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Controversia sui diritti di produzione: Pietro Valsecchi accusa Pablo Trincia per il podcast su Rigopiano

Un acceso dibattito si è acceso attorno alla docuserie podcast “E poi il silenzio – Il disastro di Rigopiano”, realizzata dal giornalista Pablo Trincia, che a partire dal 28 settembre scorso è già disponibile per il pubblico. Pietro Valsecchi, produttore cinematografico, ha fatto sapere di non essere d’accordo con la pubblicazione, sostenendo di avere la legittima proprietà intellettuale dell’idea che ha dato vita al progetto. Valsecchi ha altresì presentato una diffida legale alla produzione per fermare la messa in onda della docuserie su Sky, dichiarando che i familiari delle vittime non avrebbero mai autorizzato l’utilizzo dei materiali in questione. Questo episodio mette in luce le complesse dinamiche dietro la produzione di opere dedicate a eventi tragici e mostra quanto sia delicato il rapporto tra i media e i diritti delle famiglie coinvolte.

La denuncia di Pietro Valsecchi

Secondo quanto riportato da Valsecchi all’agenzia Adnkronos, questa vicenda non rappresenta solo una questione legale, ma un attacco ai diritti e alla dignità delle famiglie delle vittime. In particolare, il produttore ha sottolineato che da anni collabora con le famiglie dei deceduti di Rigopiano e il loro studio legale, dirigendo le proprie azioni verso la creazione di un progetto condiviso. Valsecchi ha evidenziato come le sue interazioni con i familiari siano state condotte in buona fede e con l’obiettivo di dare voce alla loro sofferenza attraverso film e podcast.

Controversia sui diritti di produzione: Pietro Valsecchi accusa Pablo Trincia per il podcast su Rigopiano

In effetti, fin dal 2017, Valsecchi ha lavorato a stretto contatto con l’associazione delle vittime per sviluppare narrazioni che possano rappresentare adeguatamente la storia di quanto accaduto. Lavorando con giornalisti di spicco come Fabio Tonacci e Goffredo Buccini, il produttore ha intrapreso un percorso di raccolta di testimonianze e informazioni che avrebbero dovuto arricchire il progetto originale. Valsecchi ha dichiarato che Trincia avrebbe cercato di approfittare di questa collaborazione, ottenendo materiali sensibili che dovevano rimanere riservati.

In un’accorata difesa della sua posizione, Valsecchi ha espresso la frustrazione per quello che considera un furto della sua proprietà intellettuale. Questo evidenzia non solo la sua personale delusione, ma anche un possibile conflitto etico su come vengono gestite le storie di dolore e di perdita. La questione ruota attorno all’importanza di tutelare le voci di chi ha subito un trauma significativo e di riconoscere il lavoro di chi cerca di raccontare questa storia.

La reazione del comitato delle vittime

Il comitato delle vittime di Rigopiano, rappresentato dal presidente Gianluca Tanda, ha espresso il proprio sostegno a Valsecchi. La loro testimonianza evidenzia il disorientamento e la confusione che si è generata attorno alla gestione del progetto. Tanda ha rivelato che, inizialmente, i familiari delle vittime avevano lavorato credendo che il progetto fosse sotto la direzione di Valsecchi. Quando hanno iniziato a interagire con Trincia, pensavano di stare collaborando con qualcuno che condivideva la medesima visione del progetto.

La situazione si è complicata quando Trincia ha richiesto ulteriori autorizzazioni e liberatorie, suscitando confusione tra i familiari. I membri del comitato hanno dichiarato di sentirsi traditi dalle modalità operative di Trincia. Tanda ha spiegato di aver immediatamente chiesto chiarimenti al giornalista, sottolineando che era legato da un accordo con Valsecchi e che non poteva approvare una liberatoria per un progetto già in corso.

Questa esperienza ha lasciato un segno profondo nei familiari, i quali non cercano necessariamente profitto finanziario, quanto piuttosto giustizia e verità per i loro cari. Hanno espresso un desiderio di veder rappresentate le loro storie in modo dignitoso e autentico, piuttosto che come meri contenuti commerciali. La questione quindi si pone non solo sul piano legale, ma investe anche questioni morali e etiche legate alla creazione e alla diffusione di opere che trattano eventi traumatici.

La delicata interazione tra diritto d’autore, sensibilità umana e narrazione pubblica rende questo caso emblematico della necessità di una riflessione più profonda sull’etica della comunicazione e sulla rappresentazione dei diritti delle vittime.

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