L’opera “Sahara” di Claudia Castellucci, presentata al Romaeuropa Festival, è un viaggio profondo e complesso nel concetto del deserto, inteso non solo come spazio fisico, ma anche come condizione mentale. Fondatrice della Socìetas Raffaello Sanzio insieme al fratello Romeo e ai collaboratori Chiara e Paolo Guidi, Castellucci spiega come la danza rappresenti una forma fondamentale di espressione, capace di riflettere la realtà del momento presente. La performance, che vede danzatori in scena accompagnati dalle musiche di Stefano Bartolini, è il risultato di due anni di ricerca e sperimentazione.
Una danza che sfida il deserto
Per molti europei, il Sahara è il deserto per eccellenza, ma per Castellucci rappresenta qualcosa di più complesso. “Il deserto è una condizione mentale che si presta a molteplici interpretazioni,” spiega la coreografa. La sua attenzione è rivolta alla danzacommo strumento di esplorazione dell’esperienza umana, riuscendo a creare in situazioni estreme che evocano una profonda introspezione. Il deserto, con il suo orizzonte infinito, diventa un simbolo di libertà creativa, ma anche di solitudine e vuoto.
Castellucci sottolinea l’importanza della danza come arte che necessita della presenza corporea, portando così il pubblico a confrontarsi con la propria realtà. Questo approccio artistico permette di esplorare il contrasto tra la solitudine del deserto e la ricchezza interiore dei pensieri, dimostrando come anche in un luogo di assenza si possa trovare una molteplicità di significati.
L’arte della flagranza: un’interpretazione evocativa
Il concetto di “arte della flagranza” viene ben definito da Castellucci, che riprende un termine solitamente utilizzato in ambito legale e lo ricollega all’idea di immediatezza e presenza. “La danza è significativa quando riesce a coinvolgere lo spettatore nel momento attuale,” afferma. La forza dell’opera si manifesta non attraverso una narrazione, quanto piuttosto nell’esperienza di ciò che accade in tempo reale sul palco. La danza, quindi, si trasforma in un atto di responsabilità nei confronti delle immagini e delle emozioni suscitate, invitando il pubblico a vivere attimi di pura autenticità.
In antitesi con la sua precedente creazione “All’inizio della città di Roma“, che rifletteva sulle dinamiche sociali contemporanee, “Sahara” si presenta come una meditazione sulla condizione di isolamento. Qui, il deserto non è solo un luogo fisico ma una metafora potente di introspezione e riflessione, creando un contrasto tra il silenzio esterno e il tumulto mentale.
Musica e danza: un legame imprescindibile
Per Castellucci, la musica svolge un ruolo fondamentale nel contesto della performance. “È stata composta passo dopo passo, adattandosi perfettamente alla coreografia,” racconta. Questo approccio sinergico tra danza e musica è essenziale per trasmettere l’essenza dell’opera, dando vita a una fusione che arricchisce l’esperienza visiva e uditiva del pubblico. La gestazione di questo progetto è stata lunga e articolata, ma ha beneficiato del sostegno dell’Unione Buddhista Italiana, sottolineando come la collaborazione fra diverse discipline e culture possa ampliare gli orizzonti artistici.
Riflessioni su educazione e formazione artistica
Claudia Castellucci, oltre a essere una drammaturga e coreografa di successo, è anche un’importante figura educatrice. La sua esperienza nel teatro universitario rappresenta un ritorno alle origini e un’opportunità per trasmettere il valore dello studio e della pratica artistica. “Parlo di scuola in senso antico, come un momento di incontro dedicato alla formazione e alla crescita personale,” afferma.
Inoltre, la fondazione della Scuola Cònia nel 2014 ha rappresentato un altro importante passo nella sua carriera. Castellucci annuncia che il 2025 segnerà la conclusione di questa iniziativa, evidenziando come sia naturale chiudere un ciclo, pur continuando ad attrarre nuovi interessati al meraviglioso mondo dell’espressione artistica e alla rappresentazione della realtà.
Rimanendo così intrinsecamente legata al tema del deserto e delle sue infinite possibilità, la danza di Castellucci rappresenta un potente veicolo di riflessione e comunicazione, capace di farci interrogare sull’esistenza e sull’arte.