Un film scarno, fatto di pochi dialoghi, sguardi eloquenti e una colonna sonora quasi inesistente, per raccontare la vita incompleta di un uomo solo
Regia: Stefano Incerti – Cast: Toni Servillo, Mi Yang, Geppy Gleijeses, Gaetano Bruno, Hal Yamanouchi, Antonio Buonomo, Agostino Chiummariello, Salvatore Ruocco – Genere: Drammatico, colore, 85 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: Lucky Red – Data di uscita: 15 ottobre 2010.
“Gorbaciof” di Stefano Incerti è il manifesto dell’essenzialità cinematografica. Con una narrazione lineare e priva di orpelli, dove le immagini e i silenzi la fanno da padroni, racconta la vicenda di Marino Pacileo, detto Gorbaciof per una voglia sulla fronte che ricorda quella dell’ex presidente dell’Unione Sovietica, padre della Perestroika.
L’uomo vive un’esistenza cupa e solitaria, diviso tra un lavoro che lo annoia, quello di contabile del carcere di Poggioreale, che svolge meccanicamente, e la passione per il gioco d’azzardo, scommesse, slot machine, e soprattutto le partite a carte, nel retrobottega di un ristorante cinese. Le sue giornate scorrono l’una dopo l’altra, sempre uguali a se stesse, senza scossoni, finché il suo cuore rimane turbato da una giovane cinese.
La ragazza, col suo sguardo dolce e indifeso, fa provare all’uomo una tenerezza inconsueta; nasce così un rapporto fatto di sguardi, di un affetto più percepito che mostrato, che fa desiderare all’uomo una vita diversa, una fuga dal grigiore. Ma questa non è impresa facile. Il racconto di Incerti più che una finzione cinematografica sembra la fotografia di un’esistenza, i dialoghi lasciano il posto a silenzi ben più eloquenti, la colonna sonora è spesso sostituita dai suoni e dai rumori del quotidiano.
Il tutto carica la pellicola di realismo, anche se a tratti si avverte una certa stasi, una lentezza che rischia di pesare sullo spettatore. Servillo è come sempre una certezza, è lui il fulcro della vicenda, riesce ad impersonare il protagonista in modo fantastico, la sua recitazione è arricchita da una mimica difficilmente riscontrabile nei suoi colleghi. Sembra riuscire a trasformarsi in chiunque, a spogliarsi di se stesso per farsi avvolgere completamente dai personaggi.
Peccato che nel finale il film prenda una piega troppo battuta, il solito epilogo sull’ineluttabilità del destino, visto e rivisto in tanti film, in ultimo “The American” con George Clooney.
La citazione nel finale di una famosa scena di un celebre film di Tarantino poi, rattrista un po’, più che un omaggio sembra una mancanza di fantasia. Peccato, Incerti parte bene, ma ad un tratto sembra tirare il freno a mano alla fantasia, perdendo l’originalità che la pellicola avrebbe potuto conservare.
Maria Grazia Bosu