Recensione
Sanpa: luci e tenebre di San Patrignano: gli anni 80 in Italia e la comparsa di Vincenzo Muccioli
Capita a volte nella vita, di sentire il tempo che si ferma bruscamente. Per un secondo eterno, si ha la sensazione di aver subito un torto, una violenza
e, passato quel momento, sale la rabbia, corrosiva e un senso di giustizia molto confuso, che fatica a trovare pace.
Uscita nel silenzio più assoluto il 30 dicembre su Netflix, ma sostenuta poi da una massiccia campagna di comunicazione sui quotidiani e sulla tv generalista e da un consistente ed entusiastico passaparola, la docu-serie “Sanpa: luci e tenebre di San Patrignano” ha conquistato l’attenzione del pubblico italiano e non solo.
Realizzata dalla casa di produzione 42 di Gianluca Neri, “SanPa’ è un docu-drama in cinque episodi, densi di immagini senza voce narrante che ricostruiscono le vicende di San Patrignano.
Nel 1978 Vincenzo Muccioli, imprenditore con una passione per l’occultismo, fonda una piccola comunità sulle colline riminesi in cui accoglie e cura ragazzi dipendenti dall’eroina, allora una piaga devastante fra i giovani italiani di cui lo Stato sostanzialmente si disinteressa.
Ci troviamo negli anni ’80, quelli del “doppio volto”, usciti dal trauma dei maledetti anni ’70 di piombo, dove il divertimento, la leggerezza e la voglia di dimenticare ha preso il timone della storia nel nostro paese. Non c’è solo questo, purtroppo. Compare l’eroina, che devasta una generazione di giovani con dati terrificanti.
Vincenzo Muccioli: messia o oppressore?
Tipica figura del padre-padrone, ma anche messianico salvatore di una generazione perduta che altrimenti sarebbe andata incontro a morte sicura in mezzo al disinteresse comune, Vincenzo Muccioli diventa una specie di leggenda vivente, aiutato dal fisico imponente e la presenza carismatica.
I politici se lo contendono, numerosi benefattori (in primis i Moratti) lo sostengono, i genitori (le mamme nello specifico) di tutta Italia lo osannano perché nessun altro si sarebbe occupato dei loro figli.
Eppure, iniziano anche i primi sospetti, le prime accuse, i processi: a San Patrignano si usano metodi coercitivi, spesso violentissimi, si riacciuffa chi cerca di scappare, soprattutto si crea una gerarchia autoritaria e opprimente che sfugge di mano.
In quel momento sorge la difficoltà e la miopia da parte sia di Muccioli ma anche dei Moratti e altri soggetti che non considerano quanto la comunità debba crescere culturalmente e non solo quantitativamente e mediaticamente.
Di questa ambiguità Netflix fa il suo punto di forza; con grande furbizia offre uno spazio dove le interpretazioni possono vorticare dall’adorazione, alla simpatia fino alla ripulsione nei confronti di Muccioli e della comunità stessa.
Una docu-serie italiana di valore?
La docu-serie, girata in modo eccezionalmente sopraffino e maniacale, rappresenta uno dei migliori prodotti in stile mai realizzato in Italia da almeno un ventennio.
Nei 5 episodi che compongono quello che si può definire un ottimo prodotto dal punto di visto registico e tecnico, in un continuo muoversi sulle montagne russe degli eventi concatenati da sapienti cliffhanger, rimane la rabbia generalizzata, per due motivi. Il primo è un interrogativo: perché? Perché non se ne sapeva nulla? E chi è abbastanza maturo da ricordarselo ha una nebbia in testa e un disagio a parlarne significativo. Il tutto reso ancora più incredibile se si pensa che la comunità è ancora viva e vegeta come ONG.
Infine la rabbia, forse è più una cocente delusione, che puntualmente emerge nel vedere una realtà come Netflix che ha grandi intuizioni e delle risorse immense, nel fornire e riproporre temi sociali e fatti storici alle nuove generazioni (e ricordarlo alle meno giovani) senza però mai resistere a manipolare l’emotività e il senso di giudizio di chi con sincero interesse vuole fatti.
Oltre alla mole enciclopedia di materiale, è possibile grazie a una buona dose di sensibilità e cultura cinematografica, rendersi conto che alcuni pezzi del puzzle netflixiano mancano e quindi a quanto detto prima si aggiunge un racconto dei fatti parziale.
Il riferimento è alla possibilità di Muccioli di far crescere la comunità avendo manodopera controllabile e una presenza, quella dei Moratti, legittima, da accogliere, ma non sviscerata a dovere. Ma forse, senza accanirsi troppo, non erano le intenzioni dei registi e degli sceneggiatori.
Non per porsi più domande e né per avere risposte, ma piuttosto, ciò che in questi tempi bui si dovrebbe esigere è un’offerta di contenuti documentaristici privi di articolazioni fatte di ambiguità maliziosa.
Il tributo alla complessità umana deve essere spiegato con le sue mille sfaccettature, ma dovrebbe sempre essere animato da pure intenzioni. Una visione comunque unica, necessaria e fondamentale e che probabilmente, farà da apripista per prossime produzioni dello stesso genere in Italia.
Amerigo Biadaioli
Trama
- Regia: Cosima Spender
- Genere: Docu-fiction
- Durata: 56-64 minuti a episodio (5 episodi)
- Produzione: Italia, 2020
- Data di uscita: 30 dicembre 2020
- Distribuzione: Netflix
Realizzata dalla casa di produzione 42 di Gianluca Neri, che l’ha scritto insieme a Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli per la regia di Cosima Spender, “Sanpa: luci e tenebre di San Patrignano” è una docu-serie in cinque episodi che racconta la comunità di San Patrignano.
Sanpa: luci e tenebre di San Patrignano: La trama
Come recita il titolo, la docu-serie si sofferma sulle luci e le ombre di San Patrignano. Oltre a portare in scena la più grande comunità in Europa impegnata nel recupero delle persone con dipendenze, restituisce in tutta la sua complessità la figura di Vincenzo Muccioli, l’uomo che la fondò nel 1978 e ne divenne il punto di riferimento, oltre che l’oggetto di processi e dibattiti.