Recensione
The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair: l’horror prima di Youtube
A gennaio del 1999 venne presentato al Sundance Film Festival “The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair”, un presunto documentario realizzato con le riprese-spazzatura di tre giovani studenti di cinema smarriti un anno prima in un bosco del Maryland.
La campagna promozionale presentò il lungometraggio come “ultimo avvistamento” dei ragazzi, che stavano a loro volta realizzando un documentario sulla leggendaria strega di Blair, antico (e fittizio) nome coloniale della piccola cittadina di Burkittsville, MD.
Gli attori furono presentati come “morti” o “smarriti”, e ci volle parecchio tempo prima che il pubblico si rendesse conto che si trattava di semplice finzione.
Snuff, found footage e horror indipendente
I registi, Daniel Myrick e Eduardo Sanchez, ovviamente non avevano tra le mani la testimonianza di una misteriosa sparizione. Quello del found footage, la “ripresa ritrovata”, fu per loro soltanto un espediente narrativo che, unito all’aggressiva campagna promozionale (si disse che la produzione avrebbe cercato di sensibilizzare sulla scomparsa dei giovani protagonisti), diffuse nel pubblico l’illusione di un vero documentario su eventi raccapriccianti ai confini della normalità.
Non si trattava, peraltro, di una tecnica nuova: un primo uso del found footage si può già rinvenire nell’agghiacciante cult di Ruggero Deodato, “Cannibal Holocaust” (1980), capolavoro internazionale del sottogenere (molto italiano) degli horror sui cannibali. Il film, censurato in Italia e molte nazioni e collocato già all’epoca chiaramente al di fuori del confine della condivisa etica professionale, ricevette l’infame qualifica di snuff quando si diffuse l’idea, falsa, che fossero stati davvero uccisi degli attori per realizzarlo (infausta sorte che toccò a numerosi animali della foresta, ma che risparmiò gli esseri umani). Deodato finì anche brevemente in galera a seguito del rilascio nelle sale del suo film.
Senza che questi estremi siano stati raggiunti, “Il mistero della strega di Blair” sfruttò e canalizzò quella che per “Cannibal Holocaust” fu pubblicità inattesa e indesiderata. Non vediamo nessuno morire durante il film, ma in un crescendo di tensione che procede geometricamente verso l’enigmatico finale siamo costretti a guardare tre giovani perdere la luce della ragione assieme a ogni speranza di sopravvivenza, e l’eredità macabra della sottocultura dell’horror underground degli anni Ottanta/Novanta si fa avvertire nell’uso di veri denti umani (offerti, pare, da un dentista) e di verosimili brandelli di carne.
The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair: video o film?
L’idea di fondo, semplice, fu quella di raccogliere gli stimoli dell’horror di fine millennio (iper-violento, iper-sanguinolento, meno colorato, molto auto-riflessivo) e trasporli in un formato economico e facilmente pubblicizzabile. L’opera doveva essere realistica, al punto da lasciare lo spettatore nel dubbio sulla sua veridicità, e il formato tale da essere sostanzialmente replicabile. Non un film insomma, ma un video, in un periodo della storia delle tecnologie recenti in cui le videocamere a basso costo (e bassa qualità) cominciavano a essere facilmente reperibili.
CP-16 e Hi8: ecco gli ingredienti fondamentali di questo horror a bassissimo budget che resta oggi campione nella storia del cinema per rapporto tra incassi e costi di produzione. Ma quello che stupisce non è in sé il successo di un’opera indipendente, circostanza ricca di gloriosi precedenti nella storia dell’horror (da Romero a Raimi, per citare solo alcuni noti registi), quanto la capacità di Sanchez e Myrick di cavalcare l’onda di quel sentimento postmoderno proprio di tanta parte del cinema degli anni Novanta. Della strega di Blair ci si chiese soprattutto se avesse davvero ucciso i tre giovani, nonostante le proteste della cittadinanza di Burkittsville, e si ignorarono perlopiù i meriti artistici del video/film, pure presenti: dalla geometria “sbilanciata” delle tre parti che lo compongono, alle ambientazioni sinceramente inquietanti, all’uso sapiente degli oggetti di scena.
Tra la fine del millennio e l’avvento di Youtube: una breve finestra
I tempi erano certamente propizi: la rete cominciava a diffondersi, e con lei anche le fondamentali domande che fino a oggi affliggono, nel bene e nel male, chi ne fruisce. La natura della supposta “verità” fu messa a dura prova già prima dei ruggenti Anni Zero (quelli, per intenderci, dell’esecuzione di Saddam trasmessa in tutto il pianeta, dei video di Osama Bin Laden e dell’America di Bush). Ma fu necessaria anche una certa dose di “tempismo”. Nel 2005 nacque Youtube, la piattaforma di condivisione che avrebbe reso facilissimo condividere immagini senza dover passare per una sala cinematografica. Oggi, un’operazione come quella di Sanchez e Myrick non potrebbe reggere alla prova istantanea di Google, dubbio strumento di verifica sull’eventuale stato di salute dei protagonisti. In questo senso, possiamo dire che “The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair” rimane un grande testamento degli anni Novanta e un fondamentale punto di ingresso nel nuovo millennio.
Non che non ci siano stati seguiti, talvolta meritori: basti pensare a “Paranormal Activity” (O. Peli, 2007) o a “Cloverfield” (J. J. Abrams, 2008). Ma sembra che la passione per lo snuff sia andata progressivamente esaurendosi negli anni Dieci, chiudendosi in una parabola trentennale che va da Deodato al (forse insostenibile) “A Serbian film” (2010) di Spasojević. La strega di Blair rimane così ancipite, tardiva rispetto a un secolo ed effimera per un altro, inizio e fine di cicli diversi. Benvenuti nel Duemila.
Lorenzo Maselli
Trama
- Titolo originale: The Blair Witch Project
- Regia: Daniel Myrick, Eduardo Sánchez
- Cast: Heather Donahue, Joshua Leonard, Michael C. Williams, Bob Griffith, Jim King, Sandra Sánchez, Ed Swanson, Patricia DeCou, Mark Mason, Jackie Hallex
- Genere: Horror, colore
- Durata: 87 minuti
- Produzione: USA, 1999
“The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair” è un film diretto da Daniel Myrick e Eduardo Sánchez presentato al Sundance Film Festival nel 1999.
The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair: una buona idea
Heather Donahue, Mike Williams e Josh Leonard, nei panni di se stessi, si trovano nel 1994 nei boschi di Burkittsville, in Maryland, a girare un documentario sulla strega di Blair, vecchio nome coloniale della cittadina.
Dopo aver intervistato la popolazione locale, i tre abbandonano la macchina e cominciano a girare nella foresta, guidati da un’incerta Heather. Man mano che avanzano, i ragazzi perdono cognizione della loro posizione, e alcuni inquietanti segnali intervengono a spaventarli ulteriormente (tumuli di rocce, feticci umani in legno appesi agli alberi, etc.). Quando, infine, Josh sparisce improvvisamente, Mike e Heather si mettono alla sua ricerca, nella speranza di poterlo salvare.