Porta la firma di Pavel Giroud “El caso Padilla“, l’unico documentario in concorso alla 17° Festa del Cinema di Roma.
El caso Padilla: un’opera ricca di testimonianze
Heberto Padilla e sua moglie Belkis Cuza Malè furono arrestati a marzo del 1971 dalla polizia castrista per comportamenti controrivoluzionari. Quando l’uomo fu liberato fece un grande incontro pubblico in cui si autoaccusò del suo crimine. Il filmato originale è stato recuperato e utilizzato da Giroud per raccontare la storia in puro stile documentaristico.
La scena è tutta di Padilla, appena uscito dalla prigione dove trascorse un mese o più e fu torturato. In buona sostanza, il regime usò tattiche di plagio per una ritrattazione pubblica del suo operato in puro stile stalinista.
Ha toccato poco o nulla il regista del filmato originale. L’ha solo arricchito di articoli di giornale dell’epoca e di testimonianze dei grandi intellettuali che lo difesero firmando appelli pubblici. Ci sono Màrquez il vincitore del Nobel, Alberto Moravia, Mario Vargas Llosa e Sartre, ma i firmatari erano tanti e tutti nomi di punta della cultura internazionale militante. Ovviamente il regista dà voce anche a Fidel Castro, il deus ex machina di questa storia vera.
Un documento prezioso sulla storia contemporanea
Si resta stupefatti alla fine dell’incontro di Padilla davanti ai suoi colleghi poeti e scrittori cubani. Tutti tranne uno lo seguono nell’autocensura sul loro operato. Alla fine del documento ci si chiede come i governi (di qualsiasi colore politico) possono imbrigliare le migliori menti della loro generazione piegandole ai loro diktat.
L’unico fuori dal coro fu Reinaldo Arenas, che non fece mai mea culpa e fu arrestato nel 1973 per la sua omosessualità dichiarata. Morì nel 1993, dopo essere uscito di prigione nel 1980 ed essere andato negli Usa. La stessa cosa che fece Padilla insieme a sua moglie, che non trovò mai più la pace persa e raccontò il suo calvario nel suo libro “Fuori dal gioco” scritto in esilio nel 1998, solo due anni prima della morte per infarto in Alabama.
Ivana Faranda