Una serie in quattro episodi che conquista dal primo momento. Il motivo? Forse è proprio da ricercare nel titolo, “Inside Man” (“All’interno dell’animo umano”), e in ciò che accomuna ogni tipologia di persona. Cattivi, buoni, di successo o falliti: la linea di demarcazione è davvero labile e “basta una buona ragione e una giornata storta” per varcarla e scoprire chi si è davvero.
Un’analisi approfondita del genere umano attraverso la narrazione di due storie parallele, ma che sono destinate a incontrarsi. Quattro ore circa, in totale, in cui si scopre – passo dopo passo – sino a che punto è capace di arrivare l’uomo per amore. Di sé o di coloro che ama.
“Inside Man”, tutto quello che c’è da sapere (o quasi)
Trama
“Inside Man” è una serie britannica che schiaccia l’occhiolino al grande cinema americano. Il protagonista principale (o forse no), Jefferson Grieff, interpretato magistralmente da Stanley Tucci, è un condannato a morte per l’omicidio della moglie, ma ha un dono che lo rende speciale e grazie al quale conosce la giornalista investigativa Beth Davenport (Lydia West).
Sono loro la connessione iniziale fra due trame che inizialmente sembrano assolutamente indipendenti fra loro, ma che poi si intrecciano in un susseguirsi di eventi tutt’altro che scontati. Il feel rouge dell’intera prima stagione (e sinora unica) è caratterizzato da una continua suspense. Un’atmosfera che si crea quasi naturalmente, grazie all’indole dei personaggi.
Una professoressa di matematica apparentemente anonima e priva di legami sociali (Dolly Wells), il parroco di una cittadina tranquilla (David Tennant) e sua moglie (Lyndsey Marshal), senza nemmeno rendersene conto, si trovano legati a doppia mandata a causa di un grosso equivoco che impedisce loro di tornare sui propri passi e che li costringe a un finale che mai avrebbero potuto immaginare di vivere.
Crediti
- Regia: Paul McGuian
- Cast: David Tennant, Stanley Tucci, Dolly Wells, Lydia West, Lyndsay Marshal, Louis Oliver, Mark Quartley
- Genere: giallo, drammatico, crime
- Stagioni: 1
- Puntate: 4
- Durata: 60 minuti circa
- Produzione: Gran Bretagna, 2022
- Distribuzione: Netflix
- Data d’uscita: 26 settembre 2022
La Recensione
“Inside man”, fare del male per amore
Tutti gli esseri umani hanno un’indole pacifica fino a quando non si presenta un buon motivo e la persona ‘giusta’. Improvvisamente, anche i più insospettabili possono arrivare a commettere il più atroce dei reati. E in nome dell’amore. Il sentimento che, per natura, dovrebbe far sì che tutti siano al sicuro, in questo caso, è il motore che dà il via ai pensieri più macabri e malvagi che la mente possa concepire.
In una costante dicotomia fra il bene e il male, fra ciò che è giusto e sbagliato, fra ciò che il proprio ruolo impone e le circostanze costringono a mettere in discussione, come nel “Visconte dimezzato” di Italo Calvino, i personaggi si trovano a dover fare i conti con il proprio lato più oscuro. Tutto per paura di perdere quello che di più prezioso hanno: le persone care e la reputazione.
Steven Moffat, sceneggiatore di “Doctor Who” e “Sherlock”, nella cornice di un thriller psicologico, mostra e analizza la vera essenza dei personaggi attraverso accadimenti surreali che, a cascata e in un climax ascendente, sfociano nel paradossale.
Gli eventi sono una diretta conseguenza del pensiero duale dei personaggi (o quasi). Chi più chi meno, chi in maniera dolorosa e chi soltanto indirettamente, tutti devono fare i conti con quello che sono disposti a fare (e a non fare) per non perdere ciò a cui tengono di più.
Da un lato emerge l’idea che ognuno ha di sé, l’immagine che nella maniera più fedele possibile si mostra agli altri; dall’altro l’imponderabile, le contingenze e l’incontrollabile mettono in discussione il “valore morale”. Persino quello che muove le scelte di un criminologo uxoricida nel braccio della morte, pronto a espiare i propri peccati fino a quando non viene fissata la data dell’esecuzione.
Gli insospettabili sono i veri protagonisti
Attraverso un gioco di primi e primissimi piani, espressioni all’apparenza pacate, il regista si focalizza sulla dualità dell’animo umano, in perenne contrasto, su quella che Hanna Arendt – in contesti storici completamente diversi – ha definito “la banalità del male”. Particolarmente sorprendenti sono due personaggi, interpretati alla perfezione: il parroco Harry Watling e la professoressa di matematica Dolly Wells. Controvertendo ogni aspetto delle loro vite, si danno allo spettatore in una versione inedita di sé, stupendo secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, episodio dopo episodio.
Ogni volta che si crede non possa accadere nulla di più e che si stia arrivando alla risoluzione delle situazioni grottesche venutasi a creare quasi per sbaglio, succede qualcosa di inaspettato. Entrambi ‘avanzano’ al livello successivo – quasi fossero i protagonisti di un videogioco che scoprono di avere dei nuovi superpoteri – e mostrano una capacità di ragionamento e di macchinazione sempre maggiore, tendente all’infinito.
In “Inside Man” tutti partono con un bagaglio differente di esperienze, ognuno nel proprio ruolo all’interno della società ben delineato, e si ritrovano uno di fronte all’altro, spogliati del proprio io sino a quel momento conosciuto, a scoprirsi come mai avrebbero potuto immaginare. Perché siamo tutti “uguali” al cospetto del nostro io più intimo, siamo “l’uomo comune in una brutta giornata”. E quando si tocca il fondo “si sa chi si è, chi si è sempre stati” e si scopre chi sono le vere vittime e i veri carnefici.