Nel panorama calcistico italiano, pochi club hanno saputo incastonare la loro storia e le loro emozioni in un racconto fatto di passione e aneddoti come l’Atalanta. Il nuovo libro di Miro Radici, intitolato La mia vita con l’Atalanta — Storie di un calcio romantico, scritto in collaborazione con Pietro Serina, si propone di farci scoprire le pieghe più intime della vita nerazzurra. Con un evento di presentazione fissato per domani, lunedì 11 novembre, alla Biblioteca dello Sport Nerio Marabini di Seriate, il volume promette di offrire non solo una cronaca della carriera di Radici nell’Atalanta, ma anche uno spaccato di storia di Bergamo.
Un libro che celebra 70 anni di passione
Il volume, in uscita il 12 novembre, al prezzo di 16 euro, rappresenta una summa dell’amore di Miro Radici per l’Atalanta. Attraverso le pagine, il lettore avrà l’opportunità di rivivere settant’anni di eventi che hanno segnato non solo la vita di un uomo, ma anche quella di un’intera comunità. Radici si è distinto nel ruolo di imprenditore, azionista e vicepresidente dell’Atalanta, diventando uno dei protagonisti principali della narrazione.
Il libro non si limita a un resoconto dei successi e delle delusioni sul campo; si addentra nelle dinamiche che hanno definito una dinastia che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia calcistica bergamasca. La vita di Radici è intrecciata con le fortune e le disavventure del club nerazzurro, rendendo le sue esperienze personali un metodo efficace per esplorare l’impatto che il calcio ha avuto su Bergamo e sui bergamaschi.
Il capitolo 7, intitolato “La tragedia di Cesare. Ciao presidente”, offre uno sguardo speciale sulla seconda metà degli anni Ottanta, periodo in cui la squadra stava subendo cambiamenti critici. Da queste esperienze emergono non solo i commenti sui giocatori, ma anche la profonda connessione emotiva tra il club e i suoi tifosi.
L’errore di Francesco Previtali e il sogno di Batistuta
Tra i racconti più penetranti del libro, emerge un aneddoto nel quale si fa riferimento alla figura di Franco Previtali, noto per il suo occhio attento nel valutare i talenti calcistici. Durante uno degli appassionanti Tornei di Viareggio, Previtali ha avuto modo di osservare un giovane centravanti argentino che, con la sua prestazione strabiliante, ha attirato subito la sua attenzione: Gabriel Batistuta. L’agenzia sportiva decise di investire tempo ed energie in questo giovane talento, ma le cose non andarono come previsto.
Pur avendo visto Batistuta realizzare una tripletta in una delle competizioni, il parere del ct argentino César Menotti non convinse Previtali a portare il centravanti in Italia. Per quanto il giovane calciatore mostrasse promettenti caratteristiche tecniche, Previtali rimase scettico, sostenendo che il ragazzo avesse una corsa ritenuta “poco naturale” e definendolo “rigido di fianchi”. Questa valutazione errata portò alla decisione di rinunciare a Batistuta, soprattutto in considerazione dell’ottimo rendimento dell’attaccante brasiliano Evair.
L’ascesa di Batistuta e le conseguenze di una scelta errata
La carriera di Gabriel Batistuta in Italia è un monito di cosa può succedere quando si sottovalutano i talenti. Dopo quell’incontro al Torneo di Viareggio, Batistuta approdò alla Fiorentina, dove trascorse oltre un decennio conquistando il cuore dei tifosi e segnando ben 200 gol. L’aneddoto di Radici si fa vivido quando si racconta della finale di Coppa Italia perduta dalla sua Atalanta contro i viola, in cui Batistuta si rivelò decisivo con le sue performance straordinarie.
Il rammarico per l’errore di valutazione non abbandonò mai Previtali, che dopo la sconfitta nella finale si sentì obbligato a contattare Radici per esprimere il suo dispiacere. Nonostante i successi di Radici con l’Atalanta, il pensiero che la squadra avesse perso un potenziale campione continuava a tormentarlo. Anche se Radici tentò di consolarlo, ricordandogli che “chi fa, sbaglia”, la scelta di non puntare su Batistuta rimase un momento indelebile nella loro storia.
Con il passare degli anni, la storia di Radici e dell’Atalanta non è solamente una cronaca di successi e fallimenti sul campo, ma è una testimonianza della passione e della determinazione che hanno trasformato un club in un simbolo di resilienza per Bergamo e i suoi abitanti, lasciando un’eredità eterna.