Recensione
Perfect Sense: le risposte sulla pandemia in un film premonitore
Mentre siamo alla terza ondata Covid, riemerge dal passato (2011) un film che racconta di un’umanità disperata, travolta da una strana epidemia. I quattro sensi principali, a mano a mano, svaniscono.
In questo periodo pandemico siamo stati abituati, nostro malgrado, a sentire 24 ore su 24: dati (interpretati e interpretabili) opinioni (di esperti e non), previsioni (di scienziati, politici, giornalisti). Un diluvio informativo che ci ha colpito con forza e al quale è quasi impossibile sottrarvisi.
Anche se dovessimo staccare tutto (Tv, cellulari, pc, tablet), verremmo inseguiti dal riverbero del clamore dei media: anche per strada le persone, ormai, parlano prevalentemente del Covid. L’attuale pandemia verrà ricordata anche per essere stata caratterizzata da un effetto collaterale, solo apparentemente poco dannoso: l’infodemia, l’estrema sovrabbondanza di informazioni, più o meno verificate. Ma, da questa mole abnorme di chiacchierare – è triste ammetterlo ma per lo più è questo – non filtra mai l’umanità. Ci hanno raccontato dei morti, dei casi disperati, degli infermieri “eroi”. Ma di noi, nessuno parla. Le nostre paure, le nostre insicurezze, il nostro “andare avanti”, chi lo racconta? Barbara d’Urso? Ma il suo spazio divulgativo, in tal senso, crediamo non sia il caso di prenderlo in considerazione.
Ci giungono invece delle risposte da un film: “Perfect Sense”, pellicola del 2011, distopica, catastrofica e, visto quello che stiamo vivendo, assolutamente predittiva (stesso anno di uscita di “Contagion”. Si vede che nel 2011 avevano già capito tutto, purtroppo solo a livello cinematografico).
Sia chiaro: non si parla di cassa integrazioni, famiglie in crisi o di imprese che falliscono. Non c’è Ken Loach dietro la cinepresa, ma David Mackenzie. Entrambi britannici ma con un approccio molto diverso al cinema.
Macro e microcosmo: quel che accade se si perdono i ‘sensi’
Il nucleo centrale del film è composto soprattutto da emozioni. Cosa si prova durante un’epidemia su scala mondiale? “Perfect sense”, attraverso la storia d’amore fra i due protagonisti, racconta le reazioni di fronte a una immane catastrofe come quella pandemica.
La fonte d’ispirazione è chiaramente “Cecità” di Saramago o, se vogliamo attenerci solo al settore filmico, “Cecità” di Fernando Meirelles.
Mackenzie, però, si spinge oltre: nello sventurato mondo di “Perfect Sense”, a causa della diffusione di uno strano virus, le persone perdono i quattro sensi fondamentali, uno dopo l’altro. La progressiva privazione è un incedere inesorabile che l’umanità può solo subire passivamente. Ma noi, genere umano, abbiamo la nostra arma segreta, croce e delizia del nostro esistere: l’adattabilità.
Siamo così: non ci spezziamo, ci pieghiamo fino all’inverosimile. È un bene o un male? il film non tenta risposte, descrive piuttosto con quanta sofferenza, paura e smarrimento avviene questa curvatura delle nostre vite e delle nostre abitudini.
Una tragedia globale consumata, nel caso di “Perfect Sense”, durante l’inizio e la prosecuzione di una storia d’amore, un evento infinitamente più piccolo che può manifestarsi, e si manifesta, tutti i giorni fra due persone. Vive di questo, la pellicola, di un fortissimo contrasto tra macro e microcosmo, fra l’epidemia e il quotidiano, trasformandosi in metafora, della vita.
L’amore ci salverà?
“C’è l’oscurità, c’è la luce, ci sono uomini e donne, c’è il cibo, ci sono i ristoranti, le malattie, c’è il lavoro, il traffico, i giorni così come li conosciamo, il mondo così come lo immaginiamo. Sopraffatte dal dolore, le persone sono segnate da tutto ciò che hanno perso. Amanti che non hanno mai avuto, tutti gli amici partiti, il pensiero di tutte le persone ferite”. (Perfect Sense – Susan/Eva Green)
Ci sono le persone che si conoscono, si piacciono, flirtano, litigano, rimangono male e poi, capita che si amino. E cosa resta da fare, quando il mondo circostante crolla rovinosamente, se non amarsi? Non è il retorico elogio dell’amore romantico, bensì qualcosa di molto simile a una legge della Fisica, qualcosa di molto vicino alla forza descritta in “Interstellar”:
“L’amore è l’unica cosa che riusciamo a percepire che trascenda dalle dimensioni di tempo e spazio. Forse di questo dovremmo fidarci, anche se non riusciamo a capirlo ancora”. (Interstellar – Amelia Brand/Anne Hathaway).
Allora, quella curvatura che ci permette di non spezzarci, probabilmente è agevolata da questa Forza che ancora non capiamo ma che ci soccorre, quando tutto sembra andare in malora.
Intendiamoci: “Perfect Sense” è un coacervo di spunti filosofici ed esistenziali, ma le potenzialità del plot non vengono esplose completamente. A volte il film si fa didascalico, a volte eccessivo.
Il viaggio intrapreso da Mackenzie veleggia verso il capolavoro, ma la bussola non è delle migliori. In ogni caso, vedendolo oggi, con gli di occhi di chi la pandemia la sta vivendo, si hanno a disposizione tutti gli strumenti per carpine il pathos e il significato più profondo, trasformando la visione in un momento che può risultare catartico, se non liberatorio. Forse questo film parla finalmente di “noi” quando fuori, là fuori, nel mondo raccontato, i media continuano con le loro chiacchiere:
…”Altri parlano di un sistema capitalistico degenerato che ha rilasciato un virus militare per stimolare l’economia… E ci sono altre teorie…” (Perfect Sense – da Un tg)
Riccardo Muzi
Trama
- Regia: David Mackenzie
- Cast: Ewan McGregor, Eva Green, Connie Nielsen, Ewen Bremner, Stephen Dillane, Denis Lawson, Alastair Mackenzie, James Watson, Shabana Akhtar Bakhsh, Caroline Paterson, Malcolm Shields, Adam Smith
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 88 minuti
- Produzione: Germania, Gran Bretagna, 2011
“Perfect Sense” è un film diretto da David Mackenzie e interpretato da Ewan McGregor e Eva Green.
Perfect Sense: la trama
Il mondo è alle prese con la diffusione di un nuovo e strano virus. Il declino verso l’epidemia inizia con alcune persone che, improvvisamente, scoppiano in lacrime, colte da un travaso di tristezza. Si riprendono ma senza riuscire più a percepire alcun odore. Capiscono dopo poco di aver perso l’olfatto.
La perdita a cui l’umanità sta andando incontro attiene alla stessa memoria del senso olfattivo, ai ricordi legati ai profumi, agli odori, che si dissolveranno mano a mano.
Nella realtà che sta impazzendo si incontrano Susan e Micheal. Lei epidemiologa e lui uno chef che lavora in un ristorante proprio sotto casa di Susan. Si piacciono, si frequentano, si innamorano. Portare avanti una storia d’amore, fra ferite del passato, debolezze, incomprensioni è un’impresa molto dura, portarla avanti nel bel mentre di una epidemia globale, che priva totalmente dei quattro sensi principali, è un’impresa disperata.