Deludente opera prima quella di Michael Brandt, che svanisce dalla mente prima ancora della fine dei titoli di coda
Regia: Michael Brandt – Cast: Topher Grace, Richard Gere, Stephen Moyer, Stana Katic, Odette Yustman, Martin Sheen – Genere: Thriller, colore, 98 minuti – Produzione: USA, 2011 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 9 marzo 2012.
Senza infamia e senza onore potremmo definire “The Double”, spy story post guerra fredda priva di qualsiasi slancio narrativo, e solo ed esclusivamente per il rispetto dovuto ad un attore di rango come Richard Gere non ci spingiamo oltre.
L’opera prima di Michael Brandt, già sceneggiatore di “2 Fast 2 Furious” e “Wanted” assieme a Derek Haas, è priva di mordente! Al film manca proprio la struttura atta a sostenere quella via di mezzo tra thriller e giallo che vuol essere.
Un agente della CIA in pensione, Gere, viene affiancato ad un giovane poliziotto dell’FBI, Grace, per indagare sulla morte di un senatore degli Stati Uniti, in quanto è probabile che l’assassino sia un noto terrorista sovietico creduto morto da tempo.
Lo spunto non è male, peccato che dopo solo quindici minuti Brandt si giochi l’unico colpo di scena della vicenda, svelare l’identità del terrorista ricercato, non riuscendo però a creare in seguito quella giusta tensione necessaria a tenere vivo l’interesse dello spettatore, che si ritrova a subire lo scorrere sullo schermo di sequenze frammentarie e al limite della noia.
Se non ti chiami Alfred Hitchcock attendi all’ultimo prima di svelare l’unico punto misterioso della vicenda, oppure riguardati i tv-movie de “Il Tenente Colombo”, che svelavano l’identità del colpevole dalle prime immagini e costruivano la sceneggiatura sull’indagine del grande Falk, talmente bene che spesso ci si dimenticava di sapere chi era il colpevole.
Non basta menzionare la Guerra Fredda, e parlare di spie, o di atriti tra agenzie governative americane per realizzare un film di spionaggio degno di essere chiamato tale, e che peccato sprecare attori bravi per un film così mediocre.
Maria Grazia Bosu