Barbie è senza dubbio uno dei più grandi successi dell’estate. La pellicola di Greta Gerwig però è molto più profonda di quanto si possa pensare. Vedendo il film con un occhio attento, si possono intravedere moltissimi indizi che incitano lo spettatore ad abbandonare gli stereotipi. Inizialmente Barbieland ci viene presentato come un luogo in cui bisogna rispettare dei parametri ben precisi, sia per le donne ma anche per gli uomini.
Nel corso della pellicola però capiamo che l’obiettivo di Greta Gerwig è sempre stato quello di rompere questi schemi, abbandonare gli stereotipi di genere. Partendo da Ken, interpretato da Ryan Gosling, che compie un percorso magistrale, una crescita di pensiero. Ken ha bisogno di sapere che non è un accessorio per Barbie, Margot Robbie.
Ken, Allan, interpretato da Micheal Cera e Aaron, interpretato da Connor Swindells, sono vittime di una mascolinità tossica che alimenta indirettamente il patriarcato. Bisogna comprendere che il patriarcato ed il matriarcato sono sbagliati e molto pericolosi. Dove c’è uno squilibrio di potere infatti c’è sofferenza per tutti. Il più grande traguardo di Ken è stato quello di sentirsi utile e valorizzarsi per sé stesso e non per qualcun altro. La consapevolezza di essere un Ken “unico”, unico perché ognuno è differente dall’altro e allo stesso tempo speciale.
Anche la gentilezza presente tra i Ken è uno sviluppo molto interessante. Il rispetto e l’empatia diventano “normali” anche all’interno dei rapporti di amicizia tra i vari Ken. Il personaggio forse più misterioso e complesso è Allan. Allan è semplicemente l’amico di Ken, non ha obiettivi nella vita. La sua vera natura viene a galla nel momento in cui c’è da difendere quello in cui si crede, l’amicizia. Quando sconfigge i muratori alla dogana infatti, si comprende che Allan ha una personalità differente, potremmo considerarlo come un essere umano a tutti gli effetti.