Il regista del film “I predatori”, Pietro Castellitto, presente in veste anche di sceneggiatore e interprete, ed esordio dietro la macchina da presa, ha presentato il film alla stampa. I predatori è stato anche presentato alla 77ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti e ha ricevuto il Premio Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura.
“I predatori”: rabbia, disagio e ironia
L’incontro stampa con Pietro Castellitto ha esplorato la varietà dei temi presenti e la profondità che permea l’intero film. “I predatori” mostra due famiglie molto diverse tra loro che si fanno portavoce di uno stesso disagio, di una serie di segreti e problematiche che li rendono molto più simili di quanto sembrino. Dopo l’anteprima a Venezia, il film sarà presentato anche ad Alice nella Città, domenica 18 ottobre 2020 alle 18.00, nell’ambito della 15ª Festa del Cinema di Roma. Uscirà invece in sala dal 22 ottobre 2020 distribuito dalla 01 Distribution.
Ecco le domande della stampa
La frustrazione è il motore del film. Qual’è la frustrazione che ti ha spinto a scrivere la sceneggiatura?
Pietro Castellitto: “sì, la frustrazione è dichiarata fin da subito come motore del film, dalla prima inquadratura. La frustrazione che mi ha spinto a scriverlo non è una sola, ce ne sono state varie. Prima di tutto la mia carriera di attore non stava andando benissimo, non di certo come speravo. Avevo bisogno di fare qualcosa e ho avuto modo di dedicarmi totalmente alla scrittura del film. Sentivo anche che il mestiere dell’attore non mi permettesse di essere libero e quindi ho deciso di sfruttare al massimo un momento della mia vita in cui non ero impegnato come attore e avevo anche il tempo materiale per poter scrivere. Iniziai a scriverlo pensando che l’avrei montato facilmente, anche se non è stato così. Paradossalmente in un certo senso sono riuscito a realizzare “I predatori” perché per alcuni anni ho smesso di fare l’attore”.
Il tuo essere attore come ti ha aiutato nella scrittura cinematografica?
Pietro Castellitto: “capita molto spesso che degli attori diventino registi o che si cimentino almeno una volta nell’esperienza dietro la macchina da presa e nella scrittura di una sceneggiatura. Credo in realtà che scrivendo io abbia imparato molto sulla recitazione, perché ero costretto a recitare ogni personaggio. Gli anni della scrittura di questo film sono stati anni in realtà anni di profonda recitazione”.
Un ottimo esordio
Tu hai scritto la sceneggiatura a ventidue anni. Hai avuto qualche difficoltà? Cosa pensi degli ostacoli che in un Paese come l’Italia ci sono nell’affermarsi, dato che si dà sempre troppo poco spazio alle opere prime?
Pietro Castellitto: “forse negli altri Paesi ci sono altre difficoltà, ci sono produttori che danno poca fiducia anche all’estero. In Italia un giovane che vuole fare un film ha dalla sua parte il non dover fare i conti con una generazione in particolare. I film dell’industria italiana sono molto simili, quindi un prodotto italiano non deve necessariamente ricercare l’originalità o la novità. È vero che ci sono molti pregiudizi e anche dei difetti che vengono tramandati nell’idea di fare un film. Come alcune tecniche su cui io personalmente non sono d’accordo, o sulla scelta, quasi obbligata, di alcuni attori”.
Quanto c’è di Pietro Castellitto nel personaggio di Federico?
Pietro Castellitto: “Federico è il personaggio più biografico del film. Passa da una grande gentilezza a un eccessivo nervosismo. Credo che Federico sia molto generoso e gentile, ma anche molto suscettibile. Quella caratteristica non mi appartiene in realtà, però se dovessi scegliere un personaggio della storia più simile a me sarebbe Federico”.
In un mondo di predatori chi sono, se ci sono, le vittime e c’è spazio per la speranza?
Pietro Castellitto: “nel film sono quasi tutti prede e predatori, forse solo i giovani, Federico da una parte e Cesare dall’altra, sono le uniche vere vittime pure della storia, nel senso che non sono predatori con nessun altro. Mentre la speranza è nella libertà, non tanto nella felicità: trovo sia un sentimento che appartiene alle pedine di una storia, la libertà è invece negli artisti, cioè nel chi scrive la propria storia ed è padrone della propria vita. In questo senso le due famiglie lottano per essere libere. Il percorso verso la libertà viene intrapreso inizialmente nella famiglia proletaria, mentre in quella borghese è più un tentativo. La speranza risiede quindi in ciò che i personaggi fanno e compiono per interrompere l’inerzia della propria vita”.
Generazioni a confronto
Lei, in una scena, fa dire a un personaggio che i giovani di oggi sono peggiori rispetto ai giovani di un tempo, una riflessione che rimane in sospeso, lei cosa pensa di questo? E invece come ha coinvolto Niccolò Contessa nella realizzazione della colonna sonora del film?
Pietro Castellitto: “Niccolò Contessa è stato coinvolto perché io l’ho sempre ascoltato, le sue canzoni mi hanno accompagnato in molti periodi della mia vita. Mi ricorda un po’ Franco Battiato, senza mai imitarlo però. Credo che Niccolò Contessa sia bravissimo e molto sincero. Nel momento in cui mi ero reso conto che in alcuni momenti del film la colonna sonora sarebbe stata fondamentale, dando un tono diverso alla scena, ho subito pensato a lui. Mentre per quanto riguarda il momento della cena, la riflessione di Federico è onesta. Lui ha la sensazione che i giovani di oggi pretendano qualcosa che i giovani di trent’anni fa invece non avrebbero mai avuto, né tantomeno preteso. Ecco che i così detti giovani di un tempo trovano folli le richieste e gli obiettivi dei giovani attuali”.
A 22 anni hai scritto il film, ma la storia sembra partire da molto prima, quando hai cominciato a raccogliere le informazioni?
Pietro Castellitto: “sì, è vero, io a 22 anni l’ho scritto, poi nella correzione ho fatto un lavoro di sottrazione, ma la struttura narrativa e tutti i personaggi sono rimasti gli stessi delle prime stesure. Trovo che “I predatori” sia come un contenitore che mi permette di esprimere più temi, credo che le opere prime siano anche questo, dei testamenti. Ci sono alcuni eventi che mi sono accaduti prima, ma lo spirito ironico del film è il mio, non è nato a 22 anni, l’ho sempre avuto. Guardandomi indietro a quell’età vedevo un mare di contraddizioni, ed è venuto naturale inserirle nel film, mettendo insieme più ambienti, più situazioni e più generi”.
I predatori: un livello universale
Quanto il film La guerra lenta di Ludovica Pensa, e quindi il film nel film può essere definito la vera essenza de “I Predatori”?
Pietro Castellitto: “la guerra lenta è un po’ il classico film di una regista affermata che realizza una pellicola sul passato tentando per l’ennesima volta di mettere in scena un disagio e una visione del mondo autentici. La stessa che voleva trasmettere quando era giovane, rendendosi poi conto che in realtà non crea più simboli che ispirano e che non c’è più la stessa magia. Il prodotto e il film per Ludovica Pensa si impongono per la sua fama da regista”.
C’è una direzione degli attori molto particolare e un cast insolito nel panorama italiano, che si è rivelato vincente.
Pietro Castellitto: “sì, io tengo molto alla direzione degli attori, quando gli interpreti di un film funzionano riescono a dare alla scena una serie di sensazioni e anche una performance mai viste. Una recitazione diversa può rendere il clima di una scena positivo e nuovo. Quella di scegliere attori per i personaggi svincolati dai loro nomi riguarda quello che volevo che esprimessero. Io non faccio tanti provini, ma valuto moltissime possibilità diverse”.
Due mondi complementari
Trovo che Federico sia un personaggio molto Morettiano, lei cosa ne pensa? E il rapporto coniugale viene invece trasformato dalla famiglia più proletaria, fascista e violenta, a quella borghese, dove c’è la noia, il desiderio spasmodico di uscire dalla routine, la medicina che è diventata sterile e l’arte che non è più arte.
Pietro Castellitto: “sì, la famiglia fascista è molto più umana, paradossalmente, perché sono più drastici gli eventi che si trovano a combattere. Le scelte vengono fatte con coscienza e non per inerzia, come accade nella famiglia borghese. Sì, Moretti è sempre un paramento quando si scrive, dirige e recita un film oggi”.
Tra i motivi che ti hanno spinto a scrivere “I predatori” c’è stato anche uno stop nella carriera d’attore, una situazione che è cambiata adesso con la serie tv su Francesco Totti.
Pietro Castellitto: “si, è vero, è disorientante. Se avessi avuto tanto successo come attore probabilmente “I predatori” non sarebbe mai esistito. Per credere e scrivere un film c’è bisogno di sentimenti autentici, di voglia di raccontare quella storia, che spesso nasce dalla rabbia, dalla sensazione di essere bravo nel mettersi sempre nelle stesse situazioni, nel fare sempre gli stessi errori, e quindi di essere continuamente nella condizione di soffrire”.