Intenso, coinvolgente, sentito, il film di Daniele Ciprì, ‘Osella d’oro’ allo stesso Ciprì per la fotografia alla 69a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che ha premiato anche l’interpretazione di Fabrizio Falco, è una vera e propria opera d’arte
Regia: Daniele Ciprì – Cast: Toni Servillo, Giselda Volodi, Alfredo Castro, Fabrizio Falco, Giuseppe Vitale – Genere: Drammatico – Produzione: Italia, 2012 – Distribuzione: Fandango – Data di uscita: venerdì 14 settembre 2012.
Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo il film di Daniele Ciprì racconta una brutta storia di mafia, povertà, espedienti, ambientata nel quartiere Zen di Palermo.
Le vicende ruotano attorno alla famiglia Ciraulo, una delle tante famiglie che vive nel degrado della periferia palermitana, sbarcando il lunario grazie al lavoro di Nicola, un impeccabile Toni Servillo, una sorta di capo tribù, che provvede a moglie, figli e genitori, recuperando dal porto i metalli che si trovano in alcune navi in disuso.
Più che un lavoro una vera e propria arte dell’arrangiarsi, che comunque permette di mangiare e pagare le bollette. L’occasione per il riscatto sociale arriva con una dolorosa disgrazia, che permette alla famiglia di chiedere un risarcimento economico dallo stato. Ma si sa, chi non è abituato a maneggiare denaro, anche ritrovandoselo tra le mani, spesso non sa come spenderlo, confondendo il necessario col futile.
Ciprì, attraverso i suoi grotteschi personaggi, delinea il profondo disagio che avvolgeva, e purtroppo continua ad avvolgere, l’estrema periferia di Palermo, e non solo. Basti pensare che ancora oggi il quartiere Zen è considerato uno dei cinque quartieri più pericolosi e degradati di tutta la penisola.
Durante lo scorrere delle immagini è evidente il profondo scollamento tra lo ‘Stato’, col quale i protagonisti hanno persino difficoltà a relazionarsi, e la realtà quotidiana dei protagonisti, che sembrano appartenere a mondi diversi, quasi paralleli.
Il simbolismo di molti personaggi e di molte immagini, che da sempre caratterizza il lavoro di Ciprì, qui viene esaltato dalle vere e proprie maschere drammatiche che riescono ad essere tutti personaggi, grazie ad un cast ben assortito, all’altezza del proprio ruolo.
Per una volta, l’attore non ce ne voglia, possiamo dire che l’eccezionale bravura di Servillo non spicca, in quanto attorniata da interpreti che danno prova di impareggiabile talento, nessuno escluso. Il monologo finale di Aurora Quattrocchi/nonna Rosa, da solo vale il prezzo del biglietto.
“È stato il figlio” è la giusta risposta a chi durante la kermesse lagunare ha accusato il cinema italiano di provincialismo: Ciprì non ha bisogno di prendere lezioni di cinema da nessuno!
Maria Grazia Bosu