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Ciro Caravano condivide il suo ruolo di vocal coach per Nuzzolo e Giuggioli in “Hanno ucciso l’uomo ragno”

Ciro Caravano, noto come membro dei Neri per Caso, ha avuto l’esclusivo compito di formare vocalmente Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli per la serie di Sky “Hanno ucciso l’uomo ragno”, dedicata alla storia degli 883. Con l’obiettivo di ricreare in modo autentico il talento di Max Pezzali e Mauro Repetto, Caravano ha condiviso la sua esperienza come vocal coach, rivelando dettagli sulla preparazione e sull’importanza della musica nell’interpretazione.

Un lavoro completi e difficile di interpretazione

“Hanno ucciso l’uomo ragno” ha ricevuto consensi per le sue interpretazioni che uniscono talento recitativo e musicale. Per Nuzzolo e Giuggioli, l’apprendimento del canto è stato un aspetto cruciale. Caravano, in veste di vocal coach, ha guidato i talentuosi attori durante il loro percorso. “Sydney Sibilia, il regista, mi ha contattato per offrire il mio supporto perché conosceva già il mio lavoro con Groenlandia,” racconta Caravano. “Ho già collaborato con loro in precedenti produzioni. Il mio compito era quello di aiutare i ragazzi a interpretare musicalmente i personaggi.”

Ciro Caravano condivide il suo ruolo di vocal coach per Nuzzolo e Giuggioli in “Hanno ucciso l’uomo ragno”

Entrando nel merito, il preparatore vocale ha enfatizzato quanto fosse essenziale far emergere la musicalità naturale di Nuzzolo e Giuggioli. La loro predisposizione al canto era positiva, nonostante la necessità di affinare le loro abilità. “Nuzzolo e Giuggioli avevano già una base; il mio compito era mirato a perfezionare le loro tecniche vocali,” ha aggiunto Caravano. “Ho visto immediatamente il potenziale che avevano in ciascuno di loro e ho capito che con lavoro e dedizione avremmo raggiunto ottimi risultati.”

La preparazione e il rapporto tra il coach e gli attori

Uno degli elementi che meglio caratterizza il lavoro di Caravano è stata la disponibilità e l’impegno di Nuzzolo e Giuggioli. “Mi hanno sempre dedicato tempo e volontà. Nonostante gli impegni, hanno creato un’atmosfera di collaborazione che ha facilitato il processo di apprendimento,” sottolinea. “Non era mai solo un lavoro di tecnica, ma anche di costruzione di un rapporto umano basato sulla fiducia e sul rispetto.”

L’approccio di Caravano ha messo in risalto l’importanza di adattare le tecniche vocali in base alle personali caratteristiche di ciascun attore. “Per Nuzzolo, il lavoro si è concentrato sulle tonalità e sull’estensione vocale. Giuggioli ha dato supporto a Nuzzolo in situazioni in cui necessitava di maggiore grinta,” spiega l’artista campano. La sinergia tra i due attori ha contribuito considerevolmente al successo delle loro interpretazioni.

Aspetti tecnici e musicali della produzione

Dal punto di vista tecnico, Caravano ha sottolineato l’importanza della registrazione in studio prima delle riprese. “Abbiamo registrato gli undici brani necessari per determinare le scene,” rivela. “Successivamente, abbiamo cantato in presa diretta, una fase critica per garantire l’autenticità delle performance. Non si poteva usare una traccia studio durante una scena di interazione autentica.”

Uno dei brani più complessi, secondo Caravano, è stato “Non me la menare”, a causa delle sue particolari esigenze vocali. “Non è solo una questione di capacità tecnica, ma di controllo del fiato. Per affrontare certe parti della canzone, abbiamo dovuto trovare strategie per permettere a Elia di riprendere fiato mentre Matteo completava le frasi.”

Un incarico che va oltre il semplice coaching

Oltre al coaching, Caravano ha ricoperto anche il ruolo di consulente musicale, occupandosi della strumentazione dell’epoca. “Le attrezzature che abbiamo usato per ricreare la ‘tavernetta’ erano autentiche, seguendo le indicazioni di Max Pezzali,” ha spiegato. “Essendo cresciuto in quegli anni, sapevo esattamente quali strumenti utilizzare e come allestirli.”

La sua competenza in materia è emersa casualmente durante una riunione di produzione. “Ero in anticipo e ho ascoltato le discussioni su come rendere realistica la musica dell’era degli 883,” continua. “Ho proposto la mia assistenza e ci siamo accordati con Max. Per entrambi, quegli strumenti erano parte dei nostri ricordi. Insieme, abbiamo lavorato per assicurare che tutto fosse autentico.”

Il segreto del successo della serie

Il successo di “Hanno ucciso l’uomo ragno” è dovuto a diversi fattori, tra cui la scrittura sincera e l’impegno di tutta la squadra. “La sincerità nel raccontare questa storia è stata la chiave,” afferma Caravano. “Sydney ha fatto un lavoro incredibile, e l’atmosfera positiva durante le riprese ha fatto la differenza.” La serie offre uno sguardo sull’amicizia e su come i due protagonisti abbiano superato sfide per realizzare i loro sogni musicali.

“Una seconda stagione sarebbe un’ottima opportunità sia per rielaborare la storia sia per esplorare ulteriormente i personaggi,” conclude Caravano. La possibilità di un seguito è concreta, e chissà, il talento e l’intensità di Nuzzolo e Giuggioli potrebbero continuare a lasciare il segno.

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