“On the Count of Three” rappresenta il debutto del regista Jerrod Carmichael, presentato in anteprima mondiale al Soundance Film Festival 2021. E’ un film che oscilla tra toni differenti producendo un impatto emotivo assicurato.
On the Count of Three: una storia tra malinconia e assurdità
A volte, quando i film viaggiano selvaggiamente tra i tonalità diverse, le scene non arrivano con l’impatto voluto perché il regista non ha davvero il controllo sul materiale. Non è il caso del film d’esordio di Jerrod Carmichael “On the Count of Three”, che vuole farci perdere l’equilibrio tra momenti di profonda malinconia e disperazione mescolati con comica assurdità. Infatti, non è casuale che abbia scelto attori comici come Tiffany Haddish, J.B. Smoove mentre Henry Winkler in ruoli di supporto drammatici. Inoltre, a recitare come attore protagonista c’è anche lo stesso regista nei panni di Val.
Carmichael gioca con le nostre aspettative proponendoci due personaggi che, seppure si sentano senza speranza e depressi, non vuol dire che la vita smetta di offrirgli opportunità per risollevarsi. L’approccio di Carmichael non funziona del tutto, ma riesce a non banalizzare mai il suicidio anteponendo al dramma della morte momenti di leggerezza e calore.
Vivere come se non ci fosse un domani
Ovviamente, “On the Count of Three” va a indagare vissuti molto bui e drammatici. Il merito di Carmichael è quello di non trattare come comiche le azioni suicide, ma piuttosto come quegli atti che continuano a essere interrotti. Kevin (Christopher Abbott) e Val (Jerrod Carmichael) sono due amici che desiderano porre fine alla loro vita. Kevin ha tentato il suicidio tre giorni fa ingoiando un mucchio di pillole e Val ha cercato di impiccarsi con una cintura in un bagno mentre era a lavoro. Val aiuta Kevin ad uscire da un reparto psichiatrico e gli offre un piano: Val ha due pistole e dice che contando fino a tre si spareranno a vicenda alla testa. Tuttavia, proprio prima che stiano per andare fino in fondo, Kevin si rende conto che entrambi hanno degli affari in sospeso, e poiché questo è il loro ultimo giorno sulla terra, potrebbero anche aspettare prima di premere il grilletto. Cercando di vivere come se non ci fosse un domani, sorgono nuove complicazioni nel loro piano per porre fine a tutto.
Entrambi i personaggi sono seriamente disposti ad uccidersi poiché nessuno dei due trova più una ragione per vivere avanti a sè. Per Kevin, è stato traumatizzato per tutta la vita e nessuno è stato in grado di aiutarlo. Invece, le motivazioni di Val sono un po ‘più ambigue e Kevin giustamente sottolinea che il suo amico potrebbe essere soltanto depresso. Ma poiché ora sono legati da questo patto, nessuno dei cerca di fermare l’altro.
Da inno alla morte ad inno alla vita
È assurdo come “On the Count of Three” riesca ad oscillare tra la disperazione più oscura e la commedia stravagante in pochi secondi. Quest’aspetto probabilmente è del tutto intenzionale da parte di Jerrod Carmichael (nella foto sopra) che cerca di far sentire al pubblico una perdita d’equilibrio. I personaggi sono ambivalenti: entrambi vogliono morire, ma vogliono farlo alle loro condizioni perché si sono sentiti così impotenti per tutta la vita. Sperano che il suicidio li faccia sentire di avere potere sulla propria vita, ma questa è solo un’ illusione.
A suo modo, “On the Count of Three” diventa paradossalmente un inno alla vita: non perché abbia una rivelazione catartica del tipo “la vita è degna di essere vissuta”, ma piuttosto mostrando che la vita non è un’oggetto. Il film mostra che anche nelle profondità della disperazione e della disillusione, ci sono nuove opportunità e stranezze che possono cambiare le nostre percezioni. Eppure anche in questo caso, Carmichael riconosce che quei cambiamenti hanno dei limiti e non dà al pubblico una risposta facile in nessun momento.
Giulia Cirenei
31/01/2021