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Freaks Out: in sala dal 28 ottobre il film di Mainetti

Gabriele Mainetti torna dietro alla macchina da presa per “Freaks Out”, dopo il grande successo del suo film d’esordio “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Film questo che ha conquistato ben 7 statuette ai David di Donatello del 2016, tra cui quella meritatissima per il miglior regista esordiente.

Un film arricchito dal buio di una sala cinematografica

freaks out immagine

Tanta l’attesa per “Freaks Out”, un film che Mainetti ha fortemente voluto sul grande schermo, non cedendo alle lusinghe dello streaming, cui si sono piegati in molti a causa delle chiusure delle sale cinematografiche causa pandemia. Che “Freaks Out” raggiunga il suo massimo splendore nel buio di una sala cinematografica è poco ma sicuro, la messa in scena è sontuosa e merita una fruizione più impegnativa di quella domestica, tra divano e telecomando, dove la tentazione di mettere in pausa è pressoché costante. Il ritmo sostenuto accompagna lo spettatore per i 144 minuti lungo i quali si snodano le vicende.

La storia nasce da un’idea di Nicola Guaglianone, che ha curato la sceneggiatura con Mainetti, al quale è legato da un lungo sodalizio artistico, anche “Lo chiamavano Jeeg Robot” è frutto della loro collaborazione.

I ‘mostri’ che popolano Freaks Out sublimano la diversità

“Freaks Out” raggiunge oggi le sale cinematografiche dopo l’anteprima a Venezia lo scorso settembre e possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che nella sua realizzazione il filmmaker romano non si è discostato da quella cifra stilistica che ha caratterizzato la sua opera prima.

I personaggi delineati da Mainetti e Guaglione sono una via di mezzo tra il supereroe alla ‘Jeeg Robot’ e un disadattato, per questo particolarmente interessanti a livello drammaturgico. I loro poteri più che super sembrano uno scherzo della natura, difficile da accettare e da controllare. I nostri fantastici quattro sono tre uomini è una donna, come quelli di casa Marvel, ma a brillare è Matilde, una ragazzina ‘elettrica’, nel vero senso della parola, la cui tenerezza non è inferiore alla determinazione.

Il circo punta i riflettori sul ‘diverso’, sul ‘mostro’

In un film dove anche i cattivi sono vittime ed è molto difficile intravedere il bene, da qualsiasi parte lo si cerchi, il regista colloca gli eventi nel 1943, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, ponendo il circo al centro delle vicende. Solo il circo confonde con naturalezza la normalità con ciò che normale non è, mettendo al centro della scena il ‘diverso’, il ‘mostro’, per la gioia del pubblico in sala, i cui occhi non sono mai sazi di novità. Il circo dei ‘buoni’ è il Circo Mezzapiotta, che ha poco da spartire col fantasmagorico circo tedesco gestito dal malvagio pianista pazzo, il colonnello Heynz, diverso tra i diversi, carnefice e vittima al contempo.

Una messa in scena curata nei minimi dettagli, le cui scenografie e location farebbero invidia ad una produzione hollywoodiana, eccellenti performance attorniali, una fotografia curatissima e musiche scelte con intelligenza, fanno di “Freaks Out” un prodotto vincente, che non deluderà i fans.

Peccato che prima di lui ci sia stato “Lo chiamavano Jeeg Robot”, del quale a tratti appare una reiterazione. Impossibile generare lo stesso sgomento per un qualcosa che il cinema italiano non aveva mai visto. Questa storia, seppur nella sua magnificenza, non stupisce, ed è anche un pò troppo dilatata.

A una regia impeccabile come quella di Mainetti si perdona tutto, ci piace pensare che il regista abbia scelto di proseguire con quello che pare essere il suo tema preferito, quello della diversità, declinandolo in diverse maniere. Se è così tutto troverebbe un senso, e la mancanza di sorpresa verrebbe compensata dalla validità tematica.

Maria Grazia Bosu

28/10/2021

Freaks Out: in sala dal 28 ottobre il film di Mainetti

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