Il Festival del Cinema del Cairo ha accolto con entusiasmo il film “The tower of Strength”, diretta dal regista montenegrino Nikola Vukcevic. Questo lungometraggio, presentato nella sezione ufficiale fuori concorso, narra una toccante storia di coraggio e umanità ambientata durante la tumultuosa Seconda guerra mondiale. Al centro della trama vi è Nuredin Doka, un musulmano albanese che, in un contesto di violenza e oppressione, trova il modo di dimostrare che la vera grandezza risiede nella compassione e nel sacrificio.
La storia di Nuredin Doka
Nel film, Nuredin Doka, interpretato dall’attore olandese Edon Rizvanoli, si trova di fronte a una grave decisione: deve scegliere tra la propria vita e quella di un bambino cristiano rimasto orfano dopo l’attacco dell’unità SS Skenderbeg. Questo battaglione nazista, composto in gran parte da albanesi, rappresenta il cuore del conflitto e la fonte delle minacce a cui Nuredin e la sua famiglia sono costantemente esposti. Nonostante la pressione dei soldati nazisti che insistono affinché il bambino venga consegnato, Nuredin decide di proteggere il piccolo, affrontando il rischio di perdere non solo la sua vita, ma anche quella dei suoi cari.
La “torre di forza” di cui si parla nel film è proprio Nuredin Doka: un uomo la cui lealtà e integrità si ergeranno luminose nel buio della guerra. La sua casa diventa un rifugio non solo fisico, ma anche morale, accogliendo un bambino di una religione diversa, sfidando le convenzioni e gli ideali bellici dell’epoca. Il Kanun, l’antico codice morale albanese, gioca un ruolo fondamentale in questa scelta, elevando l’onore e la dignità sopra le ideologie distruttive.
L’ispirazione dietro la narrazione
La sceneggiatura di “The tower of Strength” si ispira a un evento reale accaduto a Gusinje, un comune montenegrino al confine con l’Albania. Questo avvenimento ha influenzato profondamente la scrittura di Zuvdija Hodzic, l’accademico montenegrino che ha creato il racconto breve ‘Obraz’, dal quale il film trae la sua ispirazione. La storia di Nuredin Doka è intrinsecamente legata alle esperienze personali e familiari di Hodzic, aggiungendo un ulteriore strato di autenticità e profondità alla narrazione.
Il film si distingue per la sua diversità culturale, con un cast di attori provenienti da vari paesi balcanici: Montenegro, Macedonia del Nord, Kosovo e Serbia. Questa pluralità non solo arricchisce la storia, ma simboleggia anche l’unità e la possibilità di coesistenza nonostante le divisioni storiche e politiche. Ogni personaggio contribuisce a tessere un arazzo complesso di umanità, mostrando che, anche in tempo di guerra, i legami possono superare le differenze.
Un messaggio di umanità nell’oscurità della guerra
Attraverso la sua trama, “The tower of Strength” ci invita a riflettere su ciò che significa essere umani in un contesto di conflitto. Nuredin, affrontato dalla minaccia di sterminio della sua famiglia se non obbedisce agli ordini, si oppone a questa logica brutale scegliendo la vita e la protezione del bambino. Questa contrapposizione tra l’ideologia della guerra e il valore della vita umana sottolinea la potenza del messaggio del film: l’umanità può essere la più grande arma contro la violenza.
Le parole di Vukcevic, che esplora gli orrori contemporanei delle guerre e le sfide che l’arte deve affrontare nel tessere un futuro migliore, spesso ci lasciano con interrogativi sul ruolo del cinema. Potrà un film come “The tower of Strength” fornire una via d’uscita da un passato turbolento, oppure la sua esistenza resta confinata nell’eco nostalgico di una memoria storica che sembra ripetersi? L’opera non fornisce risposte facili, ma un invito a riflettere sulle potenzialità della compassione e dell’umanità in tempi drammatici.
Nuredin Doka diventa così un simbolo di speranza, dimostrando che anche il più oscuro dei contesti può dare vita a gesti di grande valore morale e spirituale. La storia di quest’uomo e del suo sacrificio ci ricorda che, in tempi in cui il conflitto sembra dominare, l’umanità deve sempre trovare una sua via per prevalere, rendendo ogni azione di gentilezza e protezione un atto di resistenza.