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Il viaggio di ritorno agli antichi legami: Rai Storia presenta il film su Fertilia e gli esuli istriani

Rai Storia ha offerto al pubblico un’opera che ricostruisce la memoria e l’identità di un’intera comunità. Con “Rotta 230° – Ritorno alla Terra dei Padri“, diretto da Igor Biddau e presentato in anteprima alla 81ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il documentario esplora le vicende storiche degli esuli istriani e il loro viaggio verso Fertilia. Questo lungometraggio, trasmesso per commemorare il settantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia, rappresenta un’importante riscoperta delle radici di una popolazione che ha vissuto il dramma dell’esilio e delle perdite.

La nascita di Fertilia e il contesto storico

Il film prende avvio con un’analisi della nascita di Fertilia, un insediamento costruito alla fine del XIX secolo come parte di un’operazione di bonifica delle terre, in gran parte realizzata grazie al lavoro dei detenuti della colonia penale di Cuguttu, vicino ad Alghero. Questa località non è solo un luogo geografico, ma un simbolo di rinascita e di speranza per molti esuli provenienti da Istria, Fiume e Dalmazia. Dopo le ritorsioni del regime di Tito, che costrinse migliaia di persone a lasciare le loro terre d’origine, Fertilia si trasformò in un nuovo punto di partenza.

Il viaggio di ritorno agli antichi legami: Rai Storia presenta il film su Fertilia e gli esuli istriani

Il film di Biddau viene così a inserirsi all’interno di un periodo storico definito da tensioni politiche e sociali. Gli esuli, costretti a un esodo forzato, intrapresero un viaggio lungo e difficile che durò venti giorni e venti notti. Il racconto di questo cammino non è una semplice cronaca di spostamenti fisici, ma rappresenta un viaggio interiore verso la ricostruzione di una storia e di un’identità culturale, spesso dimenticate. Ogni tappa è avvolta da ricordi e nostalgia, che si intrecciano con le storie di chi ha affrontato questo esodo.

La rotta dei pescherecci e il simbolo del Klizia

Il cuore del documentario si concentra sull’imbarcazione Klizia, comandata da Giulio Marongiu, esule da Pola. Questa nave non è solo mezzo di trasporto, ma un vero e proprio simbolo di connessione tra il passato e il presente. Durante il viaggio, Giulio e il suo equipaggio, composto dal figlio Federico e da Mauro Manca, conquistano le acque che fino a poco tempo fa rappresentavano una vita ormai distante. La rotta tocca punti nevralgici come Chioggia, Venezia, Trieste, Muggia, Capodistria, Rovigno e Pola, creando un parallelismo tra il tragitto fisico e il legame emotivo con le terre d’origine.

Ogni tappa della navigazione riaccende ricordi e riflessioni, permettendo di esaminare il significato profondo della parola “casa”. Per generazioni di esuli, questa è divenuta una sorta di utopia, un luogo esistenziale che esisteva solo nel desiderio e nella memoria. La rappresentazione di questo viaggio si biforca con le interviste ai protagonisti dell’esodo, le cui storie di vita contribuiscono a generare una narrazione corale e complessa.

Riflessioni sulla memoria e significato del ritorno

Rotta 230°” non è solo un racconto di un viaggio materiale; è anche e soprattutto un profondo esame di come la memoria plasmi l’identità di un popolo. Attraverso le interviste con esuli di prima e seconda generazione, il film mette in luce le diverse percezioni del concetto di “casa”. Molti di loro, pur avendo costruito una vita in un nuovo contesto, continuano a portare nel cuore il ricordo della terra natale, che diventa un elemento fondante della loro esistenza.

La narrazione blend tra il viaggio reale della Klizia e le testimonianze dei protagonisti, creando un affresco emotivo che tocca temi universali come l’appartenenza, la nostalgia e la ricerca di identità. Nonostante il documentario non voglia risultare mero esercizio di retorica, la presenza di elementi poetici serve a enfatizzare la profonda connessione tra l’uomo e il suo passato, rendendo omaggio non solo agli esuli, ma a tutte le persone costrette a lasciare le proprie radici.

In sintesi, il film di Igor Biddau offre un’importante opportunità di riflessione sulle tematiche dell’esilio e dell’appartenenza, offrendo così un contributo fondamentale alla memoria collettiva e alla comprensione di una parte significativa della storia italiana.

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