Pupi Avati, uno dei registi più apprezzati del panorama cinematografico italiano, sarà protagonista della trasmissione “Ciao Maschio” in onda su Rai1 il 16 novembre. Nel corso dell’intervista condotta da Nunzia De Girolamo, Avati condivide riflessioni profonde sull’invidia e sul suo desiderio di emulare il grande Federico Fellini, rivelando una faccia inedita della sua personalità artistica.
L’invidia nel percorso artistico di un regista
Durante l’intervista, Avati non ha nascosto il suo sentimento di invidia, un’emozione che riconosce di provare soprattutto nel contesto della sua carriera. “Mi sembra totalmente ingiusto che gli altri abbiano delle cose che io non ho,” ha dichiarato, rivelando un lato vulnerabile dietro la sua forte immagine. Per Avati, l’invidia non è un semplice capriccio; è un motore che alimenta la sua creatività e ambizione professionale. Anche se non prova invidia per il successo in generale, avverte una frustrazione particolare per ciò che ritiene di non aver raggiunto nella sua carriera.
La sua affermazione rimarca l’importanza di mantenere viva la passione per la propria arte, riflettendo come questo sentimento possa essere utilizzato per motivarsi e spingersi oltre i propri limiti. Avati separa il concetto di successo da quello di realizzazione artistica, sottolineando che ciò che desidera davvero è lasciare un’impronta duratura nel mondo del cinema.
Desiderio di emulare Federico Fellini
All’interno della sua confessione, Pupi Avati ha rivelato un’invidia particolare nei confronti del regista Federico Fellini, la cui genialità continua a ispirare generazioni di artisti. “Voglio diventare Fellini, anche io voglio avere tutte queste cose,” ha affermato con una sincerità disarmante. Per Avati, il confronto con Fellini rappresenta un ideale da perseguire, un punto di riferimento che lo motiva a cercare la genialità nella sua creazione artistica.
Il regista ha spiegato che l’invidia nei confronti di Fellini non è solo un desiderio di raggiungere il suo livello di successo e riconoscimento, ma rappresenta anche un’autentica aspirazione a diventare un maestro nel suo campo. “L’invidia che più mi ha logorato? Non essere lui e non esserlo ancora diventato,” ha dichiarato, evidenziando come il sentimento di inadeguatezza rispetto a modelli prestigiosi possa stimolare un’artista a migliorarsi continuamente.
Gelosia e invidia come motore creativo
Nel suo discorso, Avati non si è limitato a descrivere l’invidia come un sentimento negativo, ma ha anche evidenziato come gelosia e invidia possano essere fonti di energia creativa. “Credo che le energie fondamentali delle persone siano la gelosia e l’invidia. Tutti questi sinonimi al negativo, però ti danno una carica per la quale tu pensi di non essere ancora stato risarcito dalla vita,” ha spiegato.
Per Avati, questi sentimenti possono diventare stimoli che fanno da catalizzatori per nuove idee e progetti. Affrontare la propria insoddisfazione e trasformarla in motivazione è fondamentale nel suo percorso creativo. A 86 anni, il regista sembra avere ancora aspettative e sogni da realizzare, dimostrando che la passione per il lavoro e il desiderio di migliorarsi non conoscono limiti di età. Questo messaggio di speranza e aspirazione continua a risuonare, rappresentando un invitante messaggio per giovani e meno giovani nell’industria dell’arte e dello spettacolo.