Si dipana in 8 puntate Sanctuary, la serie TV prodotta da Netflix approdata sulla piattaforma dal 4 maggio e ci parla del mondo del sumo, tra luci ed ombre di uno sport secolare del Giappone. Una storia tanto lontana per geografia e tradizione culturale, che riesce a farsi epopea formativa universale.
Scopriamo la recensione di questo curioso prodotto che potrà incuriosire gli appassionati di oriente e di sport particolari.
Indice
Sanctuary – tutte le informazioni
Trama
Sarasukaza è un ragazzo, forte e disperato, con problemi famigliari (il padre è succube di una madre assente e fedifraga) e decide di diventare un lottatore di sumo. Tuttavia, pur conquistando i fan con la sua faccia tosta e il suo talento, si ritrova a stravolgere un settore dominato dalla tradizione, con la sua poca disciplina e sregolatezza. Attorno a lui si muovono anche altri personaggi che dipingono il microcosmo di una disciplina sportiva singolare e complessa.
Crediti
Titolo originale: Sankuchuari -seiiki
Regia: Kan Eguchi
Cast: Wtaru Ichinose, Earl Bylon, Shiori Kutsuna, Eugene Ko, Koyuki, Pierre Taki
Genere: Dramma – sportivo
Durata: 8 episodi
Produzione: Giappone, 2023
Distribuzione: Netflix
Recensione
Si muove tra il racconto antropologico di una tradizione, di una cultura (quella del sumo) ed una romanza che si fa coming of age e racconto di difficoltà relazional-sociale, questa gradevole e abbastanza appassionante serie TV targata Netflix che arriva dal Giappone e che parla non solo a chi di quella cultura, di quegli umori e atmosfere ne è già avvezzo.
Nelle sue poco più di 7 ore di racconto (ogni episodio varia dai 55 ai 40 minuti) questo Sanctuary riesce ad immergerci, fin dalle prime scene, nel mondo di uno sport nazionale che si tramanda da secoli, tra polvere, allenamenti ferrei, sudore e determinazione e, in qualche caso, anche sangue.
Il Dohyo (il ring, cosiddetto del sumo) diventa così fulcro per il nostro ribelle e problematico protagonista e simbolo per stare dentro e fuori dalla società e dalla disciplina che, inizialmente, lui pratica solo per mero interesse economico e per stare lontano dalle brutture della quotidianità.
E, la serie, diretta con buon piglio da Eguchi (già noto su Netflix per il dittico action di The Fable, presente sul catalogo) ci porta con buona narrazione nel cuore di diversi personaggi che attorniano il protagonista, come la giornalista idealista che segue questo sport (e si affeziona al problematico Sarasukaza) solo perché è stata depennata dalla redazione in cui si occupava di politica o le vicende del più devoto e cupo alter ego del protagonista, dal volto sfigurato, che si è rifugiato nel sumo per un atto violento commesso da piccolo.
Un prodotto, insomma, che trova un percorso di formazione ed un racconto abbastanza corale ed empatico, non tralasciando le peculiarità dello sport di riferimento e mantenendo complessivamente uno stile realista (salvo pochi momenti sul filo del visionario).
Le scene di combattimento del sumo non hanno, per forza di cose, quella esplosività che ci si può attendere invece dal cinema sulla boxe o sul wrestling (in una sequenza verso metà della serie, comunque non manca nemmeno una sorta di epicità che sfocia nell’onirico), ma la capacità di raccontare l’ambiente (sul filo del nonnismo, nella prima parte scopriamo gli aspetti più rudi nel rapporto tra nuovi allievi e “senatori” della scuderia/palestra) e di mettere in scena gli allenamenti di questi grossi e apparentemente goffi omaccioni è piuttosto esemplare.
Conclusioni finali
In conclusione, si può ben dire che la serie Netflix Sanctuary sia un prodotto abbastanza riuscito che fa luce su uno sport molto lontano dalla conoscenza occidentale (e che raramente è stato portato al cinema o alla serialtà), facendosi anche godibile racconto di un antieroe, tra intimismo e intrattenimento Pop (come lo stile degli opening credits già evidenzia).
Al netto, dunque, della basica morale della disciplina e degli stimoli che portano al riscatto e al netto di qualche piccola lungaggine nel computo complessivo, ci troviamo dinnanzi ad un prodotto di cui se ne consiglia la visione, sia se siate amanti dell’estremo oriente (e quindi della cultura e tradizione giapponese) sia che siate appassionati di storie dal taglio sportivo, di una tipologia di sport tutta da riscoprire.
Trailer
Di seguito vediamo il trailer di Sanctuary, questa cruda e tenera, appassionata e intima storia di formazione attraverso uno sport che ci racconta una cultura lontana dalla nostra, ma dall’insegnamento universale.