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Arriva al cinema “Trifole – Le radici dimenticate”: un viaggio nelle Langhe e nei legami familiari

Il 17 ottobre è la data da segnare nei calendari per gli amanti del cinema italiano: Officine UBU porterà nei cinema “Trifole – Le Radici Dimenticate”, un’opera diretta dal cineasta Gabriele Fabbro, conosciuto per il suo precedente film “The Grand Bolero”. Questo lungometraggio rappresenta un’intensa esplorazione dell’amore familiare, delle tradizioni locali legate al tartufo e dei cambiamenti socioeconomici che minacciano i legami con il passato. In un’anteprima esclusiva su Movieplayer.it è disponibile una clip che mostra un intenso scambio tra il protagonista e la nipote, offrendo uno spaccato della narrazione che ci attende.

Il tema centrale di “Trifole – Le radici dimenticate”

“Trifole – Le Radici Dimenticate” si svolge nel suggestivo paesaggio delle Langhe, una regione rinomata per la sua tradizione culinaria e vinicola, ma anche per i suoi preziosi tartufi bianchi. Il film segue la storia di Igor, un cercatore di tartufi interpretato da Umberto Orsini, che vive un momento di crisi: non solo economica, ma anche familiare. La narrazione ruota attorno alla visita della nipote Dalia, interpretata da Ydalie Turk, che ritorna dall’Inghilterra per assistere il nonno, in un periodo critico della sua vita, segnato dalla demenza senile.

Arriva al cinema “Trifole – Le radici dimenticate”: un viaggio nelle Langhe e nei legami familiari

La trama si addentra in temi attuali, come lo sfratto imminente del nonno a causa delle spinte commerciali delle aziende vinicole locali, le quali mirano a rilevare le terre storicamente dedicate alla raccolta del tartufo. La salute deteriorata di Igor e le difficoltà economiche spingono quest’ultimo a trasmettere alla nipote i segreti della tradizione dei trifolao. La giovane Dalia si ritrova così coinvolta in un’avventura che la porterà a scoprire non solo la bellezza del territorio delle Langhe, ma anche il valore inestimabile dell’eredità familiare e culturale.

Attraverso la ricerca di un grande tartufo bianco, il duo spera di trovare le risorse necessarie per mantenere la casa di famiglia. La storia di “Trifole” ci invita a riflettere sui cambiamenti socio-economici e sull’importanza di preservare le tradizioni, creando un forte legame tra generazioni che ci insegnano a riconoscere e apprezzare le nostre radici.

Un cast di talenti e collaborazione creativa

Oltre a Fabbro dietro la macchina da presa, il film vanta un cast variegato e talentuoso. Accanto a Orsini e Turk, troviamo anche nomi come Margherita Buy, che interpreta Marta, la madre di Dalia, e Enzo Iacchetti, che apporta la sua riconosciuta presenza comica. Frances Sholto-Douglas, nota per il suo ruolo in “Kissing Booth”, e Francesco Zecca, già visto in “The White Lotus”, completano un ensemble che promette di rendere memorabile “Trifole”.

La partecipazione di Ydalie Turk non si limita a recitare, poiché l’attrice è anche co-autrice del film, dimostrando così un forte impegno creativo che va oltre il semplice atto di interpretare un ruolo. Questa sinergia artistica tra recitazione e scrittura narrativa è elemento fondamentale del film, contribuendo a plasmarne l’autenticità e la profondità.

Inoltre, “Trifole” è sostenuto da un’importante iniziativa pubblica, avendo ricevuto contributi dal PR FESR Piemonte 2021-2027 – bando Piemonte Film TV Fund, un chiaro segnale dell’appoggio che istituzioni locali riservano al cinema e alla promozione delle tradizioni culturali regionali.

Infine, il messaggio del regista

Gabriele Fabbro ha condiviso il suo intento artistico e umano, sottolineando la sua volontà di trasferire sul grande schermo storie d’amore, legate alle tradizioni e alle comunità italiane che, sfortunatamente, si stanno perdendo nel tempo. La sua aspirazione è quella di offrire una narrazione che catturi l’attenzione su aspetti culturalmente rilevanti e suscitare una consapevolezza riguardo alla bellezza che circonda questi mondi, così spesso dimenticati.

Fabbro descrive “Trifole” come una lettera d’amore a suo nonno e al suo patrimonio culturale italiano, esprimendo l’urgenza di proteggere e valorizzare non solo le tradizioni legate alla caccia dei tartufi, ma anche il rispetto per l’ambiente e il legame profondo con la natura. La sua opera si configura così non soltanto come una semplice avventura, ma come un appello alla preservazione della memoria e delle identità rimaste nel cuore delle persone e nei luoghi attraversati dalla storia.

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