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I Guardiani del Destino – Recensione

I guardiani del destino: Matt Damon e Emily Blunt protagonisti vincenti di un thriller originale

(The Adjustment Bureau) Regia: George Nolfi – Cast: Matt Damon, Emily Blunt, Shohreh Aghdashloo, John Slattery, Terence Stamp, Anthony Mackie, Michael Kelly, Anthony Ruivivar, Purva Bedi, Shane McRae – Genere: Thriller, colore, 106 minuti – Produzione: USA, 2011 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 17 giugno 2011.

iguardianideldestinoGeorge Nolfi, sceneggiatore di tutto rispetto (suo “The Bourne Ultimatum”), sceglie, per il suo debutto dietro alla macchina da presa, di adattare per il grande schermo un racconto breve di Philip K. Dick del 1954, “Adjustment Team”, in cui lo scrittore, come in tutte le sue opere, riflette sull’ineluttabilità di un destino segnato, che vede gli uomini limitati al ruolo di marionette nelle mani di un burattinaio che non concede sconti.

Così, quando David, impersonato da Matt Damon, s’innamora di Elise, una deliziosa ballerina, i cui panni sono vestiti dalla brava e sottostimata Emily Blunt, essendo questa una circostanza non prevista, che può causare delle ‘instabilità’, intervengono i ‘guardiani’, per riportare tutto sui binari prestabiliti. Il racconto di partenza era ambientato in piena Guerra Fredda, e il protagonista era un assicuratore, sposato, il regista opta invece per un sentimento che ancora deve sbocciare, e per sfondo usa la Manhattan attuale, frenetica e sfuggente.

Le opere di Dick hanno sempre appassionato i cineasti, che ne hanno tratto ispirazione per diverse pellicole, come “Memento”, “Se mi lasci ti cancello”, “Minority Report” e il capolavoro di Scott, “Blade Runner”. Nolfi ripropone la filosofia pessimistica di Dick, con un’opera a tratti adrenalinica, a tratti sentimentale, visivamente ottima, che cade però nella banalità nei momenti che definiremmo ‘di riflessione mistica’, e non è in grado di portare correttamente sullo schermo l’ironia di cui è intrisa l’opera di partenza, rischiando attimi di ‘ridicolo’. Nonostante questo il film appassiona, perche la coppia di protagonisti è vincente, e sopperisce alle lacune dello script, e una partefinale molto prevedibile. Damon, artista poliedrico, attore a tutto tondo, riempie lo schermo con la sua bravura, il suo David, diviso tra il desiderio di realizzare la sua carriera politica, come da progetto, e il sentimento imprevisto per la giovane ballerina, coinvolge profondamente lo spettatore, che con facilità solidarizza con l’uomo che, presa per mano l’amata, inizia la fuga per le vie di New York.

Da sempre l’uomo riflette sul destino, sulla possibilità di poter esercitare realmente il libero arbitrio, anche perché l’esistenza di un cammino prestabilito ci deresponsabilizza in qualche modo, soprattutto quando le cose non vanno, facendoci invocare il fato, il destino, la dea bendata, o dei complotti sottotraccia, tanto percepiti da Dick. Anche per questo, anche se l’opera prima di Nolfi non è un capolavoro, rimane godibile e interessante.

Massimo Racca

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