostra, che debutterà in autunno all’Art Gallery of Ontario ed alla National Gallery of Canada, per poi migrare in Italia negli spazi del MAST di Bologna.