L’uscita cinematografica di “Sulla terra leggeri”, opera prima di Sara Fgaier, coautrice di Pietro Marcello e co-fondatrice della casa di produzione Avventurosa, segna un momento significativo nel panorama del cinema italiano. Nonostante il percorso ventennale come montatrice, la regista ha scelto di realizzare un film che riflette le complessità della memoria e dell’amore, offrendo al pubblico un’esperienza visiva che invita alla riflessione e alla partecipazione attiva. Attraverso la narrazione di una storia profondamente emozionante e densa di simbolismo, Fgaier propone un viaggio tra il passato e il presente, utilizzando un linguaggio cinematografico innovativo.
Il nucleo narrativo: tra padre e figlia
La trama di “Sulla terra leggeri” si sviluppa attorno alla figura di Miriam, interpretata da Sara Serraiocco, e a suo padre Gian, un musicologo interpretato da Andrea Renzi. La storia prende avvio dalla situazione di Gian, un uomo che, dopo la perdita della moglie, vive in uno stato di amnesia affettiva, dimenticando l’esistenza delle due donne più importanti della sua vita. Miriam si fa carico di questa situazione difficile, cercando di aiutare il padre a recuperare i ricordi perduti attraverso immagini e scritti che rappresentano un legame tangibile con il loro passato.
La figura di Gian, con la sua ricerca di un senso in una vita che sembra disgregarsi, diventa emblematica del dolore e del vuoto lasciato dalla perdita. Attraverso varie sequenze, lo spettatore osserva Gian nel suo tentativo di ricomporre i pezzi della sua anima, rivedendo fotografie, sfogliando diari e incrociando i ricordi di una vita che ora gli appare sfocata. Il ritratto di Gian si arricchisce di sfumature che evidenziano le difficoltà di una persona che si confronta con la propria condizione di vita, offrendo così anche una riflessione sul tema più ampio della memoria e delle relazioni familiari.
L’interazione con il pubblico: un linguaggio cinematografico evocativo
“Sulla terra leggeri” è un film che richiede un coinvolgimento emotivo da parte dello spettatore. La regia di Sara Fgaier propone un’esperienza visiva che si discosta dai canoni tradizionali, costruita su un mosaico di suggestioni e accostamenti onirici. La scelta di utilizzare ellissi narrative e montaggi frammentati fa sì che il pubblico sia stimolato a ricomporre autonomamente la storia, avventurandosi in un labirinto visivo che, a volte, può risultare disorientante.
Le lunghe sequenze, che mescolano passato e presente, offrono al pubblico una visione non lineare che impegna a riflettere sugli eventi trasmessi in immagini e sui legami invisibili tra i personaggi. Questo approccio crea un’esperienza immersiva, dove il flusso narrativo appare come un organismo vivente, una sorta di magma di emozioni e ricordi rappresentato attraverso una fotografia chiaroscurale di grande impatto, curata da Alberto Fasulo. Le scelte artistiche non sono solo estetiche, ma hanno anche un forte contenuto simbolico, contribuendo a rappresentare visivamente il tumulto interiore dei protagonisti.
Il tema dell’amore e della perdita
Uno degli elementi centrali del film è la relazione fra Gian e Leila, una figura femminile che rappresenta un amore perduto, ma sempre presente nella mente di Gian. La narrazione alterna momenti di intensa passione, ricordi di baci, crisi e riconciliazioni, raccontando la complessità di un legame che sfida il tempo e le circostanze. La sporadicità dei ricordi e la loro presentazione sghemba rivela l’inesorabile processo di rielaborazione della perdita, un tema ricorrente e universale che si riflette nella vita di chiunque abbia attraversato un lutto.
Le immagini proiettate emergono da un profondo abisso dell’inconscio, tessendo un ritratto emozionale della vita di Gian e Leila. Il film affronta la questione del superamento della morte come un viaggio che non ha una risposta definitiva, ma propone una pluralità di interpretazioni attraverso un linguaggio poetico e viscerale. I personaggi, in particolare Gian, ricevono la richiesta di esprimere sullo schermo le loro vulnerabilità, dando vita a performance attraenti e profonde che toccano il cuore dello spettatore.