OpenAI ha recentemente introdotto Sora, un innovativo strumento di video generativo basato sull’intelligenza artificiale, concedendo accesso anticipato a circa 300 artisti visivi e cineasti. Questo approccio mirava a ottenere feedback sulle prestazioni dello strumento, ma le reazioni degli utenti sono state ben lontane dalle attese. I tester hanno infatti denunciato la compagnia, accusandola di sfruttamento e di essere più interessata alla pubblicità che alla sostanza.
La reazione degli artisti: dichiarazioni e accuse
Dopo soli tre ore dall’introduzione di Sora, molti dei partecipanti hanno espresso il loro disappunto tramite una dichiarazione pubblicata sul sito AI Hugging Face. In questa missiva, gli artisti avrebbero dovuto essere parte di un “red team”, un gruppo di tester iniziali, ma si sono sentiti invece parte di un’operazione di marketing volta a mascherare l’assenza di reale valore del prodotto per la comunità creativa. La situazione ha messo in evidenza una sostanziale mancanza di trasparenza nella gestione del rapporto tra OpenAI e gli artisti.
L’accusa principale è che OpenAI, con la sua manovra di coinvolgere creativi nella fase di testing, abbia cercato di utilizzare il lavoro non retribuito di centinaia di persone per abbellire la sua immagine. Gli artisti, infatti, non avrebbero ricevuto compensi per le feedback sui bug, i test e il supporto offerto durante la fase di prova dello strumento, al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare da un’azienda valutata oltre 150 miliardi di dollari.
La sospensione dell’accesso a Sora e il comunicato di OpenAI
Dopo il clamore suscitato dalle accuse, OpenAI ha deciso di sospendere l’accesso a Sora. Niko Felix, il portavoce dell’azienda, ha affermato che il progetto è ancora nella fase di ricerca e sviluppo. L’azienda si trova ora nella posizione di dover bilanciare la spinta alla creatività con la necessità di implementare misure di sicurezza più severe. Tuttavia, i rappresentanti di OpenAI sembrano aver sottovalutato le aspettative dei tester, i quali si erano preparati a un’interazione più fruttuosa e onesta con la società.
La comunicazione da parte di OpenAI ha suscitato ulteriori polemiche poiché gli artisti non si sentono ascoltati. Molti di loro speravano di poter contribuire in modo significativo a un prodotto che avrebbe potuto avere un grande impatto sulla loro professione, eppure si sono ritrovati a dover affrontare una situazione in cui il loro lavoro è stato percepito come un mero strumento di marketing. La trasparenza e il rispetto per i professionisti coinvolti sono diventati temi centrali nel dibattito.
Le preoccupazioni sull’equità e il compenso
All’interno della lettera redatta dagli artisti, emerge un tema cruciale: l’impressione che centinaia di creativi stessero sottraendo tempo e risorse a favore di una società che, per quanto enorme, non ha dimostrato di valutare adeguatamente il loro contributo. È stato evidenziato che solo alcuni selezionati avrebbero avuto l’opportunità di proiettare i lavori realizzati con Sora, con un compenso minimo in cambio della loro partecipazione. Questa disparità ha sollevato interrogativi etici sul ruolo delle grandi aziende tech nel valorizzare il lavoro creativo.
In un contesto dove OpenAI ha recentemente annunciato una raccolta di 6,6 miliardi di dollari in nuovi finanziamenti provenienti da investitori di primo piano come Microsoft e Nvidia, la frustrazione degli artisti aumenta. L’azienda non solo continua a eccellere in termini di valore di mercato, ma si trova ora nella posizione di dover affrontare le critiche riguardo all’equità e alla trasparenza nelle sue pratiche lavorative.
L’intervento degli artisti e delle attiviste nel settore mette in evidenza la necessità di una maggiore responsabilità da parte delle aziende tecnologiche, che dovrebbero considerare seriamente il valore del contributo umano, specialmente in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente il panorama artistico e creativo. La comunità creativa chiede non solo di essere consultata, ma anche rispettata e chiaramente compensata per il proprio lavoro.