Un lungometraggio che racconta la situazione di transizione della Bosnia, vent’anni dopo la guerra, attraverso gli occhi di un fratello e una sorella
(Djeca) Regia: Aida Begic – Cast: Marija Pikic, Ismir Gagula, Bojan Navojec, Mario Knezovic, Sanela Pepeljak, Vedran Djekic, Velibor Topic, Jasna Beri, Sadzida Setic, Nikola Djuricko – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Bosnia-Herzegovina, Germania, Francia, Turchia, 2012 – Distribuzione: Kitchen Film – Data di uscita: giovedì 3 gennaio 2013.
La maggiora parte delle persone nel mondo sanno cos è la guerra: la televisione, i giornali ne hanno creato una rappresentazione comune. Ma la guerra è qualcosa di diverso per chi l’ha vissuta realmente Aida Begic, la regista, ci mostra uno squarcio di vissuto di due fratelli rimasti orfani che tentano di mantenere in quegli anni uno stile di vita normale, nonostante le atrocità contro cui hanno dovuto combattere.
I due fratelli Rahima e Nedim, dalla grande differenza di età, si trovano soli nel sostenersi a vicenda. Rahima è la sorella maggiore ed è costretta a lavorare sottopagata in un ristorante gestito da un personaggio losco, mentre l’irrequieto Nedim è ancora un adolescente e va a scuola. Un giorno il ragazzo, durante una rissa con un compagno, distrugge il cellulare del figlio di un uomo potente del luogo, da quel momento si innescherà una catena di eventi che le faranno scoprire che il fratello conduce una doppia vita.
La storia sullo sfondo è quella di una ragazza ribelle che in passato, nel corso degli anni del liceo, ha causato molti problemi all’istituzione sociale dove è cresciuta insieme al fratello, nel film ci sono alcuni incontri tra Rahima e un ragazzo drogato senza che lo spettatore sia informato con riferimenti specifici relativi al loro passato, ma la cui collocazione allude agli anni di formazione della ragazza, e alle strade opposte che i due ragazzi hanno deciso di intraprendere. Rahima sceglie la via religiosa islamica in modo da poter dimostrare sia al fratello sia all’assistente sociale un cambiamento importante nella sua vita. La Begic insiste molto sul velo come simbolo forte di un rifiuto, quello del peccato e di una realtà “mondana” foriera di morte, per Rahima questa scelta è un esempio per gli altri.
“Buon anno Sarajevo” dunque racconta la vita e lo fa attraverso le giornate dei suoi protagonisti, già perchè Aida Begic attualizza lo stile del neorealismo e la poetica del pedinamento attraverso lunghissimi piani sequenza in cui la macchina a mano incontra le difficoltà della giovane protagonista. Le inquadrature appaiono frenetiche, nervose e sembravano descrivere un percorso circolare, ozioso, che non la porta mai da nessuna parte. La condivisione dello spettatore è totale.
La sicurezza che la regista mostra nel mettere in scena la sua storia, oltre ad essere un dato importante per un’autrice giunta solo al suo secondo lungometraggio, rappresenta la conferma di una sensibilità registica di assoluto livello. Anche i due giovani protagonisti offrono una grande prova di interpretazione (Marija Pikic e Ismir Gagula), entrambi gettano un po’ di luce e speranza su un quadro che resta cupo e incerto come è il finale.
Giulia Surace