Recensione
Il buio si avvicina: la rivisitazione di un genere
Mentre gli anni Ottanta volgono mestamente al termine, e i grandi registi cominciano non più a interrogarsi su come rivisitare il genere horror ma sul senso stesso della loro rivisitazione, un’opera in particolare riesce nel duplice scopo di riscrivere un codice e investire di nuovi, straordinari significati l’assillo della citazione postmoderna.
Sfortunata al rilascio, sfavorita dal confronto con il più popolare “Ragazzi perduti” (1987) di Joel Schumacher, di pochi mesi precedente, la meravigliosa pellicola “Il buio si avvicina” (1987) resta una delle testimonianze più significative della produzione di Kathryn Bigelow, “la più famosa regista del mondo”.
Un horror, un film di “vampiri” (mai nominati come tali), un western, un action movie, ma anche e soprattutto una potente storia d’amore che riesce a dialogare da un lato con i risvolti piacevoli e spiacevoli dei rapporti sentimentali, dall’altro con la grande storia dell’America profonda – tema quanto mai attuale.
Il sangue, l’aglio, la croce
Gli anni che avevano preceduto l’uscita de “Il buio si avvicina” erano stati particolarmente fertili di vampirismo cinematografico; si pensi in questo senso al successo di “Ammazzavampiri” (Tom Holland, 1985). Ma il sottofondo gotico che da sempre è associato alla figura di Dracula non era mai davvero venuto meno: pur calati nel contemporaneo, gli immortali succhiatori di sangue erano rimasti essenzialmente gli stessi – creature mostruose e pipistrelli al contempo, bons viveurs, istanze romantiche.
Kathryn Bigelow fa piazza pulita di questo pesantissimo retaggio, come già era successo negli anni Sessanta (si pensi a “L’ultimo uomo della terra”, 1964, di Ragona/Salkow: qui il nostro speciale sulla fortuna del racconto di Matheson).
I suoi non sono belli e dannati, ma reietti, disperati e drogati, schiavi di un’umanità vuota di ciò che la rende simile a noi eppure terribilmente prossimi alla nostra condizione. L’aglio e la croce non possono più nulla contro di loro, ma la vulnerabilità ai raggi del sole, scavati da proiettili nel buio dei loro ripari, è la manifestazione più esplicita della loro fragilità non solo di individui, ma quasi di categoria. “Quanti anni hai?”, chiede a un certo punto Caleb, il protagonista vagamente abulico (che seguiamo con moderata simpatia) al poco maestoso, ma magnetico, capo Jesse.
“Mettiamola così: ho combattuto per il Sud. Abbiamo perso”. Con questa spiazzante conclusione, Bigelow ci trascina nel ventre aperto e sanguinante degli States, quello di una classe bassa di bianchi, suprematisti, meridionali, “trumpiani” diremmo oggi, che si sente da sempre tra le fila perdenti della Storia. Il sodalizio tra Caleb e Mae si staglia così contro il retroscena degradato di una povertà antica, di una pace mai raggiunta, di un mondo che succhia la linfa a chi può, senza poter resistere alla luce del giorno.
Un mondo violento (noi non simpatizziamo con i “vampiri” del gruppo, mai), ma materialmente impoverito, marginalizzato, schiacciato. L’America di cui parla “Il buio si avvicina” è un Paese senza gloria, di poveri e perdenti; e non sembra molto discosto da quello che vediamo ancora oggi.
Un western?
Abbiamo già parlato in questa rubrica della feconda contaminazione tra horror e western (“La cosa”, di John Carpenter), e possiamo ora aggiungere un altro eccezionale tassello alla nostra piccola ricognizione. Il fatto è che il western, come l’horror, rappresenta per molti versi un linguaggio privilegiato per osservare la realtà da un angolo storicamente sfavorito – quello dell’emarginazione, della periferia, dello scarto.
Già nei “vampiri” di Jesse si vedono alcune tracce dei rapinatori di “Point Break” (1991), e con loro di una società dimenticata, ultima, postuma, che si aggrappa con tutte le forze (scarse) a quello che resta di un passato andato.
Le ombre del disagio emergono con evidenza dagli scambi tra i personaggi, confinati al limite delle loro vite, in un limbo che gli esterni vedono, assaporano, per poi scartarsene sempre, in una terribile incomunicabilità. Una società dilaniata, tremendamente attuale, nella quale il progresso si misura in sopravvivenze spesso mancate.
Un finale spezzato
Il finale del film di Bigelow è spesso stato criticato per non aver saputo sostenere il peso di un discorso importante come quello condotto sino a quel punto. Ma a noi sembra che queste critiche non siano pienamente fondate. La celebrazione del rapporto di Caleb e Mae, infatti, non è solo il punto di conclusione favolistico di un action movie, ma lo spazio stesso entro il quale si iscrive l’analisi sociale della regista. Agli estremi desolati del West, in un Oklahoma abbattuto, memore solo di sconfitte, il cerchio della singola esperienza esistenziale segna una redenzione possibile, auspicata, cercata, “trasfusa”. Non è forse una rivoluzione, che sembra impraticabile; ma almeno incita alla rivolta. Incita alla rottura della maglia, alla ricerca di una via di fuga dal degrado, e lo fa nel modo più evidente: la valorizzazione della relazione salvifica tra due esseri umani. Ed è anche per questo che consigliamo assolutamente di riscoprire questo piccolo cult del mondo dei vampiri: creature antiche, problemi di oggi.
Lorenzo Maselli
Trama
- Titolo originale: Near Dark
- Regia: Kathryn Bigelow
- Cast: Tim Thomerson, Jenny Wright, Lance Henriksen, Adrian Pasdar, Bill Paxton, Jenette Goldstein, Tim Thomerson
- Genere: Horror, colore
- Durata: 95 minuti
- Produzione: USA, 1987
“Il buio si avvicina” è il secondo lungometraggio della regista Kathryn Bigelow. Il film è un horror dai risvolti esistenziali.
Il buio si avvicina: la trama
Caleb (Adrian Pasdar), giovane di una piccola città, rimane sedotto da Mae (Jenny Wright), ragazza vampiro che finisce per trasformarlo in un suo simile la sera stessa del loro incontro. A seguito dell’evento, Caleb viene rapito dalla famiglia di Mae e costretto a una vita di predazioni. Nel frattempo, suo padre si mette alla sua disperata ricerca.
Contro lo scenario di un Oklahoma degradato, la storia d’amore di Caleb e Mae troverà un modo di sottrarsi alle terribili contingenze?