Dopo Tre Piani, dramma cupo dove non vi è spazio per l’ironia, Nanni Moretti torna alla commedia (amara) con Il Sol Dell’Avvenire, una matrioska meta filmica, un film nel film nel film che rappresenta una summa esplosiva di tutti i suoi precedenti lavori, una danza sinestetica piena di vita e di fantasia, che si muove tramite la rigidità e la chiusura del suo carattere cinematografico con l’obiettivo di virare, con un piccolo spostamento, verso l’apertura e l’accettazione.
Il film, scritto dall’autore stesso insieme alla sua premiata squadra di sceneggiatrici, Valia Santella e Federica Pontremoli, con il nuovo ingresso di Francesca Marciano, verrà presentato in concorso al prossimo Festival di Cannes, dove Moretti ha già vinto diversi premi e gode di una stima fuori dal comune.
Indice
Il Sol Dell’Avvenire: tutte le informazioni
Trama
Giovanni è un regista italiano eccentrico ed intransigente. Non sembra accettare i profondi cambiamenti che avvengono intorno a lui e si ostina a rimanere fisso nelle proprie convinzioni, nonostante si accorga di aver perso il controllo su ciò che più gli sta a cuore: sua moglie, che da anni riveste anche il ruolo di produttrice dei suoi film e vorrebbe lasciarlo ma non trova il coraggio e il modo, sua figlia invece lo fa preoccupare fidanzandosi con un uomo molto più vecchio di lei.
Lo spaesamento di Giovanni si riversa sul set, dove sta girando un film (secondo lui) politico ambientato negli anni cinquanta, proprio nel momento in cui l’Unione Sovietica invade l’Ungheria mettendo in crisi l’intero Partito Comunista. Il protagonista è in fondo un suo alter-ego, leader disilluso che smette di credere nell’avvenire, arrivando poi addirittura a compiere un gesto estremo.
Anche nel mondo a lui più congeniale, quello del cinema, Giovanni è costretto a fare i conti con problemi del tutto estranei al suo modo di essere: l’attrice protagonista non segue le indicazioni del copione, sua moglie sta producendo l’opera di un giovane regista dove impera una violenza cieca e gratuita. Come se non bastasse, il produttore del suo film si rivela un impostore e per salvare il progetto deve rivolgersi a Netflix!
Crediti
- Data di uscita: 20 aprile 2023
- Regia: Nanni Moretti
- Sceneggiatura: Nanni Moretti, Valia Santella, Federica Pontremoli, Francesca Marciano
- Durata: 95 minuti
- Genere: Commedia
- Produzione: Sacher Film, Fandango, Rai Cinema
- Distribuzione: 01 Distribution
- Attori: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Margherita Buy, Barbora Bobulova, Mathieu Almaric, Elena Lietti, Flavio Furno, Blu Yoshimi, Valentina Romani, Francesco Brandi, Jerzy Stuhr, Zsolt Anger, Teco Celio, Beniamino Marcone, Michele Eburnea, Rocco Ancarola, Rosaro Lisma, Laura Nardi
Recensione
“Il tuo film è sovversivo”, esclama Pierre. “Non esagerare”, ribatte Giovanni. Certamente non sarebbe esagerato definire Il Sol Dell’Avvenire un film sovversivo, ma l’aggettivo più adatto è “unico”, come d’altronde lo è tutta l’opera di Nanni Moretti dal suo esordio fino ad oggi. In quanto artista unico e singolare, i riferimenti e le citazioni di cui questa pellicola è permeata, dai titoli di testa a quelli di coda, non potevano che riferirsi a lui stesso, al suo cinema passato, alle immancabili nevrosi, fissazioni, azioni e gesti, battute sarcastiche e surreali che lo hanno consacrato come uno dei più grandi autori di culto del cinema italiano ed europeo.
Innanzitutto, è bene cominciare dalla notizia più scottante e significativa: Nanni Moretti torna ad essere il protagonista assoluto del proprio film, si rimette al centro, divora lo schermo con grinta ed eleganza, con la solita spiazzante originalità, con i tempi dilatati, i modi bruschi e insieme teneri e fanciulleschi che solamente lui è in grado di mettere in scena e rendere cinema. L’autore romano appare in una forma devastante, tanto da abbagliare lo spettatore e relegare in secondo piano tutti i grandi attori che lo circondano, i quali pure hanno fornito una prova eccelsa e costantemente al servizio della storia.
Moretti, ne Il Sol Dell’Avvenire, è consapevolmente se stesso all’ennesima potenza: se la prende con l’attrice del film perché indossa i sabot, allo stesso modo in cui il suo Michele Apicella sceglieva gli attori in base a quali scarpe indossavano; ha intenzione di girare un film chiamato Il Nuotatore, in cui per tutta la durata nuota di piscina in piscina, che tanto ricorda un film che ha già realizzato, ovvero Palombella Rossa, al quale si sprecano gli omaggi e i sottili rimandi (come il nome del circo ungherese, “Budavari”, lo stesso del giocatore che Mario/Silvio Orlando gli gridava di marcare nel film del 1989).
Inveisce contro un giovane regista che sta girando un film inutilmente violento, ricordando l’epica stroncatura ad Henry – Pioggia Di Sangue, in una sequenza lunga e memorabile destinata a divenire nuovo oggetto di culto per i suoi ammiratori; indossa la coperta a uncinetto di Sogni D’oro, si mette a palleggiare con foga come in Caro Diario, sostituisce l’iconica Vespa con un monopattino elettrico e trasforma il pasticciere trotskista di Silvio Orlando in un attore con la testa tra le nuvole che sogna di suicidarsi in scena.
Gli elementi fondanti dell’operazione, a loro volta ripresi dalle intuizioni più ispirate dei precedenti film del regista, sono però la danza e le canzoni, che qui trovano una (im)perfetta sublimazione, assumono un significato largamente più importante e forse decisivo nel disvelamento dell’essenza del film e nel cambiamento sottile ma pacificatorio della poetica sofferente del Moretti uomo e artista.
Il fardello angosciante e claustrofobico del presente, dei tempi odierni e del cinema contemporaneo, avvolge l’intero film, il personaggio di Giovanni e persino il film che quest’ultimo sta girando, ambientato negli anni cinquanta, sul set del quale compaiono inspiegabilmente oggetti ultra moderni come caricatori e sigarette elettroniche. La pesantezza di ciò che il mondo è diventato e sta continuando a diventare seguendo le orme di un progresso sempre più spersonalizzante (“centonovanta paesi”!!) e sempre meno umano, è la stessa che ha affaticato lo sguardo combattente e rivoluzionario di Giovanni/Nanni, la stessa che lo ha reso cinico e disilluso verso il cinema e la realtà politica e sociale che lo circondano.
La danza e le canzoni rappresentano in questo senso un atto di totale alleggerimento, immediato e liberatorio, salvifico e commovente. Nanni sogna e vive il suo musical spensierato, scanzonato e canzonatorio, vivido, scherzoso, insperatamente coinvolgente, riesce ad eludere la gravità sollevandosi dal suolo e danza con leggiadria sulle macerie anemiche del suo tempo, canta, reinventa il passato e scansa il futuro, attraversa il presente con ritrovata autenticità.
Dopo aver vissuto questa necessaria e quasi impercettibile liberazione, Giovanni si vede obbligato a cambiare anche il finale del suo film: il protagonista non può suicidarsi, non ha senso fargli mettere quel cappio al collo, anche perché Giovanni stesso non lo vuole più vedere.
Allo stesso modo, anche Nanni cambia il finale del suo. O meglio, cambia il passato, tornandoci (rigira la scena della parata finale aggiungendo i volti dei suoi vecchi attori) per trovare al suo interno una nuova possibilità. Un piccolo gesto, quello del protagonista che decide di opporsi all’invasione sovietica, così come un piccolo spostamento, quello di Moretti che pur restando se stesso e anzi recuperando il meglio di sé sceglie di liberarsi dal peso della sua intransigenza e negatività, possono davvero cambiare il corso della Storia e della storia.
La nostalgia messa in gioco dall’autore non equivale dunque ad un ritorno stagnante, bensì ad una forza generatrice che restituisce la possibilità di ciò che è stato, rendendolo di nuovo possibile. Per citare il filosofo Giorgio Agamben:
È qui che risiede la prossimità tra la ripetizione e la memoria. Perché nemmeno la memoria può renderci tale e quale ciò che è stato. Sarebbe un incubo. La memoria restituisce al passato la sua possibilità. […]
La memoria è, per così dire, l’organo di modalizzazione del reale, che può trasformare il reale in possibile e il possibile in reale. Ora, se ci si riflette, questa è anche la definizione del cinema. Il cinema non fa sempre questo, non trasforma il reale in possibile e il possibile in reale?
La soluzione non è coltivare la speranza, che al contrario reprime il presente e vede nel futuro un desiderio capitalistico di realizzazione ossessiva e che Moretti continua a repellere con ironia, il vero punto di (s)volta è da rintracciare nella liberazione dalla gravosità del tempo cronologico e dalla farraginosa e pressante smania di futuro, per danzare con leggerezza nel qui ed ora (ir)reale e cinematografico, intercettare un piccolo ma decisivo cambiamento, attraversando il presente e rielaborando il passato, per (ri)creare una nuova spiazzante possibilità.
Conclusioni
Nanni Moretti torna alla commedia con un film dolceamaro dall’atmosfera vivida e sognata, accompagnato da una scrittura esplosiva (le sceneggiatrici hanno anche lo straordinario merito, come rivelato da Moretti stesso in un’intervista, di aver insistito affinché fosse proprio lui a recitare nel ruolo di protagonista) e ricca di spunti squisitamente morettiani, da una colonna sonora struggente e da un cast particolarmente eterogeneo.
Ritroviamo quei mostri sacri di Margherita Buy e Silvio Orlando, interpreti abituali e abituati al suo cinema forse più di chiunque altro, Barbora Bobulova, Elena Lietti, Mathieu Almaric e Flavio Furno, nuovi innesti perfettamente inseriti nel contesto, ma anche una nuova generazione di talenti: Giuseppe Scoditti, esuberante giovane cineasta e Valentina Romani, nel ruolo non semplice della figlia di Giovanni/Nanni; Blu Yoshimi (che invece era sua figlia in Caos Calmo) e Michele Eburnea, protagonisti dello splendido musical immaginario del regista; Angelo Galdi e Rocco Ancarola, entrambi all’esordio in un lungometraggio.
Nella commovente scena della parata finale, che Moretti ha scelto di rigirare due volte, la prima per aggiungere il resto degli attori del film e la seconda per inserire quelli di tutti gli altri film, compaiono tanti volti storici del suo cinema, tra cui Lina Sastri, Alba Rohrwacher, Jasmine Trinca e persino l’ex moglie Silvia Nono.
Il Sol Dell’Avvenire è una summa di tutti i lavori di Nanni Moretti, un viaggio meta cinematografico nelle sue nevrosi e nel (suo) cinema del passato, pieno di citazioni e piani di lettura differenti, eppure non suona affatto come un tentativo di compiacere se stesso e accontentare il pubblico. La nostalgia che pervade l’opera dell’autore romano è generatrice di vita e di magia, è una danza surreale e liberatoria che rielabora ciò che è stato per renderlo di nuovo possibile e aggiunge un tassello inedito di fondamentale importanza alla sua poetica geniale, unica e sovversiva.