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L’amica geniale: l’attesissima conclusione della serie con la direzione di una regista donna

L’ultima stagione de L’amica geniale, basata sulla celebre tetralogia di Elena Ferrante, ha debuttato finalmente in Italia, portando con sé una combinazione di emozioni, attese e significato culturale. Disponibile dal 9 settembre sulla piattaforma Max e in arrivo su Rai Uno a partire dall’11 novembre, la serie ha confermato il suo impatto sia in patria che all’estero. Il quarto e ultimo capitolo, intitolato “Storia della bambina perduta“, continua il racconto dell’amicizia tra Elena e Lila, due donne cresciute in un contesto socio-economico difficile nella periferia di Napoli, mentre si confrontano con le sfide dei loro destini incrociati e degli eventi storici che hanno segnato l’Italia del XX secolo.

L’impatto culturale de L’amica geniale

La saga de L’amica geniale ha avuto un ruolo fondamentale non solo nella narrativa contemporanea, ma anche nella rielaborazione del vissuto femminile in Italia e nel mondo. Ambientata negli anni del dopoguerra e fino ai giorni nostri, la storia di Elena Greco, conosciuta come Lenù, e Raffaella Cerullo, o Lila, si evolve attraverso le difficoltà economiche e le lotte per i diritti delle donne, che culminano nei movimenti per l’aborto e il divorzio. Questo backdrop storico si intreccia perfettamente con la crescita personale delle protagoniste, rendendo l’opera di Ferrante una esplorazione profonda delle dinamiche di potere, delle relazioni e dell’identità.

L’amica geniale: l’attesissima conclusione della serie con la direzione di una regista donna

Il riconoscimento del New York Times, che ha etichettato il libro come “il libro del secolo,” testimonia l’impatto universale della storia e delle sue tematiche. Con una fanbase che si è largamente formata tra le lettrici, l’uscita della quarta stagione ha alimentato non solo l’aspettativa, ma anche un dibattito più ampio sulle questioni di rappresentanza e visibilità femminile nel panorama cinematografico e televisivo. Questo rinnovato interesse si evidenzia anche nel modo in cui la serie si distingue nel panorama fiction contemporaneo, facendo leva su una narrazione ricca di sfumature emotive e ferranti.

La presenza di una regista donna: Laura Bispuri

Questa stagione segna un’importante evoluzione con l’arrivo di Laura Bispuri come regista. Dopo tre stagioni in cui la creazione della serie era stata gestita principalmente da registi uomini, la Bispuri affronta una sfida unica: portare su schermo un universo ben definito, creando al contempo continuità con quanto già realizzato e dando il proprio tocco personale. La presenza di una donna alla regia non solo arricchisce la narrazione, ma offre anche un punto di vista differente che si allinea perfettamente con la visione femminista disegnata nei romanzi, rendendo finalmente giustizia a una storia che parla profondamente dell’esperienza femminile.

Nel cast, un’ulteriore caratterizzazione delle protagoniste arriva con l’interpretazione di Irene Maiorino e Alba Rohrwacher, che restituiscono al pubblico le versioni adulte dei due personaggi centrali. Rohrwacher ha già lavorato in precedenza nel ruolo di Lenù, creando quindi un ponte tra le due età della protagonista. Maiorino, dopo vari provini, riesce a catturare l’essenza di Lila, con una performance influenzata dal lavoro della giovane Gaia Gerace, attrice che aveva interpretato la Lila adolescente. Tale continuità di lavoro è fondamentale nel mantenere l’integrità degli archi narrativi delle protagoniste, mentre Bispuri riesce a dare nuova vita e complessità a questi ruoli.

La controversia sulla scelta del regista e il dibattito di genere

La designazione di Laura Bispuri ha suscitato un acceso dibattito, specialmente in relazione alle parole di Saverio Costanzo, regista della precedente serie, il quale ha dichiarato che “la scelta del regista non dovrebbe dipendere dal genere.” Questa affermazione ha sollevato non poche discussioni, facendo luce su un problema più ampio di rappresentanza di genere nell’industria cinematografica. Nonostante la sua buona intenzione, quanto espresso da Costanzo può apparire come una sottovalutazione del significato di avere una donna al timone di una storia intrinsecamente femminile come L’amica geniale.

Molti osservatori, in particolare quelli sensibili alle tematiche femministe, hanno visto questa quarta stagione come un’opportunità di avanzare verso una maggiore inclusione e visibilità di autrici e registe. L’assenza di una voce femminile nella prima parte della serie ha reso evidente la necessità di diverse prospettive creative. Attraverso il suo lavoro, Bispuri riesce finalmente a dare attenzione al punto di vista femminile, arricchendo l’opera di sfumature e complessità che fino ad ora erano state trascurate.

La trasposizione televisiva dell’opera di Ferrante è stata caratterizzata da un significativo investimento di risorse e attenzione ai dettagli, e i risultati appaiono promettenti. Tuttavia, rimane il legittimo interrogativo su quanto si sarebbe potuto realizzare se una donna avesse guidato l’intero progetto fin dall’inizio, suggerendo che ci sia ancora molto da esplorare e conquistare per quanto riguarda la rappresentanza nel mondo dello spettacolo.

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