Recensione
La donna dello smartphone – Recensione: una vita messa a nudo dai filmati di un telefono cellulare
Un uomo anziano e sofferente trova uno smartphone su uno dei ponti sul Tevere e, incuriosito, cerca di conoscere la proprietaria attraverso i filmati che contiene. Fabio Del Greco sceglie una narrazione frammentaria per raccontare uno spaccato della vita di una donna che si trasferisce da un piccolo paesino del Sud Italia fino a Roma per poter lavorare come insegnante. Per il cineasta indie è una nuova opportunità per proporre una storia di disagio e alienazione, a tratti emotivamente violenta.
I filmati si susseguono sullo schermo mostrando la difficoltà dell’integrazione, le molestie verbali, a volte rasenti il razzismo, che la donna deve subire, soprattutto nell’ambiente di lavoro. Ma “La donna dello smartphone” è anche uno sguardo più ampio al disagio sociale della città, soprattutto in quegli ambienti ai margini, non solo geografici, della capitale.
La donna dello smartphone: disagio e alienazione di valenza universale
Il film è una girandola di personaggi e situazioni disparate, una sorta di carnevale emotivo che mostra gli alti e bassi della donna, tra serate alla scoperta della città eterna e difficoltà nel relazionarsi quotidianamente con chi, di volta in volta, le si avvicina.
Ogni momento ha quella brevità propria di un filmato da telefonia mobile, seppur ad essi si alternino filmati in digitale, propri di un girato cinematograficamente più usuale. Si susseguono sullo schermo anime e personalità differenti, e a ciascuno viene riservata una parola, una frase, che identifica forse il sentire del regista su quest’umanità affannata.
Se il ritrovamento dello smartphone rimane solo un espediente narrativo iniziale attraverso il quale introdurre lo spettatore alla vita della protagonista, che in vero viene poi narrata anche con riprese tradizionali, è altrettanto vero che limitarsi ai soli filmati presenti sulla memoria telefonica, seppur complesso drammaturgicamente, si sarebbe prestato a una maggiore sperimentazione filmica. L’alternanza del punto di vista fa da collante all’evolversi delle vicende della protagonista ma ne impoverisce la struttura.
La forza del film sta nello sconforto che riesce a comunicare, attraverso lo sguardo quasi ingenuo della protagonista, che ben racconta la difficoltà di un paese a rimanere a galla, a trovare una coesione interna. “La donna dello smartphone” non è un film da ‘poc-corn e coca’, la sua costruzione può essere meglio apprezzata dagli amanti del cinema indipendente e sperimentale.
Maria Grazia Bosu
Trama
- Regia: Fabio Del Greco
- Cast: Chiara Pavoni, Silvana Porreca, Mariagrazia Casagrande, Hanad Sheik
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 87 minuti
- Produzione: Italia, 2020
- Distribuzione: Monitore Film
- Data di uscita: 5 marzo 2020
“La donna dello smartphone” è un film indie di Fabio Del Greco che accosta filmati ripresi con un cellulare a riprese in alta definizione.
La donna dello smartphone: una vita raccontata attraverso uno schermo
Un uomo anziano in difficoltà trova per caso uno smartphone abbandonato per strada. Curioso, cerca di capire a chi appartenga e si ritrova in questo modo a ripercorrere le vicende di una misteriosa donna trasferitasi a Roma da un paesino del Sud per lavorare come insegnante.
Da quel che si evince dai filmati presenti nel cellulare, la donna vive un’esperienza terribile a Roma, città straniante che non la accoglie e, anzi, sembra rigettarla come un corpo estraneo.
Il film sceglie di raccontare una realtà intrisa di disagio sociale, dalle rivalità sul luogo di lavoro, che possono trasformarsi addirittura in bullismo, alla situazione nelle borgate della capitale italiana.
Cast e produzione
Fabio Del Greco è un cineasta famoso nei circoli indie con una predilezione per storie drammatiche e profondamente stranianti, quasi kafkiane. Le sue pellicole più apprezzate sono “Mistero di un impiegato” (2019), “Altin in città” (2017) e “Io sono Nulla” (2015).